Norme Tecniche di attuazione del Piano Operativo

Variante per l’ampliamento del policlinico Santa Maria alle Scotte- approvazione del 10.11.23 (vigente)

Titolo I Caratteri del Piano

Art. 1 Contenuti ed ambito di applicazione

1. Il Piano Operativo (P.O.) è atto di governo del territorio che disciplina l'attività urbanistica ed edilizia per l'intero territorio comunale, nel rispetto delle disposizioni degli strumenti di pianificazione sovraordinati ed in coerenza con gli obiettivi ed indirizzi fissati dal Piano Strutturale. Esso è redatto secondo le disposizioni nazionali e regionali in materia urbanistica.

2. Il Piano Operativo approfondisce ed integra il quadro conoscitivo del Piano Strutturale, con gli studi e le indagini contenuti negli elaborati di cui al successivo art. 2 e con l'individuazione del perimetro del territorio urbanizzato, effettuata ai sensi dell'art. 4 della Legge Regionale del 10 novembre 2014, n. 65 "Norme per il governo del territorio".

3. L'organizzazione del presente testo normativo è data dalle Parti, che corrispondono ai capitoli principali di cui si compongono le discipline del P.O.:

  • nella PARTE I sono dettate le disposizioni generali del piano, valide a tempo indeterminato e per tutto il territorio comunale, le disposizioni derivanti dai piani sovraordinati e le discipline delle fattibilità in relazione alle diverse condizioni di pericolosità derivate dagli studi geologici di supporto al Piano Strutturale; sono inoltre dettate le disposizioni per la tutela del patrimonio territoriale e delle componenti costitutive dell'identità del territorio del Comune di Siena;
  • nella PARTE II è definita la disciplina per la gestione degli insediamenti esistenti, valida a tempo indeterminato;
  • nella PARTE III è definita la disciplina delle trasformazioni degli assetti insediativi, infrastrutturali ed edilizi del territorio, valida nel quinquennio di efficacia del piano.

4. In caso di difformità tra i contenuti delle presenti Norme e le indicazioni grafiche sulle carte del P.O. prevalgono i contenuti delle Norme.

Art. 2 Elaborati costitutivi

1. Il Piano Operativo del Comune di Siena è costituito dai seguenti gruppi di documenti:

  1. a. Progetto
  2. b. Studi geologici, idraulici e sismici
  3. c. Studi archeologici di supporto al piano
  4. d. Studi agronomici di supporto al piano
  5. e. Studio di traffico a supporto del piano
  6. f. Valutazioni

2. Gli elaborati del progetto urbanistico sono:

  • Relazione illustrativa
  • Norme Tecniche di Attuazione
    con allegate Schede normative degli edifici censiti come beni storico architettonici
  • Tavole della disciplina del territorio, in scala 1:2.000 (Territorio urbanizzato) e in scala 1:10.000 (Territorio rurale) e tavola di Sintesi del progetto in scala 1:15.000.

3. Gli elaborati degli studi geologici, idraulici e sismici sono:

  • Relazione geologica di fattibilità
  • Relazione idraulica di fattibilità
  • Fattibilità degli interventi: estratti A3 e Schede di fattibilità.

4. Gli elaborati degli studi agronomici di supporto sono:

  • Relazione sul territorio rurale e gli assetti agrari.

5. Gli elaborati degli studi archeologici di supporto sono:

  • Relazione sulle risorse archeologiche
    con Schedario delle evidenze archeologiche
  • Carta del potenziale archeologico.

6. Gli elaborati degli studi di traffico a supporto sono:

  • Studio di traffico a supporto del Piano Operativo

7. Gli elaborati di Valutazione sono:

  • Rapporto Ambientale di VAS
    Parte I - Stato delle Risorse (QV.1)
    Parte II - Valutazioni (QV.2)
    Elementi e contenuti cartografici di supporto alla valutazione (QV.2a)
    Elementi di controllo ambientale (QV.2b)
    Schede analitico-prescrittive di Valutazione delle trasformazioni (QV.2c)
    Elementi di contabilità ambientale e di qualità insediativa della disciplina di PO (QV.2d)
  • Rapporto Ambientale di VAS - Studio di Incidenza (VINCA) (QV.3)
  • Rapporto Ambientale di VAS - Sintesi non tecnica (QV.4).

Art. 3 Zone territoriali omogenee

1. Ai fini dell'applicazione dei limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, ai sensi del Decreto Interministeriale 2 aprile 1968 n. 1444, le Zone territoriali omogenee sono individuate nelle Tavole di progetto del P.O. (1:2.000 e 1:10.000).

Art. 4 Rapporto con il Regolamento Edilizio

1. La disciplina del presente Piano Operativo è integrata da quanto prescritto dal Regolamento Edilizio comunale, fermo restando che in caso di contrasto, di difformità definitorie e di deroghe, le Norme e gli elaborati grafici del Piano Operativo prevalgono sulle disposizioni del Regolamento Edilizio.

2. Per la definizione dei parametri urbanistici ed edilizi e per le definizioni tecniche utilizzati nelle presenti Norme si fa riferimento al Regolamento di attuazione dell'art. 216 della L.R. 65/2014 e s.m.i., di cui al DPGR n. 39/R 2018.

3. L'Amministrazione provvede all'adeguamento del Regolamento Edilizio alle Norme del Piano Operativo che, ai sensi della normativa regionale, detta norme in materia di modalità costruttive, ornato pubblico ed estetica, igiene, sicurezza e vigilanza e persegue gli obiettivi di sostenibilità ambientale e di risparmio energetico, in coerenza con il Titolo VIII, Capo I, della L.R. 65/2014 e s.m.i. In particolare il Regolamento Edilizio dovrà prevedere specifica normativa relativa alle forme d'incentivo economico al fine di favorire l'applicazione di tecnologie atte a garantire il risparmio energetico negli edifici e/o relative all'applicazione di tecniche e modalità costruttive particolari, riferibili all'edilizia sostenibile, e indirizzi per la tutela della biodiversità e della fauna urbana.

Art. 5 Rapporto con i Piani di Settore e gli altri strumenti di pianificazione

1. I piani e i programmi comunali di settore, con valenza o influenza territoriale, sviluppano e specificano le discipline del P.O. per i campi di competenza, garantendo il coordinamento e la coerenza tra obiettivi della pianificazione urbanistica e azioni settoriali e contribuendo a perseguirli.

Il presente Piano Operativo si rapporta con gli altri strumenti di regolazione territoriale di settore, coordinandosi in particolare con il Piano Urbano di Mobilità Sostenibile (PUMS).

2. L'Amministrazione deve provvedere inoltre all'eventuale adeguamento del Piano Comunale di Classificazione Acustica e degli altri Piani di Settore vigenti.

3. Il Piano Operativo è coordinato con il Piano Comunale di Protezione Civile, che ne costituisce parte integrante.

Art. 6 Strumenti e modi di attuazione

1. Le previsioni del Piano Operativo si attuano mediante:

  • interventi diretti, previa stipula di convenzione nei casi individuati dal Piano;
  • progetti unitari convenzionati;
  • Piani Attuativi, di iniziativa pubblica e/o privata e altri piani e programmi previsti dalla normativa nazionale e regionale vigente;
  • Progetti di opere pubbliche, secondo la relativa normativa vigente in materia.

2. Nelle aree destinate ad attrezzature di servizio pubbliche il P.O. si attua mediante intervento edilizio diretto, previa approvazione dei progetti, nel rispetto delle norme regionali e statali vigenti, per l'area e il tipo di edificio e il regolare svolgimento delle attività previste. L'edificabilità è determinata in relazione alle esigenze funzionali, nel rispetto dei valori ambientali e paesaggistici e della compatibilità urbanistica con il contesto.

Art. 7 Misure di salvaguardia

1. Ai sensi dell'art. 103 della L.R. 65/2014 e s.m.i. fino all'efficacia del Piano Operativo e comunque non oltre tre anni dal relativo provvedimento di adozione l'Amministrazione Comunale sospende ogni determinazione sulle domande di permesso di costruire in contrasto con il presente Piano. Non sono altresì ammessi interventi SCIA o CILA che risultino in contrasto con le norme e le previsioni del presente Piano Operativo.

2. Sono fatte salve le previsioni del Regolamento Urbanistico vigente non in contrasto con le presenti norme. Sono inoltre fatti salvi i piani attuativi di iniziativa privata e gli interventi diretti convenzionati, ove sia già stata sottoscritta la relativa convenzione o l'atto d'obbligo alla data di adozione del presente Piano Operativo. Eventuali varianti ai piani attuativi o agli interventi convenzionati vigenti sono subordinate alla verifica di conformità con i contenuti del presente Piano Operativo.

3. Restano infine esclusi dalle misure di salvaguardia i permessi di costruire e gli altri titoli abilitativi già rilasciati alla data di adozione del Piano Operativo, così come le variazioni essenziali ai permessi di costruire relativi a edifici in corso di costruzione per i quali sia stato dato formale inizio dei lavori alla data di adozione del Piano Operativo.

Titolo II Usi

Art. 8 Distribuzione e localizzazione delle funzioni

1. Il presente Titolo II ed i Titoli VII e VIII costituiscono la disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni ai sensi dell'art. 98 della L.R. 65/2014 e s.m.i., che regola i mutamenti di destinazione d'uso degli immobili, ivi comprese le aree di pertinenza degli edifici esistenti ed i terreni inedificati, e che ha efficacia a tempo indeterminato.

2. Ai fini della disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni, il presente Titolo II articola le categorie funzionali principali definite dalle vigenti norme regionali, individuandone sotto-articolazioni, ovvero destinazioni d'uso appartenenti alla stessa categoria funzionale. In tali destinazioni d'uso debbono intendersi comprese, anche ai sensi di specifica normativa di settore, le attività complementari - benché, a rigore, appartenenti ad altre categorie funzionali - purché strettamente collegate allo svolgimento dell'attività principale e gli spazi accessori a essa collegati e/o correlati.

3. In generale, le destinazioni d'uso ammesse all'interno del territorio urbanizzato sono quelle previste da ciascun sottosistema o tessuto, di cui al successivo Titolo VII, mentre per il territorio rurale si deve far riferimento al Titolo VIII, Capo II delle presenti Norme.

Quando nelle Tavole di progetto del P.O., oltre al riferimento al sottosistema urbano o rurale di appartenenza, è indicata anche una sigla riferita ad una specifica categoria funzionale o ad una sua sottocategoria, questa deve essere intesa come destinazione d'uso ammessa in via esclusiva. Laddove nelle Tavole di progetto il P.O. indica la lettera riferita alla categoria funzionale principale è da intendersi che sono ammesse tutte le sotto-articolazioni ad essa riconducibili.

4. Per i piani degli edifici valgono le seguenti definizioni, evidenziate anche nel successivo schema grafico, riferibili alla loro disposizione nel corpo di fabbrica e alla loro posizione rispetto ai piani stradali o di campagna:

  • piano interrato - è disposto completamente o in massima parte al di sotto della quota del piano stradale anche con eventuale accesso in rampa dal piano stradale;
  • piano seminterrato - su di un fronte dell'edificio è disposto alla stessa quota (oppure ad una quota leggermente superiore o inferiore) a quella del piano stradale e quindi con accesso diretto dallo stesso, mentre sull'altro fronte si trova a quota inferiore rispetto al piano stradale;
  • primo piano seminterrato - non ha accesso diretto dal piano stradale, disponendosi su di un fronte dell'edificio al di sopra del piano stradale e sull'altro al di sotto;
  • piano terra - almeno su di un fronte dell'edificio è disposto alla stessa quota (oppure ad una quota leggermente superiore o inferiore) a quella del piano stradale e quindi con accesso diretto dallo stesso, mentre sul fronte opposto può essere collocato a quota del piano stradale oppure a quota superiore;
  • piano superiore - in entrambi i fronti dell'edificio è disposto ad una quota superiore rispetto al piano stradale.
Schema di riferimento per la definizione dei piani

Art. 9 Mutamento della destinazione d'uso

1. A norma di legge, sono considerati mutamenti di destinazione d'uso rilevanti, con riferimento alla superficie utile (SU) prevalente, i passaggi dall'una all'altra delle seguenti categorie funzionali:

  • a) Residenziale
  • b) Industriale ed artigianale
  • c) Commerciale al dettaglio
  • d) Turistico-ricettiva
  • e) Direzionale e di servizio
  • f) Commerciale all'ingrosso e depositi
  • g) Agricola e funzioni connesse ai sensi di legge
  • s) Spazi, attrezzature e servizi pubblici o di interesse pubblico.

Alle categorie funzionali principali della L.R. 65/2014, il Piano Operativo aggiunge la destinazione d'uso "s) Spazi, attrezzature e servizi pubblici o di interesse pubblico", distinguendola dalla categoria "Direzionale e di servizio", in quanto riferita agli immobili e i servizi che costituiscono standard urbanistici ai sensi del D.M. 1444/1968 e per la quale articola le corrispondenti sottocategorie al successivo art. 15.

2. Nei successivi articoli, dall'art. 10 all'art. 17, sono indicate le attività a cui si riferiscono le categorie funzionali principali, di cui al precedente comma 1, con esemplificate alcune loro articolazioni o sottocategorie, che non devono essere considerate esaustive: altre attività non direttamente citate devono essere ricondotte alla definizione principale secondo il criterio dell'analogia.

3. Ai fini urbanistici, si considera destinazione d'uso attuale quella risultante da atti in possesso della Pubblica Amministrazione formatisi in data anteriore alla data di adozione del presente Piano Operativo, ovvero, in mancanza di tali atti, dalla posizione catastale quale risulta alla data medesima, ferme restando le disposizioni regionali per gli edifici posti nel territorio rurale.

In assenza di atti in possesso della Pubblica Amministrazione, per la destinazione d'uso in atto, sono equiparati alle attività artigianali di servizio b3, di cui al successivo Art. 11, comma 3, i fondi, le autorimesse e i magazzini di remota origine dotati di autonomia funzionale.

4. I mutamenti della destinazione d'uso rilevanti di cui al comma 1, con o senza opere, di immobili o di loro parti ricadenti all'interno delle zone omogenee A o di immobili meritevoli di tutela per particolari motivi di carattere storico, culturale, architettonico, ovvero quelli a cui il P.O. attribuisce la disciplina d'intervento di tipo 1 e di tipo 2, sono soggetti a permesso a costruire, ai sensi delle vigenti norme regionali e nazionali in materia urbanistico-edilizia.

5. Ad esclusione che per gli immobili o loro parti di cui al precedente comma 4, il mutamento di destinazione d'uso anche senza opere tra le diverse categorie funzionali di cui al comma 1 è consentito, previa segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), ai sensi delle vigenti norme regionali in materia urbanistico-edilizia. Laddove il passaggio avvenga all'interno della stessa categoria funzionale principale, ovvero tra sottocategorie, quando consentito, è soggetto a comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA). In caso di incremento dei carichi urbanistici le SCIA e le CILA di cui al presente comma comportano la corresponsione del contributo per oneri di urbanizzazione nella misura stabilita dalle vigenti disposizioni comunali.

6. Nel caso in cui l'uso attuale di un immobile contrasti con gli usi previsti dal Piano Operativo, sono consentiti tutti gli interventi in relazione al tipo d'intervento ad esso attribuito dallo stesso PO quando comportano il mutamento della destinazione d'uso verso le funzioni ammesse, mentre in caso contrario, ovvero se si mantiene l'uso in contrasto con il PO, sono consentiti solo gli interventi sempre ammessi dalla legge nel patrimonio edilizio esistente, di cui al successivo art. 27, comma 2, senza possibilità di frazionamento.

7. Per edifici e complessi soggetti a vincolo ai sensi della Parte II del D.lgs. 42/2004 e successivi decreti di attuazione in materia di conservazione dei beni culturali il mutamento della destinazione d'uso resta comunque subordinato alla verifica di compatibilità con le disposizioni e con le eventuali limitazioni stabilite dallo specifico decreto di vincolo.

Art. 10 Residenziale

1. La categoria funzionale residenziale (a) comprende abitazioni ordinarie ad uso di civile abitazione, permanenti e temporanee e le relative pertinenze e le strutture ricettive extra alberghiere con le caratteristiche della civile abitazione.

2. Ai fini della distribuzione e localizzazione delle funzioni il Piano Operativo sotto-articola la categoria funzionale residenziale - a - elencando, a titolo esemplificativo, attività e funzioni ad essa riconducibili:

  • a1 · le abitazioni di qualsiasi tipo e natura, ivi comprese quelle utilizzate in modo promiscuo, quando la prevalente superficie dell'unità immobiliare sia adibita ad uso abitativo (case studio con destinazione prevalente abitativa, cohousing);
  • a2 · residenze speciali quali abitazioni private corredate da spazi e servizi comuni, case famiglia, alloggi per anziani o diversamente abili con destinazione vincolata per convenzione (senza gestione autonoma).

3. Sono esclusi dalla destinazione d'uso residenziale gli edifici rurali ad uso abitativo, i quali si considerano a tutti gli effetti a destinazione d'uso agricola.

Art. 11 Industriale e artigianale

1. La categoria funzionale industriale e artigianale (b) comprende le attività industriali e manifatturiere e le attività artigianali in genere, con i rispettivi uffici e gli spazi per le attività connesse alla produzione, come i laboratori di ricerca con i rispettivi uffici tecnici, amministrativi e commerciali (fabbriche, officine e autofficine, manutenzione e riparazione di macchinari in genere, comprendenti laboratori, mense e spazi espositivi connessi, foresterie a servizio delle attività industriali e artigianali non costituenti unità immobiliari autonome).

2. Ai fini della distribuzione e localizzazione delle funzioni il Piano Operativo individua la categoria funzionale industriale e artigianale elencando, a titolo esemplificativo, attività e funzioni ad essa riconducibili:

  • b1 · produzione industriale di beni o servizi oppure di trasformazione di beni, anche alimentari e zootecnici; laboratori artigiani e imprese e forniture edili, officine e carrozzerie, autolavaggi, impianti di autodemolizione o stoccaggio e trattamento veicoli a motore, rimorchi e simili; attività di recupero, trattamento e smaltimento materiali di rifiuto; attività di preparazione pasti e piatti pronti in genere, di produzione diretta di alimenti senza somministrazione, quali fornai, pasticcerie, ecc.;
  • b2 · attività estrattive; le Tavole del P.O. riportano le cave presenti nel territorio comunale (932-I6A Cava in località Monsindoli; 932-II0 e 932-III0 Cava in località Rondinella; ST 932 IV 15 Area di reperimento materiali storici in località Lecceto), in attesa dell'adeguamento al Piano Regionale Cave approvato con D.C.R. n. 47 del 21/07/2020, con recepimento delle aree di giacimento.

In tutto il territorio comunale è vietato l'insediamento di nuove attività classificate a rischio di incidenti rilevanti, ai sensi del D.lgs. 17 agosto 1999, n. 334 e s.m.i.

3. Il Piano Operativo individua altresì una sotto-categoria - con la sigla b3 -, corrispondente alle seguenti attività artigianali di servizio alla residenza ed alla persona, esercitate in spazi che contemplano insieme la produzione e la vendita e in cui la produzione viene effettuata manualmente o con attrezzature di ridotte dimensioni, comunque non inquinanti e non rumorose e purché i locali di vendita non superino le dimensioni di un esercizio di vicinato:

  • falegnameria, impiantistica elettrica e termoidraulica, attività di riparazione, manutenzione e noleggio di macchine per ufficio e simili;
  • produzione diretta di alimenti per somministrazione non assistita, quali fornai, pasticcerie, gelaterie, pizze al taglio e/o per asporto o con consegna a domicilio, rosticcerie e simili;
  • lavanderie, parrucchieri, barbieri, estetisti, pedicure, attività artigianali in ambito medicale, ottico, odontotecnico;
  • produzione di beni artistici, oreficerie e lavorazione di metalli preziosi, laboratori di ceramica d'arte, attività di restauro e ripristino di beni di interesse artistico o appartenenti al patrimonio artistico, architettonico, bibliografico o archivistico; sartoria artigianale, tappezzeria, vetraio, corniciaio

In tutto il territorio comunale le attività artigianali di servizio alla residenza ed alla persona appartenenti alla sotto-categoria b3 possono essere svolte in locali a destinazione commerciale di tipo c1 - esercizi di vicinato, di cui al successivo art. 12.

4. Ai fini delle vigenti disposizioni regionali in materia di commercio in sede fissa, non costituisce attività commerciale la vendita dei prodotti aziendali effettuata all'interno dei locali di produzione, o nei locali ad essi adiacenti, purché i locali di vendita non superino le dimensioni di un esercizio di vicinato (Superficie di vendita ≤ 300 mq). Ai fini urbanistico-edilizi la destinazione d'uso di ciascuna unità immobiliare resta comunque quella prevalente in termini di superficie utile (Su).

Art. 12 Commerciale al dettaglio

1. La categoria funzionale commerciale al dettaglio comprende le attrezzature commerciali e i pubblici esercizi, mercati, negozi, supermercati al dettaglio, attività di somministrazione alimenti e bevande (ristoranti, bar, tavole calde e simili), impianti per la distribuzione di carburanti, gli esercizi del settore non alimentare a grande fabbisogno di superficie, ai sensi della L.R. 62/2018 e s.m.i.

2. Il presente P.O., ai fini della disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni, distingue le seguenti tipologie di attività commerciali al dettaglio (c):

  • c1 · commercio al dettaglio in esercizi di vicinato e attività di somministrazione di alimenti e bevande; sono compresi tra quelli di vicinato gli esercizi del settore non alimentare a grande fabbisogno di superficie, di cui all'art. 28 della L.R. 62/2018 e s.m.i. (concessionari autoveicoli, motocicli e simili), se non superano i limiti dimensionali stabiliti per gli esercizi di vicinato in applicazione della riduzione delle superfici di vendita da calcolare prevista dalle norme regionali;
  • c2 · commercio al dettaglio in medie strutture di vendita;
  • c3 · commercio al dettaglio in grandi strutture di vendita e centri commerciali;
  • c4 · impianti per la distribuzione dei carburanti.

3. L'insediamento di nuove attività commerciali o di quelle ad esse equiparate dalla disciplina degli usi del Piano Operativo dovrà rispettare le condizioni e le dotazioni minime di parcheggi previste in applicazione dei successivi artt. 18 e 19, fatte salve le eccezioni previste dalle presenti Norme, in relazione alle diverse tipologie di esercizi - di vicinato, medie superfici e grandi superfici di vendita - definite dalla legge.

Art. 13 Turistico-ricettiva

1. La categoria funzionale turistico-ricettiva (d) comprende le strutture ricettive alberghiere, i campeggi e i villaggi turistici e le strutture extra-alberghiere, come individuate dalle vigenti norme regionali.

2. Il presente P.O., ai fini della disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni, distingue le seguenti sotto-articolazioni della categoria turistico-ricettiva, associando ad esse un elenco esemplificativo di attività:

  • d1 · ospitalità alberghiera, ovvero alberghi, pensioni, residenze turistico-alberghiere, alberghi diffusi, villaggi turistici e quant'altro indicato nella normativa di settore;
  • d2 · ospitalità extralberghiera, ovvero case per ferie, ostelli per la gioventù a gestione privata, residence e quant'altro indicato nella normativa di settore;
  • d3 · campeggi comprensivi delle relative attrezzature di servizio (uffici, spaccio, bar/ristorante);
  • d4 · aree sosta attrezzate per autocaravan con dotazioni di servizio.

3. Le strutture turistico-ricettive possono comprendere bar e ristoranti, ancorché non ad uso esclusivo dell'attività ricettiva, locali SPA e sale wellness, sale congressi e aule e spazi attrezzati per attività formative, sempre se inseriti all'interno del complesso degli immobili e senza gestione autonoma.

Art. 14 Direzionale e di servizio

1. La categoria funzionale direzionale e di servizio (e) comprende le attività direzionali (sedi di enti e società pubblici e privati, parchi scientifici e tecnologici, ecc.), le attività di servizio alle imprese e alle persone (studi professionali, centri di ricerca, agenzie, sportelli, ecc.) e le strutture specializzate per servizi privati (cliniche, scuole e centri di formazione, centri sportivi, ricreativi, culturali, ecc.).

2. Il presente P.O., ai fini della disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni, distingue le seguenti sotto-articolazioni della categoria direzionale e di servizio, associando ad esse un elenco esemplificativo di attività:

  • e0 · laboratori di ricerca con i relativi uffici tecnici, amministrativi e commerciali, incubatori d'impresa;
  • e1 · attività a carattere direzionale quali sedi di banche, di assicurazione, immobiliari, sedi di società private in genere, servizi di supporto alle imprese; servizi privati per la formazione, scuole private; uffici privati in genere, studi e servizi professionali, compresi gli studi di coworking professionali; agenzie varie, di viaggi, di pulizia, di servizi postali, autoscuole, onoranze funebri, attività di riparazione e noleggio di beni di consumo personali e domestici, servizi di autotrasporto di persone, attività di noleggio e leasing operativo di veicoli, macchinari e merci ingombranti in genere, con esposizione, custodia e/o consegna sul posto; pro-loco, uffici per il lavoro, informa giovani, servizi per lo spettacolo, box office, ecc.; servizi privati di interesse sociale e culturale, servizi sociali, culturali, sedi di associazioni sindacali, politiche, di categoria, culturali, sportive a carattere privato;
  • e2 · servizi di assistenza (case di riposo, case di cura, residenze protette, cliniche private, centri medici, laboratori di analisi medica, centri fisioterapici); rientrano nelle attività direzionali e di servizio anche le cliniche veterinarie e simili;
  • e3 · servizi ricreativi e per la cura, palestre e centri per il fitness e per la pratica sportiva, piscine, scuole di danza, sale da ballo e discoteche, sale da gioco e sale scommesse; sale spettacolo, cinema e multiplex, istituti di bellezza (laddove si forniscono anche servizi professionali), centri benessere, ecc.;
  • e4 · servizi di ospitalità temporanea diverse dalle attività ricettive, con prevalente funzione di servizio, quali studentati, convitti, collegi, pensionati e residenze sociali dotate di servizi a comune e foresterie a servizio di altre attività;
  • e5 · autorimesse e parcheggi privati a raso, con attività di affitto di posti auto e simili;
  • e6 · autorimesse e parcheggi privati in struttura, con attività di affitto di posti auto e simili.

3. La destinazione d'uso direzionale e di servizio comprende inoltre gli "Spazi, attrezzature e servizi pubblici e di interesse pubblico - s" riportati al successivo art. 15.

Art. 15 Spazi, attrezzature e servizi pubblici o di interesse pubblico

1. Gli spazi, attrezzature e servizi pubblici o di interesse pubblico (s), di cui al presente articolo, concorrono ai fini del calcolo degli standard urbanistici di cui al D.M. 1444/68. Per questo, a norma di legge, è da considerare urbanisticamente rilevante il mutamento della destinazione d'uso degli spazi e attrezzature di servizio pubbliche o di interesse pubblico verso le categorie funzionali di cui all'art. 9, comma 1, delle presenti Norme.

2. Il presente P.O., ai fini della disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni, individua le seguenti sotto-articolazioni della destinazione d'uso relativa agli spazi, attrezzature e servizi pubblici o di interesse pubblico:

  • s1 · servizi per l'istruzione di base (asili, scuole per l'infanzia, scuole dell'obbligo);
  • s2 · attrezzature di interesse comune (religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi - uffici P.T., protezione civile, ecc. - ed altre);
  • s2a · servizi amministrativi (uffici amministrativi, protezione civile, tribunali, attrezzature della finanza, per la pubblica sicurezza e militari);
  • s2b · servizi culturali (musei, teatri, auditori, cinema, sale di spettacolo, biblioteche, mostre ed esposizioni e luoghi monumentali);
  • s2c · servizi religiosi e per il culto (chiese, seminari, conventi, complessi religiosi);
  • s2d · impianti sportivi al coperto (palestre, piscine, campi coperti); rientrano in questa categoria gli impianti sportivi di interesse urbano e di quartiere e altre destinazioni assimilabili, spazi attrezzati per la pratica sportiva di base e/o lo sport agonistico al coperto; possono comprendere eventuali attività commerciali, limitatamente a somministrazione di alimenti e bevande, se ad uso esclusivo dell'impianto sportivo, e servizi sociali e ricreativi;
  • s2e · servizi sociali e ricreativi (centri sociali, centri ricreativi, oratori, ludoteche, centri polivalenti, mense); possono comprendere eventuali attività commerciali, limitatamente a somministrazione di alimenti e bevande, a supporto della principale attività di servizio, che deve essere comunque la superficie prevalente;
  • s2f · servizi per l'assistenza sanitaria (centri di assistenza, case di riposo, residenze protette e pensionati, compresi servizi ambulatoriali e sociali connessi);
  • s3 · spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport;
  • s3a · impianti sportivi all'aperto; rientrano in questa categoria gli impianti sportivi di interesse urbano e di quartiere e altre destinazioni assimilabili, spazi attrezzati per la pratica sportiva di base e/o lo sport agonistico all'aperto; all'interno di tali aree è ammessa la realizzazione di gradinate e di costruzioni atte ad ospitare gli spogliatoi, i servizi igienici e sanitari, eventuali locali per l'accettazione e servizi di ristoro, se ad esclusivo uso dell'impianto sportivo e purché la Superficie Coperta complessiva delle costruzioni, ad esclusione di eventuali coperture temporanee stagionali, non sia superiore al 10% dell'area complessiva dell'impianto;
  • s3b · giardini pubblici o di uso pubblico; sono aree prevalentemente alberate e sistemate a verde e organizzate per il tempo libero, il riposo, il gioco libero; all'interno di tali aree possono essere realizzati spazi attrezzati per il gioco, le attrezzature didattiche all'aperto, l'osservazione dell'ambiente naturale, lo spettacolo e le manifestazioni all'aperto o contenute attrezzature per la pratica sportiva di base, chioschi per ristoro, servizi igienici e piccoli fabbricati necessari alla fruizione e gestione di tali aree;
  • s3c · orti urbani; sono aree caratterizzate da lotti di limitata dimensione coltivati individualmente o collettivamente;
  • s3d · piazze e spazi pedonali pubblici, compresi i percorsi pedonali all'interno delle aree urbane; all'interno di tali aree è ammessa l'installazione di chioschi e servizi igienici, coperture ombreggianti e strutture di arredo permanenti e temporanee;
  • s4 · aree per parcheggi pubblici, a raso e in struttura;
  • s4a · parcheggi pubblici a raso;
  • s4b · parcheggi pubblici in struttura;
  • s5 · servizi per l'istruzione superiore;
  • s6 · servizi universitari e di alta formazione;
  • s7 · servizi ospedalieri;
  • s8 · parchi pubblici o di uso pubblico; all'interno di tali aree è ammessa l'installazione di chioschi e servizi igienici;
  • s9 · servizi tecnici e tecnologici (impianti tecnici per la produzione e distribuzione di acqua, energia elettrica, gas, centrali termiche, stazioni telefoniche, impianti per le telecomunicazioni, impianti per la raccolta o per il trattamento dei rifiuti, depuratori, canili, edifici annonari, servizi di soccorso pubblico, servizi tecnologici, servizi innovativi);
  • s10 · servizi cimiteriali; nell'ambito delle aree s10 sono ammessi esclusivamente edifici funerari ed eventuali servizi per i visitatori e di custodia, in conformità alla legislazione vigente in materia e allo specifico regolamento comunale di polizia mortuaria; nelle aree pubbliche adiacenti alle aree per attrezzature cimiteriali è ammessa, previa convenzione con l'Amministrazione Comunale, l'installazione di chioschi per la vendita di fiori o altro tipo di corredo funerario; tali manufatti dovranno essere realizzati con materiali e nelle dimensioni specificate nella stessa convenzione; il perimetro della fascia di rispetto cimiteriale cartografata nelle tavole del P.O. ha carattere meramente ricognitivo;
  • s11 · stazione ferroviaria e autostazione.

Il passaggio dall'una all'altra delle sottocategorie della categoria funzionale principale spazi, attrezzature e servizi pubblici o di interesse pubblico "s" è ammesso senza comportare variante al presente Piano Operativo, previa verifica del rispetto degli standard urbanistici, mentre il passaggio dall'una all'altra delle articolazioni di ciascuna sottocategoria è sempre consentito.

Nelle aree destinate a parchi e giardini pubblici o di uso pubblico "s3b" e a parcheggi pubblici a raso "s4a" è ammessa anche la realizzazione di attrezzature e impianti tecnologici per servizi e reti (impianti tecnici per la distribuzione di acqua, energia elettrica e gas, ecc.).

Negli spazi, attrezzature e servizi pubblici o di interesse pubblico sono sempre ammessi i manufatti funzionali ai servizi di protezione civile, fermo restando la tutela del patrimonio edilizio di pregio architettonico e/o valore storico-documentale.

3. Le destinazioni specifiche a spazi, attrezzature e servizi pubblici o di interesse pubblico sono attribuite agli immobili ed alle aree distinguendo i diversi usi principali riportati al precedente comma 2. In tali aree gli interventi ammessi possono essere realizzati, oltre che dall'Amministrazione Comunale, anche da altri Enti pubblici o Enti legalmente riconosciuti, operanti nel settore culturale, sanitario, sportivo, ricreativo, associativo, tecnico-amministrativo, ecc., o da altri soggetti privati, anche eventualmente proprietari delle aree, i quali si impegnino, sulla base di idonee convenzioni, a rispettare le modalità di esecuzione e i tempi stabiliti dal Comune, nonché a garantire la fruibilità delle opere da parte della collettività.

4. L'adeguamento o l'ampliamento degli spazi, attrezzature e servizi e dei relativi spazi di servizio ricadenti nelle aree di cui al presente articolo, fatti salvi i limiti agli interventi eventualmente previsti nelle presenti Norme con l'attribuzione della disciplina di intervento t1, t2 e t3, è correlata e proporzionata alle esigenze funzionali degli Enti competenti o soggetti gestori, che presentano il progetto unitamente ad una convenzione che ne regoli l'uso, previo parere favorevole dei competenti servizi comunali, tenendo conto delle leggi vigenti in materia in riferimento alla funzione da assolvere.

Art. 16 Commerciale all'ingrosso e depositi

1. La categoria funzionale Commerciale all'ingrosso e depositi (f) comprende attività commerciali all'ingrosso, attività commerciali con deposito di merci a cielo aperto, attività di deposito ed esposizione di merci con o senza vendita diversi da quelli del precedente art. 12, magazzini e depositi, sedi di corrieri ed aziende di autotrasporto. Consistono in attività dirette ad acquistare merci e rivenderle ad altri commercianti, ad utilizzatori professionali o ad altri utilizzatori in grande, oppure in attività di magazzino o deposito, cioè finalizzate in via prevalente od esclusiva al mero stoccaggio di materiali o beni finiti, senza che nella stessa unità si effettuino apprezzabili lavorazioni o trasformazioni dei medesimi o loro commercializzazione al dettaglio.

2. Il presente P.O., ai fini della disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni, distingue le seguenti sotto-articolazioni della categoria commerciale all'ingrosso e depositi, associando ad esse un elenco esemplificativo di attività:

  • f1 · attività commerciali all'ingrosso (materie prime, prodotti per l'agricoltura e dell'agricoltura, prodotti alimentari, beni di consumo, macchine ed attrezzature, ecc.), compresa esposizione di merci e/o materiali (all'aperto e/o al coperto) e i relativi uffici;
  • f2 · attività di magazzinaggio e deposito e/o stoccaggio di merci e materiali (all'aperto e al coperto) e i relativi uffici; magazzinaggio spedizione e logistica; esposizione di merci ingombranti all'aperto (autoveicoli, motoveicoli, natanti, macchine agricole, arredi e attrezzature da giardino, etc.), compresi i rispettivi uffici, senza commercializzazione dei prodotti esposti; depositi di rifiuti inerti non pericolosi derivanti da attività di demolizione.

Le attività commerciali all'ingrosso possono comprendere locali per la gestione delle attività e di portierato e sorveglianza non costituenti unità immobiliari autonome.

3. Ai fini della disciplina degli usi, sono assimilate alla categoria Commerciale all'ingrosso le attività che effettuano, nello stesso locale, la vendita all'ingrosso ed al dettaglio, così come previsto dalla L.R. 62/2018 e s.m.i.

Art. 17 Agricola e funzioni connesse

1. La categoria funzionale agricola (g) comprende le attività dirette alla coltivazione del fondo, alla selvicoltura, all'allevamento di animali e le attività connesse, come definite all'art. 2135 del Codice Civile. Gli edifici rurali ad uso abitativo costituiscono a tutti gli effetti costruzioni ad uso agricolo.

2. Sono considerati fabbricati rurali ed unità immobiliari con destinazione d'uso agricola le costruzioni:

  • ricadenti in zona agricola e che non risultino presenti al catasto fabbricati prima dell'entrata in vigore della L.R. 10/ 1979;
  • che non siano state oggetto di alcun titolo abilitativo, anche in sanatoria, che ne abbia previsto la perdita dell'uso agricolo;
  • che risultino patrimonio di aziende agricole, anche realizzate a seguito di Programma Aziendale, dopo il 21 aprile 1995;
  • che risultino patrimonio delle aziende agricole realizzato a seguito di regolare titolo abilitativo l'attività edilizia prima del 21 aprile 1995.

3. Sono assimilabili alle attività agricole quelle agricole amatoriali e l'allevamento non professionale di animali da cortile.

Art. 18 Dotazione di parcheggi privati in relazione alla destinazione d'uso

1. Il reperimento di dotazioni di parcheggi ad uso privato per la sosta stanziale, nella misura minima di 1/10 di mq/mc, ai sensi dell'art. 41-sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, è prescritto in tutto il territorio comunale in relazione ai seguenti interventi:

  1. a) nuova edificazione;
  2. b) ristrutturazione urbanistica;
  3. c) sostituzione edilizia o interventi di demolizione con ricostruzione dei volumi esistenti;
  4. d) addizione volumetrica a edifici esistenti comportante incremento di Superficie edificabile o edificata (SE).

Per gli interventi di parziale demolizione e ricostruzione e per le addizioni volumetriche deve essere comunque verificato, con riferimento alla porzione residua dell'immobile oggetto d'intervento, il rispetto delle dotazioni di parcheggio dovute alla data di rilascio del titolo abilitativo originario.

2. Fermo restando l'obbligo, del reperimento degli spazi dedicati alla sosta dei veicoli, scoperti o con presenza di strutture edificate, realizzati a raso, interrati o in elevazione, in relazione agli interventi di cui al comma 1, deve essere inoltre garantito il reperimento delle seguenti superfici aggiuntive, stabilite in relazione alla destinazione d'uso:

Sigla Destinazione d'uso Parcheggi per la sosta stanziale
a Residenziale 0,5 mq/mq SE con un minimo di un posto auto per alloggio
b1 Industriale e artigianale 0,2 mq/mq SE
b3 Artigianale di servizio 0,25 mq/mq SE
d1, d2 Turistico ricettiva 0,35 mq/mq SE con un minimo di 0,5 posto auto per posto letto
d3 Campeggi 1 posto auto ogni piazzola; in presenza di bungalow non meno di 0,5 posto auto per posto letto
e0, e1, e2, e3, e4 Direzionale e di servizio 0,4 mq/mq SE
s Attrezzature e Servizi pubblici 0,4 mq/mq SE
s3a Impianti sportivi all'aperto minimo 10% della superficie fondiaria

3. Il reperimento di dotazioni di parcheggi ad uso privato per la sosta stanziale, nelle quantità stabilite dalla tabella di cui al precedente comma 2, è prescritto in tutto il territorio comunale anche in relazione ai seguenti interventi:

  • incremento del numero delle unità immobiliari; in caso di frazionamento di unità immobiliari, la superficie a parcheggio da ricercare, oltre a quella esistente, dovrà essere riferita alle unità immobiliari in aumento: nel rapporto tra nº posti auto e SE residenziali si esclude dal conteggio l'unità immobiliare derivata con la superficie edificata SE maggiore e in ogni caso dovrà essere garantito almeno un posto auto per ogni unità immobiliare risultante;
  • modifica della destinazione d'uso; nel caso di mutamenti della destinazione d'uso, ove comportante il reperimento di dotazioni aggiuntive, sulla base della tabella di cui al precedente comma, la superficie a parcheggio da ricercare, è data dalla differenza tra quella prevista per la destinazione originaria e quella di progetto;
  • altri interventi comportanti incremento di Superficie edificabile o edificata (SE).

4. I parcheggi per la sosta stanziale devono essere realizzati in aree private e sono reperiti all'interno degli edifici e/o nelle aree di pertinenza degli stessi. Per le nuove costruzioni tali parcheggi devono essere individuati all'interno dell'area di intervento.

Nei casi di frazionamento e/o mutamento della destinazione d'uso possono essere computate quali parcheggi stanziali aree poste entro un raggio di 500 ml. esclusivamente se della stessa proprietà ed a condizione che siano assoggettate a vincolo di pertinenzialità alle unità immobiliari in aumento o che cambiano la destinazione d'uso.

La superficie convenzionale dedicata al parcheggio stanziale è la somma di due superfici, stallo e spazio di manovra, quantificabili per un totale di 25 mq per ciascun posto auto.

Fatta eccezione per gli interventi di cui al comma 1, per i quali non è comunque ammessa, la possibilità di monetizzare le dotazioni minime di parcheggio ad uso privato, laddove consentita, è specificata nelle disposizioni dei singoli sottosistemi e tessuti di cui alla Parte II delle presenti Norme. Dovrà comunque essere dimostrata l'impossibilità di reperire la dotazione minima di sosta in tutto o in parte. I corrispettivi delle monetizzazioni, stabiliti con deliberazione della Giunta Comunale, saranno periodicamente aggiornati sulla base di quanto previsto nella medesima deliberazione. Essi devono essere utilizzati per realizzare o mantenere strutture e aree pubbliche destinate alla sosta.

5. Nelle zone con destinazione d'uso commerciale al dettaglio (c) o direzionale e di servizio (e) per incrementare la dotazione di posti auto è consentito realizzare nuove superfici a parcheggio su più piani, anche con sistemi del tipo "Fast-Park" alle seguenti condizioni:

  • per le attività e i servizi esistenti, previa l'effettuazione di un'accurata valutazione degli effetti sia paesaggistici che funzionali, anche in relazione al sistema della mobilità e traffico;
  • per le nuove attività e servizi, a seguito di dimostrata impossibilità di soluzioni alternative per raggiungere i minimi richiesti dal presente P.O., con specifici obblighi per il mantenimento nel tempo del suddetto sistema di parcamento da parte dei soggetti interessati;
  • che la disciplina di intervento attribuita agli edifici non sia di tipo t1, t2 e t3.

Art. 19 Dotazioni di parcheggi per la sosta di relazione

1. Fatte salve le eccezioni riferite a sottosistemi e tessuti, il reperimento di dotazioni di parcheggio ad uso privato per la sosta di relazione è prescritto per gli esercizi ed attività con destinazione commerciale al dettaglio derivante dai seguenti interventi:

  • nuova edificazione;
  • ristrutturazione urbanistica;
  • sostituzione edilizia o interventi di demolizione con ricostruzione dei volumi esistenti.

2. Il reperimento di dotazioni di parcheggio ad uso privato per la sosta di relazione è altresì prescritto in caso di:

  • mutamento parziale o totale della destinazione d'uso di edifici o unità immobiliari esistenti con introduzione della destinazione d'uso commerciale al dettaglio, anche in assenza di opere edilizie;
  • ampliamento della superficie di vendita di esercizi o attività esistenti con destinazione d'uso commerciale al dettaglio. Per tali edifici la dotazione di parcheggi privati per la sosta di relazione deve essere reperita soltanto in riferimento alla Superficie di Vendita (SV) in ampliamento.

3. Gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico sono identificati come sottocategoria della destinazione d'uso commerciale al dettaglio. Anche per tali esercizi sono pertanto da reperirsi dotazioni aggiuntive di parcheggio in misura equivalente: ai fini del calcolo si assume il parametro della superficie di somministrazione di cui alle vigenti norme regionali, determinato con riferimento agli spazi interni accessibili alla clientela utilizzati per la somministrazione di alimenti e bevande.

4. Le dotazioni minime di parcheggio per la sosta di relazione - da intendersi aggiuntive rispetto a quelle relative alla sosta stanziale di cui all'art. 18 - sono definite nel rispetto delle vigenti norme statali e regionali in materia, in funzione:

  • delle varie tipologie di attività e strutture commerciali al dettaglio (esercizi di vicinato, medie strutture, grandi strutture di vendita), ovvero del dimensionamento degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico e/o delle attività equiparate;
  • della superficie di vendita.

5. Le dotazioni di parcheggio ad uso privato per la sosta di relazione sono reperibili anche all'esterno del lotto urbanistico di riferimento, in aree limitrofe non gravate da standard pubblici o privati, purché sia garantito l'accesso alla clientela nelle ore di apertura degli esercizi e purché tali aree siano poste ad una distanza idonea a garantire un rapido collegamento pedonale con gli esercizi stessi. Non è consentita la collocazione delle dotazioni di parcheggio per la sosta di relazione su aree pubbliche o ad uso pubblico.

6. Non potranno essere computate per la verifica delle dotazioni richieste eventuali aree disperse e/o di forma fortemente irregolare e/o in declivio con pendenze del terreno superiori a 8%. Il numero di posti auto effettivi da individuarsi in rapporto alla dotazione minima di parcheggio per la sosta di relazione non può essere inferiore ad un posto auto ogni 25 mq. di superficie di parcheggio, che convenzionalmente include stallo di sosta e spazio di manovra. Per le autorimesse interrate o prevalentemente interrate non afferenti a medie o grandi strutture di vendita tale requisito è da intendersi come riferimento prestazionale ottimale, privo di valenza prescrittiva. I parcheggi di relazione delle medie e delle grandi superfici di vendita dovranno inoltre essere previsti adeguati spazi per la sosta delle biciclette attrezzati con rastrelliere, nella misura di almeno 1 posto bicicletta ogni 4 posti auto per le medie strutture e di 1 posto bicicletta ogni 20 posti auto per le grandi strutture.

7. Le aree del parcheggio di relazione dovranno essere dotate di alberature di alto fusto nella misura minima di un albero ogni 80 mq. di parcheggio. Per gli impianti arborei e arbustivi devono essere impiegate specie autoctone e/o tipiche del contesto locale. Nel caso di parcheggi di superficie soprastanti a parcheggi interrati possono essere utilizzate alberature, arbusti o siepi ornamentali.

8. I posti auto che devono essere individuati in relazione alla superficie minima di parcheggio non possono avere dimensioni inferiori a quelle previste dal Codice della Strada ed ogni 40 posti auto ne deve essere previsto almeno uno per diversamente abili.

9. Esclusivamente all'interno del sottosistema funzionale del Centro Storico (CS), quando il reperimento di spazi per parcheggio non risulti oggettivamente possibile, per spazi insufficienti o per il prevalente carattere pedonale del tessuto urbano, è consentita la monetizzazione dei parcheggi ad uso privato per la sosta di relazione. Il Comune disciplina le modalità con cui è possibile procedere alla monetizzazione con apposito Atto della Giunta Comunale.

Art. 20 Parcheggi pubblici

1. Le aree da destinare a parcheggio pubblico previste per i diversi interventi dovranno essere quanto più possibile accorpate e di forma regolare, osservando, per il loro dimensionamento, quanto disposto al precedente art. 19, comma 7.

2. I parcheggi pubblici a raso dovranno rispettare inoltre i seguenti requisiti:

  • per i parcheggi esterni alla sede stradale dovranno essere previsti posti auto riservati agli utenti deboli, nella misura minima di 2 stalli ogni 30 (o frazione di 30), dei quali 1 riservato alle persone disabili; per i parcheggi superiori a 10 posti auto dovranno inoltre essere previsti adeguati spazi per la sosta delle biciclette attrezzati con rastrelliere, nella misura di almeno 1 posto bicicletta per ogni 4 posti auto;
  • per la realizzazione di parcheggi con più di 20 posti auto è fatto obbligo di installare punti di ricarica per veicoli elettrici, conformi al Modo 3 o superiore della norma CEI EN 61851-1, secondo le quantità riportate nella tabella sottostante:
  • Numero posti auto Numero punti di ricarica richiesti
    Da 20 a 99 1
    Da 100 a 199 2
    Da 200 a 499 3
    Da 500 4
  • dovrà essere prevista dotazione di alberature nella misura minima di un albero ad alto fusto ogni 80 mq. di parcheggio, ad eccezione dei parcheggi realizzati lungo la viabilità pubblica esistente, riservando a ciascuna pianta uno spazio permeabile adeguato alla classe di grandezza della pianta, eventualmente protetto da pacciamatura, piante tappezzanti e se adeguatamente gestite, da griglie metalliche o dissuasori, fatti salvi eventuali inderogabili motivi di tutela storica, paesaggistica ed ambientale;
  • si dovranno impiegare specie di alberi funzionali all'ombreggiamento nel periodo estivo, preferendo piante autoctone con fogliame fitto, impalcatura alta e minor suscettibilità a malattie e patogeni, minor esigenze di manutenzione e limitata produzione di residui in termini di aghi, fiori, frutti e resine;
  • per quanto possibile, si dovrà provvedere al contenimento visuale dei veicoli in sosta attraverso alberi, siepi, dossi inverditi, scarpate addossate a muri perimetrali o altri sistemi similari, fatte salve eventuali particolari disposizioni di tutela storica, paesaggistica e ambientale;
  • dovrà essere prevista la realizzazione di sistemi di drenaggio rapido delle acque superficiali - rain garden -;
  • dovrà essere prevista una pavimentazione con materiali semipermeabili, in particolare per gli stalli, ove compatibile con il tipo prevalente di veicoli e con l'intensità d'uso; eventuali parti impermeabili dovranno essere dotate di idonei sistemi di trattamento dei reflui prima del recapito nel corpo idrico ricettore, mentre potrà essere valutata l'ipotesi di allacciamento alle reti fognarie esistenti nel caso in cui sia presente la rete duale;
  • gli impianti di illuminazione dovranno essere posti ad un'altezza adeguata, non superiore a 4 ml., opportunamente schermati e orientati verso il basso, ai fini del mantenimento della qualità degli insediamenti e del paesaggio, anche notturno, del contenimento dell'inquinamento luminoso e del risparmio energetico.

Per la realizzazione di nuovi parcheggi pubblici si dovrà garantire la più possibile estesa permeabilità delle aree, attraverso la scelta di materiali e superfici pavimentate che consentano l'assorbimento delle acque meteoriche e si dovrà altresì garantire la compatibilità paesaggistica degli interventi, con colori e piantumazioni adeguate ai contesti di maggiore qualità paesaggistica.

Per tutti gli interventi si dovrà mirare al massimo contenimento dell'impermeabilizzazione del suolo, recependo gli indirizzi del documento CE 2012 "Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l'impermeabilizzazione del suolo".

Art. 21 Verde pubblico

1. Le aree a verde pubblico possono avere diversa estensione e sistemazione, possono essere individuate come parchi o giardini e sono comunque connotate dalla prevalenza di suoli permeabili e dalla presenza importante di vegetazione.

2. Nelle aree a verde pubblico si dovrà:

  • individuare le alberature e le piante di pregio o monumentali a cui dedicare interventi manutentivi appropriati;
  • assicurare la presenza di una adeguata dotazione di vegetazione, mantenendo e rinnovando le alberature (intese non come singoli individui ma sistemi arborei) e le siepi ben conformate e di particolare pregio per l'area;
  • migliorare la qualità del patrimonio arboreo;
  • riequilibrare i rapporti tra elementi artificiali permanenti e arredo vegetale anche mediante la realizzazione di percorsi e aree pavimentate con materiali drenanti;
  • assicurare la fruibilità e l'accessibilità degli spazi verdi;
  • favorire la fruizione da parte delle diverse categorie di utenti diversificando gli arredi e le attrezzature;
  • assicurare l'integrità di parchi, giardini storici e orti storicizzati di ville e complessi monumentali di valore storico architettonico e la fruizione ordinata del verde storico-monumentale.

3. Nelle aree a verde pubblico, esistenti e di progetto, si possono prevedere aree per il gioco e per lo sport, aree per la sosta, aree per i cani, elementi di protezione e delimitazione, percorsi pedonali e piste ciclabili e ospitare attrezzature per lo svolgimento di attività ludiche (bocciodromi, piste di ballo o di pattinaggio, ecc.). Parti di tali aree possono inoltre essere destinate a orti urbani, se compatibile con le caratteristiche dei luoghi.

4. Nella progettazione di nuove aree a verde pubblico o di interventi di riqualificazione che interessino quelle esistenti si dovrà tener conto dei criteri ormai consolidati e dettati dal Comitato per lo Sviluppo del Verde Urbano del Ministero dell'Ambiente con particolare considerazione della multifunzionalità del verde urbano, valorizzando l'effetto di mitigazione dell'isola di calore, di assorbimento delle sostanze inquinanti, la tutela della biodiversità, l'azione di contrasto al dissesto idrogeologico, il rafforzamento della funzione ricreativa, inclusiva e sociale e delle Linee guida regionali per la messa a dimora di specifiche specie arboree per l'assorbimento di biossido di azoto, materiale particolato fine e ozono.

5. I parchi e giardini pubblici dovranno inoltre rispettare i seguenti requisiti:

  • presenza di recinzioni o di strutture di filtro e protezione rispetto alla viabilità ed in generale agli spazi carrabili, privilegiando elementi vegetazionali quali alberature e siepi autoctone sempreché di altezza tale da non impedire la sorveglianza e la sicurezza; a seconda delle specifiche situazioni, il trattamento dei margini dovrà valutare le esigenze di schermatura o trasparenza visiva, di protezione dai venti, di protezione acustica, di penetrabilità pedonale ecc.;
  • individuazione di aree ombreggiate per maggiore comfort nei mesi estivi in particolare in prossimità degli arredi;
  • nel caso di spazi di grande dimensione, dotazione di servizi igienici accessibili;
  • coerenza dell'articolazione funzionale con la morfologia naturale del terreno e con la tutela del paesaggio, e con i suoi elementi consolidati considerando nella scelta vegetale e degli arredi lo spazio a disposizione e l'integrazione con gli elementi esistenti;
  • al fine di accrescere la qualità ambientale e paesaggistica del verde pubblico di nuova realizzazione, nella sua progettazione, devono essere considerate la continuità con le eventuali aree verdi contigue, la peculiarità del contesto, le condizioni pedoclimatiche e la frequenza manutentiva;
  • scelta di specie arboree e arbustive autoctone o naturalizzate adatte all'uso urbano e alla funzione dell'area, evitando in prossimità di edifici pubblici frequentati da categorie fragili le specie spinose, velenose e con alta allergenicità;
  • privilegiare l'irrigazione con uso di acque meteoriche o depurate senza incidere sulla risorsa idrica;
  • nelle fasce di contatto con il territorio rurale la progettazione dovrà analizzare le caratteristiche del paesaggio agrario e dell'intorno naturale o seminaturale, per proporre assetti del verde adeguati al contesto per colore, forme e struttura compositiva;
  • nella progettazione di nuovi sottoservizi e di reti stradali garantire una fascia di rispetto nei pressi di filari alberati per tutelare l'apparato radicale per tutelare la vitalità e la stabilità strutturale all'albero.

6. Nelle potature delle alberature di pregio si dovrà tener conto delle Linee Guida per gli interventi di cura e salvaguardia degli alberi monumentali del MIPAAFT. Negli altri casi dovranno comunque essere adottate modalità di intervento volte alla tutela delle specie arboree.

Art. 22 Reti principali della mobilità

1. Il P.O. individua i principali tracciati stradali (RS), con esclusione delle altre strade appartenenti alla viabilità locale e degli altri percorsi (prevalentemente pedonali) di distribuzione interna ai sistemi insediativi e il tracciato della rete ferroviaria (RF), quali reti principali della mobilità.

2. Sugli spazi pubblici accessori e più in generale sulle aree scoperte non utilizzate per la viabilità stradale e ad essa immediatamente adiacenti è ammessa esclusivamente la realizzazione di servizi e/o attrezzature pubbliche o di uso pubblico (percorsi pedonali, piste ciclabili, fermate dei mezzi di trasporto pubblico, arredo urbano, sistemazioni a verde, ecc.). Nei tratti di particolare rilievo per panoramicità dovranno essere accuratamente tutelati le aperture visuali ed i punti panoramici, evitando la realizzazione di opere che li ostacolino; ove possibile dovranno essere predisposti adeguati slarghi per la sosta a margine della strada, esternamente alla carreggiata, al fine di agevolare la fruizione del panorama in condizioni di sicurezza.

3. Ferme restando le aree per sedi stradali e spazi pubblici accessori individuate nelle Tavole di progetto del Piano Operativo, la definizione di dettaglio dei singoli interventi di modificazione e/o di integrazione dei tracciati stradali è demandata alla fase di progettazione esecutiva. In tale fase sono precisati i caratteri planoaltimetrici delle nuove infrastrutture viarie e tutte le sistemazioni di corredo, da definirsi tenendo conto delle caratteristiche del sedime interessato e del contesto di riferimento, delle esigenze di caratterizzazione e/o di riqualificazione dello spazio pubblico, nonché dei programmi relativi all'integrazione della rete comunale dei percorsi ciclabili.

4. Per la viabilità principale e le opere connesse devono essere adottate soluzioni progettuali che assicurino la migliore integrazione paesaggistica rispetto agli assetti morfologici dei luoghi e alla trama territoriale esistente, minimizzando l'interferenza visiva con i valori estetico-percettivi delle aree soggette a tutela paesaggistica, anche attraverso l'utilizzo di soluzioni tecnologiche e di materiali innovativi in grado di favorire la migliore armonizzazione delle opere con il contesto. In caso di attraversamento di corsi d'acqua devono essere salvaguardati i caratteri morfologici, idrodinamici ed ecosistemici del corpo idrico, garantendo l'integrazione paesaggistica, il mantenimento dei valori identificati dal P.I.T. / P.P.R. e il minor impatto visivo possibile.

5. Nei tratti di attraversamento dei tessuti residenziali dovranno essere messi in campo tutti gli interventi sul manufatto stradale e sulla circolazione consentiti dalla normativa vigente per la tipologia di strada alla quale la strada appartiene, tali da assicurare requisiti adeguati di sicurezza per il traffico locale, in particolare pedonale e ciclabile. In particolare si dovrà operare in conformità al PUMS allo scopo di:

  • ridurre l'impatto della circolazione degli autoveicoli sugli ambienti circostanti, introducendo misure di mitigazione dell'inquinamento acustico, atmosferico e luminoso, anche con l'utilizzo di piante idonee e coerenti con la soluzione progettuale adottata e di pavimentazioni e tecniche di posa in opera utili ad abbattere l'inquinamento;
  • impiegare appropriate soluzioni di moderazione del traffico in considerazione del contesto attraversato;
  • creare una rete continua e sicura di percorsi pedonali e ciclabili, rendere continui i marciapiedi e porre particolare attenzione agli attraversamenti pedonali e ciclabili.

6. Per mitigare l'inquinamento acustico e atmosferico, compensare l'impermeabilizzazione dei suoli ed ottimizzare la gestione quali/quantitativa delle portate meteoriche di dilavamento, oltre che per favorire l'inserimento paesaggistico dell'opera, dovranno essere previste adeguate fasce di rispetto, alle quali assegnare valore ecologico e ponendo attenzione al progetto della sezione e del profilo stradale in maniera confacente al paesaggio attraversato.

Art. 23 Aree di servizio e impianti di distribuzione carburante

1. Le aree di servizio e gli impianti di distribuzione dei carburanti esistenti sono individuate lungo la rete stradale nelle Tavole di progetto del P.O. con la sigla c4.

Gli accessi ai distributori di carburante sono assimilati a tutti gli effetti ai passi ed accessi carrabili di cui al Codice della Strada ed al D.M. 19/04/2006.

2. Nei progetti di adeguamento degli impianti sono consentiti interventi fino alla sostituzione edilizia, come definita dalle disposizioni regionali, con un ampliamento massimo del 20% della Superficie edificata o edificabile (SE) esistente. Tali interventi non possono superare l'Altezza massima (Hmax) di 5 ml., ad eccezione delle pensiline che possono raggiungere Altezza massima di 7 ml.

3. Negli impianti di distribuzione dei carburanti sono ammesse le seguenti destinazioni d'uso, da considerarsi complementari:

  • attività di commercio al dettaglio, con superficie di vendita non superiore a quella degli esercizi di vicinato, comprensiva di eventuale vendita di stampa quotidiana e periodica, tabacchi, lotterie e simili, nel rispetto della normativa vigente;
  • attività di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, con superficie di somministrazione non superiore a 300 mq.

Per le attività complementari si dovranno prevedere i parcheggi per la sosta stanziale, di cui al precedente art. 18 e nel caso di attività commerciali dovranno essere previsti anche i parcheggi per la sosta di relazione nella misura stabilita per le attività commerciali.

4. Le eventuali attività di vendita di stampa quotidiana e periodica, tabacchi, lotterie e simili, nonché l'attività di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico di cui al precedente comma, non possono essere cedute separatamente dall'attività per l'installazione e l'esercizio dell'impianto di distribuzione.

5. In aggiunta alle attività di cui al precedente comma 3, gli impianti di distribuzione dei carburanti possono offrire servizi integrativi all'automobile e all'automobilista, quali officina meccanica, elettrauto, gommista, autolavaggio, servizi informativi di interesse generale e turistico, servizi di bancomat, ecc.

6. Nuovi impianti di distribuzione di carburanti, in ragione delle specifiche caratteristiche storico-culturali, ambientali e paesaggistiche del territorio, potranno essere previsti esclusivamente nell'ambito del territorio urbanizzato lungo la rete stradale principale (RS), nel sottosistema delle Aree Miste (AM), mentre nel caso di aree esterne al territorio urbanizzato i nuovi impianti dovranno essere preliminarmente valutati ai sensi dell'art. 25 della L.R. 65/2014 e s.m.i.

7. Per le nuove aree di servizio e distributori carburanti e negli interventi di modifica a quelli esistenti dovranno essere previsti appositi spazi per la ricarica dei veicoli elettrici nella misura minima di due postazioni per ciascun impianto.

Art. 24 Verde di ambientazione

1. Nelle tavole del P.O., al fine di ridurre e mitigare gli impatti derivati dal traffico motorizzato e di migliorare i rapporti tra insediamenti, infrastrutture e paesaggio circostante, sono individuate come verde di ambientazione specifiche aree inedificate a corredo della viabilità, delle infrastrutture e degli insediamenti esistenti e collocate in ambiti interclusi o a margine tra tessuti edificati e territorio rurale.

2. Il verde di ambientazione è da considerarsi sia come elemento di mitigazione da destinare al miglioramento delle dotazioni ambientali della viabilità e degli insediamenti di cui sono a corredo, sia come fascia da destinare al miglioramento funzionale delle infrastrutture ed è pertanto possibile realizzarvi infrastrutture ferroviarie, di interesse pubblico, arterie stradali, parcheggi, aree attrezzate per sosta camper, elementi accessori della mobilità e opere di protezione e compensazione idraulica.

3. Laddove le aree di verde di ambientazione costituiscono una doppia fascia perimetrale alla viabilità extraurbana da riqualificare paesaggisticamente, non possono essere pavimentate o rese completamente impermeabili, al fine di mantenere le loro funzioni di stabilizzazione dei suoli e per arricchire il paesaggio di elementi naturali e seminaturali.

4. Il verde di ambientazione è in genere formato da terreni privati e può pertanto, oltre all'esproprio, essere previsto il coinvolgimento dei proprietari, tramite specifiche convenzioni, per dare luogo a interventi di ambientazione e di valorizzazione paesaggistica, per i quali si potrà fare riferimento a quanto indicato per gli assetti del verde e per la scelta delle specie arboree e arbustive all'art. 21 delle presenti Norme.

Art. 25 Percorsi ciclabili

1. La rete ciclabile è destinata alla fruizione da parte dei ciclisti per il collegamento tra località e luoghi di interesse collettivo - anche come alternativa alla mobilità veicolare - e per il tempo libero o lo sport.

2. Per le piste ciclabili va perseguita la continuità della rete e la sua integrazione con strade e sistemi del trasporto pubblico, assieme alla sicurezza dei ciclisti, con l'obiettivo fondamentale di affermare l'uso quotidiano della bicicletta come ulteriore forma di mobilità. Inoltre allo scopo di favorire attività di cicloturismo e ricreazione, occorre che le piste ciclabili diventino elemento di qualificazione e fruizione lenta dello spazio aperto e agricolo, di valore naturale e ambientale, di rilievo paesaggistico.

3. Il P.O. individua i percorsi ciclabili esistenti e quelli di progetto previsti dagli interventi individuati nella Parte III delle presenti Norme. È comunque ammessa l'individuazione di ulteriori percorsi in sede stradale o su aree pubbliche e di uso pubblico.

Titolo III Interventi

Art. 26 Disposizioni generali per gli interventi

1. Il P.O. regolamenta gli interventi e le opere ammissibili sul patrimonio edilizio esistente attraverso l'articolazione in tipi della disciplina degli interventi di cui al presente Titolo.

2. Fermo restando che le opere e gli interventi realizzabili sugli edifici sono individuate in base ai tipi della disciplina di intervento attribuiti dal piano, il riferimento alle categorie di intervento come definite dal Testo Unico dell'Edilizia e dalle norme regionali per il governo del territorio rimane indispensabile per l'individuazione dei necessari titoli abilitativi, per la qualificazione degli abusi edilizi, per il calcolo degli oneri di costruzione e per tutti gli altri scopi eventualmente previsti dalla legge.

3. Per la gestione degli insediamenti esistenti le Tavole del P.O., in riferimento agli edifici, ai complessi edilizi e agli spazi aperti, riportano i tipi di discipline d'intervento ammessi, in particolare:

  • per gli edifici, i complessi e gli spazi aperti, in relazione al riconoscimento del loro valore architettonico, storico e testimoniale, le Tavole del P.O. riportano, attraverso un perimetro e sigla numerica, il riferimento alle Schede normative degli edifici censiti come beni storico architettonici, allegate alle presenti Norme, per i quali si dovranno osservare le disposizioni del successivo art. 54;
  • qualora, per edifici, complessi e spazi aperti nel territorio rurale non sia riportata alcuna sigla corrispondente ad un tipo di disciplina di intervento, si intendono ammessi tutti gli interventi alle condizioni definite al Titolo VIII e riferiti al patrimonio edilizio esistente nel territorio rurale, secondo la destinazione d'uso esistente;
  • gli edifici non ultimati per i quali sono decaduti i titoli abilitativi e ai quali nelle tavole del P.O. non è attribuita alcuna disciplina di intervento, sono da considerare esistenti e sottoposti alla disciplina di intervento t4 solo nei casi in cui almeno sia stato completato l'involucro edilizio, come definito ai sensi dell'art. 33 del DPGR 39/R; non sono da considerare tali gli edifici privi dei tamponamenti esterni, ancorché dotati di copertura;
  • per edifici, manufatti e pertinenze in ambito urbano attraverso perimetrazione e sigla di colore nero si individua il tipo di disciplina di intervento attribuita.

4. Nel caso di edifici, manufatti e pertinenze destinati a spazi e attrezzature di servizio pubbliche (indicati con la lettera s), sempreché essi siano privi di particolare pregio o di valore storico-testimoniale, qualora non sia riportata alcuna sigla corrispondente ai tipi di disciplina di intervento attribuiti dal presente P.O., si intendono ammessi tutti gli interventi che si rendano necessari in ragione delle funzioni e delle esigenze riferite alle attività svolte.

5. Gli interventi di trasformazione degli assetti insediativi, infrastrutturali ed edilizi del territorio sono individuati da apposita perimetrazione e sigla che rinvia alla specifica disciplina contenuta nella Parte III delle presenti Norme.

Art. 27 Disciplina degli interventi ammessi sul patrimonio edilizio esistente

1. In considerazione delle opere ammesse, in relazione alle specifiche caratteristiche degli edifici oggetto di intervento, il presente P.O individua i tipi di disciplina d'intervento da osservare per il patrimonio edilizio esistente in tutto il territorio comunale, differenziati per gruppi come di seguito elencati:

  • t1 - Disciplina di intervento di tipo 1:
    • edifici e complessi edilizi di valore storico architettonico, tutelati ai sensi del D.lgs. 42/2004 (Parte II, Titolo I), per i quali gli interventi comunque denominati ai sensi delle vigenti norme statali e/o regionali sono sottoposti preventivamente al parere della competente Soprintendenza, come indicato al successivo art. 28;
  • t2 - Disciplina di intervento di tipo 2:
    • edifici e complessi edilizi di valore storico e interesse documentale, sulla base del riconoscimento critico effettuato dalla letteratura di settore e dallo stesso P.O. e per i quali gli interventi di ristrutturazione edilizia di tipo conservativo, come definiti dalle vigenti norme statali e regionali, sono consentiti a condizione che siano osservate le limitazioni di cui al successivo art. 29, finalizzate a garantire la loro adeguata tutela;
  • t3 - Disciplina di intervento di tipo 3:
    • edifici e complessi edilizi di matrice storica o storicizzati, ovvero per quelli in cui è riconoscibile la permanenza del principio insediativo storico, peculiare del paesaggio urbano e rurale senese;
    • edifici recenti da considerare consolidati per tipologia, immagine e configurazione;
    la disciplina di tipo 3 consente, oltre a quelli della disciplina di tipo 2, ulteriori interventi di ristrutturazione edilizia conservativa, come definiti dalle vigenti norme statali e regionali, a condizione che siano osservate le limitazioni di cui al successivo art. 30;
  • t4 - Disciplina di intervento di tipo 4:
    • edifici e complessi edilizi di matrice storica, ma non caratterizzati da particolare interesse storico-documentale o con rilevanti alterazioni subite rispetto alle caratteristiche originarie;
    • edifici e complessi edilizi di formazione recente e posti in continuità con il principio insediativo consolidato, ma caratterizzati da tipologie, materiali e finiture disomogenei rispetto all'edificato di matrice storica;
    • edifici e complessi edilizi esito di interventi unitari recenti, compresi i complessi unitari con specifica qualità e identità morfologica e architettonica;
    • edifici realizzati a seguito dell'applicazione del presente Piano Operativo e del R.U. previgente;
    la disciplina di tipo 4 consente gli interventi di ristrutturazione edilizia di tipo ricostruttivo, fino alla demolizione e ricostruzione fedele dell'intero edificio e gli interventi pertinenziali, come definiti dalle vigenti norme statali e regionali, comunque alle condizioni e limitazioni di cui al successivo art. 31;
  • t5 - Disciplina di intervento di tipo 5:
    • edifici e complessi edilizi di formazione recente, che non presentano elementi o caratteri di interesse documentale ed edifici e complessi edilizi disomogenei rispetto al tessuto urbano nel quale sono inseriti;
    • edifici e complessi edilizi, generalmente di formazione recente, che non presentano elementi o caratteri di interesse documentale appartenenti al territorio rurale;
    per tali edifici e complessi edilizi sono consentiti gli interventi di ristrutturazione edilizia ricostruttiva e quelli di addizione volumetrica, come definiti dalle vigenti norme statali e regionali, alle condizioni e alle limitazioni di cui al successivo art. 32;
  • t6 - Disciplina di intervento di tipo 6:
    • edifici e complessi edilizi di formazione recente e quelli appartenenti a tessuti urbani specializzati a carattere prevalentemente produttivo/terziario, per i quali, oltre alla ristrutturazione edilizia ricostruttiva, sono consentite, come definite dalle vigenti norme regionali, la sostituzione edilizia degli edifici esistenti e le addizioni volumetriche agli edifici produttivi esistenti;
    per tali interventi, oltre ai limiti stabiliti dal successivo art. 33, si dovranno comunque rispettare le discipline riferite ai sottosistemi o tessuti e le eventuali specifiche condizioni lì definite.

2. I sei tipi di disciplina d'intervento elencati al primo comma stabiliscono i limiti agli interventi edilizi ammessi sul patrimonio edilizio esistente, per il quale sono da considerare sempre ammessi gli interventi di manutenzione ordinaria e quelli di manutenzione straordinaria, come definiti dalle vigenti norme e leggi statali e regionali, comunque osservando i limiti ai mutamenti di destinazione d'uso e al frazionamento delle unità immobiliari disposti delle presenti Norme.

Sul patrimonio edilizio esistente sono altresì sempre consentiti gli interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche e all'adeguamento degli immobili per le esigenze dei disabili gravi ivi residenti, anche se comportano aumento dei volumi esistenti. Tali interventi devono essere comunque adeguatamente motivati, anche sulla base di certificazioni mediche attestanti le condizioni necessarie al soddisfacimento delle esigenze abitative della persona residente.

3. In ottemperanza a quanto disposto all'art. 138, comma 1, della L.R. 65/2014, i progetti relativi agli edifici con disciplina d'intervento t1, t2 e t3, devono essere corredati da una relazione storico-critica che documenti gli elementi tipologici, formali e strutturali che qualificano il valore dell'immobile oggetto dell'intervento e che dimostri la compatibilità degli interventi previsti con la tutela e la conservazione di tali elementi.

Art. 28 Disciplina di intervento di tipo 1 (t1)

1. Gli edifici e i complessi edilizi a cui il P.O. attribuisce la disciplina di intervento di tipo 1 (t1) sono quelli soggetti a vincolo ai sensi della Parte II del D.lgs. 42/2004 e successivi decreti di attuazione in materia di conservazione dei beni culturali, per i quali sono consentiti gli interventi di conservazione, di cui all'art. 29 del D.lgs. 42/2004, che, ai sensi di legge, devono essere preventivamente approvati ed autorizzati dal competente organo ministeriale.

2. Gli interventi ammissibili sugli edifici e i complessi edilizi - comunque denominati ai sensi delle vigenti norme statali e/o regionali - sono essenzialmente finalizzati alla conservazione dell'integrità materiale e al recupero funzionale degli organismi edilizi e sono supportati da approfondite analisi storiche, tipologiche e morfologiche. L'intervento di tipo 1 (t1), previo conseguimento della autorizzazione di cui all'art. 21 del D. lgs. 42/2004 e s.m.i., può comprendere un insieme sistematico di opere finalizzato a ripristinare l'organismo edilizio esistente nei suoi caratteri storico-artistici, tipologici, strutturali, materici e linguistici, consentendone una destinazione d'uso idonea alla sua tutela ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Anche laddove l'intervento da eseguire sia limitato ad opere di manutenzione ordinaria o straordinaria, dovrà essere progettato ed eseguito nel rispetto dei criteri propri del restauro al fine di perseguire la conservazione degli elementi significativi risultanti dal processo storico.

Qualora all'interno di tali immobili siano presenti porzioni non incluse nel provvedimento di notifica, gli interventi che le riguardano non sono soggetti ad autorizzazione della Soprintendenza, ma devono invece osservare la disciplina di intervento di tipo 2 (t2), di cui al successivo art. 29.

3. Il P.O. non identifica gli edifici ed i complessi edilizi con più di settanta anni appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri Enti pubblici territoriali - diversi dal Comune di Siena - nonché ad ogni altro Ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fini di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Tali edifici e complessi edilizi, anche laddove non sia intervenuta la verifica di sussistenza ex comma 2 dell'art. 12 del D.lgs. 42/2004, sono sottoposti alle disposizioni della Parte II dello stesso Decreto e come tali devono osservare quanto disposto per la disciplina di intervento di tipo 1 (t1).

4. Previo parere favorevole della competente azienda USL, sono ammesse deroghe parziali alle norme igienico-sanitarie per quanto riguarda altezze, superfici vetrate, ventilazione naturale e superficie minima dei vani, ove il rispetto puntuale di tali disposizioni comporti contrasto con le prescrizioni finalizzate agli obiettivi di tutela delle presenti disposizioni normative, pur tendendo a raggiungere miglioramenti igienico-sanitari, al fine di consentire il mantenimento di funzioni in atto, della funzione residenziale, ovvero delle destinazioni previste o consentite dal P.O.

Art. 29 Disciplina di intervento di tipo 2 (t2)

1. La disciplina di intervento di tipo 2 (t2) è finalizzata a garantire un adeguato livello di tutela a edifici e complessi edilizi di valore storico e interesse documentale e degli elementi architettonici e decorativi riconosciuti di rilievo. Gli interventi dovranno quindi privilegiare la conservazione delle qualità estetiche, tecniche e materiche degli edifici e utilizzare materiali e tecnologie compatibili, documentando e dimostrando in modo puntuale, in fase di progettazione, tali principi guida. Per tali edifici devono essere mantenuti gli apparati decorativi, ove presenti e gli interventi non devono comportare:

  • demolizione del fabbricato, fatta eccezione per l'eliminazione di eventuali superfetazioni e/o per l'esecuzione dei necessari interventi di sostituzione degli elementi costitutivi dell'edificio che si rendano indispensabili per motivi di sicurezza e/o di miglioramento sismico, debitamente comprovati da adeguata documentazione tecnica;
  • modifiche all'imposta e alle caratteristiche tipologiche delle strutture orizzontali esistenti, fatti salvi gli interventi sugli elementi privi d'interesse e quanto disposto al comma 2, lett. a;
  • modifiche alla sagoma del fabbricato, fatte salve quelle risultanti dall'eliminazione delle superfetazioni e quelle finalizzate a migliorare la funzionalità delle coperture, nei limiti definiti al successivo comma 2, lett. b;
  • inserimento di nuovi solai, salvo i casi di cui al successivo comma 2, lett. c) e fatti salvi gli interventi necessari per la realizzazione o modifica di collegamenti verticali e il ripristino di solai conseguenti all'eliminazione di vani scala interni, quando incongrui;
  • modifiche ai prospetti, salvo ripristinare aperture preesistenti attualmente tamponate o false aperture originali o introdurne ulteriori se finalizzate a ricondurre la facciata alla configurazione originaria; gli interventi potranno altresì prevedere la modifica delle aperture realizzate in contrasto con le caratteristiche tipologiche dell'organismo edilizio originario e comunque sulla base di adeguata documentazione storica; si deve comunque escludere l'uso di smalti, trattamenti protettivi al silicone, intonaci plastici o comunque finiture che si discostino dall'originario aspetto dell'edificio, anche con riferimento alla grana e alla tecnica di posa, evitando l'uso di guide per l'eventuale realizzazione degli intonaci;
  • incrementi della volumetria complessiva; non è consentito altresì il tamponamento di logge, parate, porticati e tettoie, anche mediante la semplice apposizione di infissi;
  • nuove scale esterne.

Il progetto degli interventi laddove proponga modifiche agli elementi sopra indicati deve essere preceduto ed accompagnato da uno studio, integrato nella relazione storico-critica, che evidenzi le caratteristiche di interesse storico-architettonico e documentale presenti, nonché le manomissioni o alterazioni intervenute rispetto all'organismo originario o comunque ad una precedente configurazione riconosciuta di maggior valore. Laddove l'intervento da eseguire sia limitato ad opere di manutenzione ordinaria o straordinaria, dovrà essere progettato ed eseguito nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo edilizio.

2. La disciplina t2 consente, alle condizioni indicate, i seguenti interventi:

  1. a. la realizzazione di vespai, intercapedini aerate, scannafossi, ecc., con modeste e motivate variazioni delle quote del pavimento; è inoltre consentito l'abbassamento della quota di calpestio del piano terra, per raggiungere la minima altezza interna indispensabile, sotto il profilo igienico-sanitario, in relazione alla destinazione d'uso ammessa, che non può superare la misura massima di 0,40 ml.;
  2. b. la realizzazione di eventuali maggiori spessori del pacchetto di copertura, finalizzata all'incremento delle prestazioni energetiche degli edifici, compatibilmente alla tipologia della gronda, ammessa fino ad un massimo di 0,15 ml., nel rispetto delle modalità descritte al successivo art. 35;
  3. c. l'introduzione di:
    • nuovi solai praticabili al posto o al di sopra di controsoffitti esistenti - esclusivamente nel caso che questi non siano di particolare valore -, laddove le altezze esistenti lo consentano e senza che questo comporti la formazione di nuove aperture sulle facciate e sul tetto;
    • soppalchi e relative scale, che dovranno essere realizzati con tecniche costruttive non invasive, comunque non in muratura e, quando ne siano dimostrati i vantaggi, anche in materiali moderni; il soppalco deve essere fisicamente e formalmente distinto dall'organismo originario e di superficie massima pari ad 1/3 di quella del vano su cui insiste;
  4. d. l'installazione di infissi vetrati allineati al filo interno della muratura, limitatamente alle altane e al caso di locali tamponati da "grigliati" o "salti di gatto" in laterizio, purché si mantenga inalterato l'assetto del prospetto esterno dell'edificio;
  5. e. il consolidamento ed il ripristino delle parti crollate o demolite, utili a ricostruire l'integrità dell'organismo edilizio, comunque leggibili nelle dimensioni preesistenti, sulla base dei residui murari esistenti e sulla base di documentazione inequivocabile in ordine alla preesistenza ed alla consistenza planivolumetrica originaria; il ripristino dovrà avvenire con l'utilizzo di tecniche e materiali appropriate, simili e compatibili con quelli presenti nell'organismo edilizio rilevato;
  6. f. la realizzazione di piccoli lucernari piani, uno per edificio, con funzione di ispezione della copertura (art. 9 del D.G.P.R. 2013, n. 75/R del 18/12/2013) ammessa, laddove possibile, sulle falde visivamente meno esposte;
  7. g. l'inserimento di volumi tecnici completamente interrati all'interno della sagoma dell'edificio, a condizione che questo non comporti alterazioni delle strutture resistenti, o negli spazi pertinenziali senza modifiche della morfologia e del profilo dei terreni e degli elementi tradizionali di valore caratterizzanti lo spazio aperto.

3. Sono altresì ammessi gli interventi di recupero dei sottotetti a fini abitativi, eseguiti nel rispetto delle disposizioni di cui alla L.R. 5/2010 (Norme per il recupero abitativo dei sottotetti) e s.m.i., comunque osservando i limiti della presente disciplina di intervento t2, che non consente nuovi lucernari o nuovi solai; eventuali nuove scale di accesso, consentite esclusivamente nel caso in cui il loro inserimento non interessi solai e volte con caratteristiche storiche o di pregio, dovranno essere realizzate in strutture leggere, come nel caso dei soppalchi, di cui al precedente comma.

4. Previo parere favorevole della competente azienda USL, sono ammesse deroghe parziali alle norme igienico-sanitarie per quanto riguarda altezze, superfici vetrate, ventilazione naturale e superficie minima dei vani, ove il rispetto puntuale di tali disposizioni comporti contrasto con le prescrizioni finalizzate agli obiettivi di tutela delle presenti disposizioni normative, pur tendendo a raggiungere miglioramenti igienico-sanitari, al fine di consentire il mantenimento di funzioni in atto, della funzione residenziale, ovvero delle destinazioni previste o consentite dal P.O.

Art. 30 Disciplina di intervento di tipo 3 (t3)

1. La disciplina di intervento di tipo 3 (t3) è finalizzata alla salvaguardia del valore storico o storicizzato degli edifici e degli elementi tipologici, architettonici ed ambientali che li caratterizzano. Per tali edifici ed elementi costitutivi si assumono le limitazioni della disciplina di intervento t2, di cui al precedente art. 29, comma 1, fatta eccezione per i seguenti ulteriori interventi ammessi con la disciplina di intervento t3, previa relazione storico-critica, che illustri i criteri dell'intervento e le soluzioni tecnico-costruttive utilizzati per conservare e valorizzare gli elementi di pregio o comunque di valore testimoniale da tutelare:

  • sostituzione dei solai e loro rifacimento a quote diverse da quelle originarie; l'eventuale spostamento non deve determinare alcuna necessità di modificare l'aspetto esteriore dell'edificio e la creazione di ulteriori piani, ad eccezione di quello eventualmente ricavabile nel sottotetto; tale possibilità è anche riferibile a edifici privi di solai intermedi tra piano terra e copertura ed è comunque subordinata all'utilizzo di tecniche e materiali appropriati, simili o compatibili con quelli originari dell'organismo edilizio;
  • modifiche ai collegamenti verticali interni nel rispetto del tipo edilizio e del sistema strutturale; l'inserimento di nuovi collegamenti verticali interni non dovrà comunque interessare travature lignee portanti, volte e solai con caratteristiche di pregio (a volta, a cassettone, volterrane, ecc.); è altresì consentita la sostituzione di eventuali scale esterne, laddove non rivestano valore storico o tipologico-documentario, riconducendole alle caratteristiche tipologiche dell'organismo originario;
  • modifiche all'aspetto esteriore degli edifici, con l'introduzione di nuove aperture e/o modifiche a quelle esistenti, nel rispetto del sistema strutturale e a condizione che vengano tutelati i fronti di carattere unitario e compiuto e le originarie caratteristiche architettoniche dell'edificio; le nuove aperture dovranno rispettare per forma, dimensione e partizione quelle esistenti e le caratteristiche tipologiche dell'organismo edilizio originario; si deve comunque escludere l'uso di smalti, trattamenti protettivi al silicone, intonaci plastici o comunque finiture che si discostino dall'originario aspetto dell'edificio, anche con riferimento alla grana e alla tecnica di posa, evitando l'uso di guide per l'eventuale realizzazione degli intonaci;
  • realizzazione di intonaci isolanti nei limiti e alle condizioni di cui al successivo art. 35.

2. La disciplina di tipo 3 (t3), oltre a quanto previsto al comma 2 dell'art. 29 per la disciplina di intervento t2, consente:

  1. a. l'installazione di infissi vetrati allineati al filo interno della muratura di logge e nel caso di edifici con locali chiusi da pareti su tre lati e dotati di grandi aperture di accesso dall'esterno, molto spesso legate all'originaria destinazione agricola; non è consentito invece il tamponamento di porticati e tettoie, anche mediante la semplice apposizione di infissi;
  2. b. la realizzazione o la modifica di lucernari piani in funzione dei rapporti minimi di illuminazione per i locali sottostanti; i nuovi lucernari, non più di uno per unità immobiliare, non devono interferire con le strutture principali di copertura e le loro dimensioni orizzontali non possono comunque essere superiori a due ordini dell'orditura secondaria originale, nel caso di coperture tradizionali con travetti e mezzane e di 0,70 ml. negli altri casi; la loro lunghezza lungo la falda di copertura non può superare 1,50 ml. e devono inoltre essere posizionati ad una distanza non inferiore a 1,50 ml. dalla linea di gronda;
  3. c. laddove non rivestano carattere storico o tipologico-documentario, è consentita la demolizione dei volumi accessori e la loro ricostruzione ad un solo piano, all'interno del lotto di pertinenza e purché non in aderenza all'edificio principale, evitando di impegnare vedute panoramiche; tali volumi ricostruiti, che non possono superare quelli legittimi demoliti, devono mantenere la funzione accessoria alla residenza;
  4. d. la realizzazione di locali accessori totalmente interrati, purché compresi entro il sedime del fabbricato.

3. Previo parere favorevole della competente azienda USL, sono ammesse deroghe parziali alle norme igienico- sanitarie per quanto riguarda altezze, superfici vetrate, ventilazione naturale e superficie minima dei vani, ove il rispetto puntuale di tali disposizioni comporti contrasto con le prescrizioni finalizzate agli obiettivi di tutela delle presenti disposizioni normative, pur tendendo a raggiungere miglioramenti igienico-sanitari, al fine di consentire il mantenimento di funzioni in atto, della funzione residenziale, ovvero delle destinazioni previste o consentite dal P.O.

Art. 31 Disciplina di intervento di tipo 4 (t4)

1. La disciplina di intervento di tipo 4 (t4) consente l'adeguamento degli edifici esistenti con interventi di ristrutturazione edilizia ricostruttiva, con un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo completamente diverso dall'esistente, con un nuovo sistema strutturale e nuovi materiali, fino alla demolizione con fedele ricostruzione, così come definiti dalle disposizioni regionali e consente altresì determinate fattispecie di interventi pertinenziali. Gli interventi di demolizione con ricostruzione dell'intero edificio devono garantire il raggiungimento di una migliore qualità architettonica, anche in relazione al contesto urbanistico e paesaggistico e utilizzare tecniche costruttive di edilizia sostenibile che garantiscano prestazioni migliorative rispetto ai parametri di legge.

2. La disciplina di tipo 4 (t4), oltre a quanto previsto per la disciplina di intervento t3, consente anche:

  1. a. la chiusura con infissi vetrati di portici o porticati, fermo restando il rispetto delle distanze minime;
  2. b. la realizzazione di scale esterne all'involucro edilizio ad uso di singole unità immobiliari, prive di copertura o non delimitate da tamponamenti perimetrali e purché limitate al superamento di un solo piano di dislivello e di scale di sicurezza esterne all'involucro edilizio, comunque configurate;
  3. c. la realizzazione di serre solari con specifica finalità di risparmio energetico, debitamente certificata;
  4. d. i volumi pertinenziali di cui al successivo comma, per gli edifici residenziali;
  5. e. volumi tecnici fuori terra;
  6. f. la modifica della tipologia della copertura senza aumento del volume totale esistente.

3. Gli interventi pertinenziali sono consentiti unicamente per gli edifici residenziali e non possono determinare incremento del carico urbanistico, tanto che non possono avere un utilizzo separato e indipendente e possono generare esclusivamente nuove superfici accessorie (SA). Non è pertanto consentito il mutamento di destinazione d'uso diverso da quello accessorio agli interventi pertinenziali realizzati in applicazione del presente piano. Gli interventi pertinenziali previsti dalla disciplina di intervento t4 consentono la realizzazione, all'interno del resede di riferimento, di volumi accessori aggiuntivi di modesta dimensione rispetto al fabbricato di cui costituiscono pertinenza, fino al massimo del 20% del volume totale fuori terra dello stesso e comunque non superiore a 30 mq di superficie accessoria (SA): un edificio residenziale principale con disciplina di intervento t4 può dunque realizzare come volumi accessori aggiuntivi, anche accorpando volumi accessori già esistenti che concorrono comunque alla dimensione massima consentita:

  1. a. autorimesse pertinenziali;
  2. b. ripostigli e volumi accessori in genere, che comportino la realizzazione di nuova volumetria interrata, seminterrata o fuori terra;
  3. c. volumi tecnici sulla copertura dell'edificio principale.

Gli interventi pertinenziali di tipo a. e b., realizzati fuori terra nel resede di riferimento, devono avere un solo piano, di altezza utile massima (HU) 2,40 ml., forma e struttura edilizia coerente con la funzione assolta ed essere compatibili con le caratteristiche tipologiche dell'edificio principale di riferimento. È ammesso il collegamento del locale accessorio con l'immobile principale di cui costituisce pertinenza, purché sia anche previsto l'accesso diretto dall'esterno, salvo i casi in cui questi siano costituiti da volumi interrati, in modo così da mantenere indiscutibilmente preservato il carattere della pertinenzialità. Per la loro realizzazione dovrà essere ricercata prioritariamente una posizione visivamente poco esposta, evitando in ogni caso di impegnare vedute panoramiche.

4. Nelle parti che il P.O. definisce come sottosistema dell'urbanizzato compatto UC4, esito di piani urbanistici attuativi o comunque di progetti architettonicamente e urbanisticamente unitari, per gli edifici assoggettati alla disciplina di intervento t4 valgono le disposizioni integrative di cui al successivo art. 76, comma 3.

5. Per gli edifici con destinazione d'uso ad attività industriali ed artigianali, attività commerciali all'ingrosso e depositi posti all'interno delle aree miste (AM) è consentita la realizzazione di tettoie a supporto delle attività entro un Indice di Copertura massimo complessivo del 55% e con altezza massima di 5,50 ml.

Art. 32 Disciplina di intervento di tipo 5 (t5)

1. La disciplina di intervento di tipo 5 (t5) consente, nei limiti ed alle condizioni disciplinati dal presente articolo, interventi fino alla demolizione e contestuale ricostruzione, comunque configurata di edifici esistenti, oltre che le addizioni volumetriche, agli edifici residenziali, come definiti dalle disposizioni regionali.

2. La disciplina di tipo 5 (t5), oltre a quanto previsto per la disciplina di intervento t4, nel rispetto delle altre disposizioni del presente Titolo III Interventi, consente:

  1. a. gli interventi di demolizione e contestuale ricostruzione comunque configurata di edifici esistenti, come definita dalle norme regionali e purché non comportanti incremento di volume totale, sia entro che fuori terra; tali interventi devono prevedere il mantenimento di almeno parte del sedime preesistente, un'altezza massima di 7,50 ml., fatta salva l'eventuale altezza maggiore dell'edificio esistente e garantire il raggiungimento di una migliore qualità architettonica, anche in relazione al contesto urbanistico e paesaggistico; per gli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, tali interventi, ai sensi di legge, costituiscono interventi di sostituzione edilizia ancorché eseguiti senza contestuale incremento di volume; in ogni caso negli interventi di demolizione con ricostruzione dell'intero edificio devono essere utilizzate tecniche costruttive di edilizia sostenibile che garantiscano prestazioni energetiche migliorative rispetto ai parametri di legge;
  2. b. per i soli edifici ad uso residenziale unifamiliari, le addizioni volumetriche realizzate mediante ampliamento una tantum fino ad un massimo di 40 mq. di SE all'esterno della sagoma esistente, mentre per gli edifici bifamiliari e per quelli con SE complessiva inferiore a 350 mq. plurifamiliari, l'ampliamento una tantum fino a 25 mq. di Superficie edificata o edificabile (SE) per ciascuna unità abitativa esistente alla data di adozione del Piano Operativo. Tali ampliamenti non sono consentiti per gli edifici che abbiano già usufruito delle possibilità di ampliamento previste dal Regolamento Urbanistico previgente; l'altezza massima (Hmax) degli ampliamenti non può superare l'altezza dell'edificio di riferimento esistente. Le addizioni volumetriche devono essere realizzate in aderenza ed in continuità con le superfici utili (SU) dell'alloggio verso spazi liberi pertinenziali ed inserirsi correttamente rispetto al fabbricato esistente, evitando di impegnare vedute panoramiche e preferibilmente essere l'esito di una ristrutturazione complessiva dell'organismo edilizio, il cui fine è il miglioramento qualitativo, architettonico e funzionale, degli edifici esistenti ed anche il raggiungimento di prestazioni energetiche particolarmente qualificanti; tutti i progetti di addizione non devono comportare l'introduzione di elementi dissonanti nei prospetti dell'edificio e nella sua area di pertinenza, per la quale si deve proporre contestualmente un riordino, assicurando una adeguata qualificazione degli interventi proposti, attraverso soluzioni architettoniche appropriate al contesto, da documentare con specifici elaborati;
    in particolare, nel caso di edifici appartenenti al territorio rurale, l'appropriatezza e la compatibilità degli interventi di addizione volumetrica saranno valutate in Commissione comunale per il paesaggio tenendo conto della valenza del contesto paesaggistico di riferimento nel suo complesso, della prossimità a beni ed edifici/complessi di valore storico, tipologico, testimoniale e paesaggistico e dell'intervisibilità da e verso beni ed edifici/complessi di valore storico, tipologico, testimoniale e paesaggistico;
  3. c. per le strutture turistico-ricettive esistenti, con obbligo di mantenimento della destinazione d'uso decennale registrato e trascritto, cambi d'uso di edifici o manufatti presenti nel resede di riferimento se finalizzati all'ampliamento dei servizi ricettivi; sono altresì consentiti gli interventi comportanti addizione volumetrica con incremento della SE fino ad un massimo del 20% di quella esistente, da realizzarsi anche in tutto o in parte interrata o seminterrata e nei limiti di un'altezza massima non superiore a quella esistente. Laddove l'edificio si trovi in condizioni di forte declivio, tale intervento può comportare anche il rimodellamento del suolo a valle, al fine di reperire nuovi spazi abitabili/agibili ai piani seminterrati, ferme restando le altezze (Hmax) esistenti a monte.

3. La disciplina di tipo 5 (t5), in alternativa alle addizioni di cui al precedente comma, consente limitati rialzamenti, fino ad un massimo di 0,40 ml., di corpi fabbrica di minore altezza purché si mantenga l'altezza massima dell'edificio.

Art. 33 Disciplina di intervento di tipo 6 (t6)

1. La disciplina di intervento di tipo 6 (t6) può comportare la sostituzione edilizia degli edifici esistenti e le addizioni volumetriche agli edifici produttivi esistenti, così come definite dalle disposizioni regionali. Per tali interventi si dovranno comunque rispettare le discipline riferite ai sottosistemi o tessuti e le eventuali specifiche condizioni lì definite e le altre disposizioni del presente Titolo III Interventi.

2. Oltre a quanto già consentito per la disciplina di intervento t5, la disciplina di intervento di tipo 6 (t6), purché sia garantito il raggiungimento di una migliore qualità architettonica anche in relazione al contesto urbanistico e paesaggistico, consente:

  1. a. interventi di sostituzione edilizia di edifici esistenti con destinazione d'uso residenziale con incremento della SE fino ad un massimo del 35% di quella originaria riferita all'edificio principale; l'altezza massima del nuovo edificio non può superare 7,50 ml., fatta salva l'eventuale altezza maggiore dell'edificio esistente;
    gli interventi di sostituzione edilizia e quelli di addizione volumetrica per gli edifici residenziali di cui al precedente art. 32, lett. b sono tra di loro alternativi e non possono essere cumulati;
  2. b. interventi di sostituzione edilizia di edifici produttivi, con destinazione artigianale e industriale e commerciale all'ingrosso e depositi, con incremento della SE fino ad un massimo del 20% di quella originaria ed il raggiungimento di un'altezza massima di 10,50 ml.;
  3. c. in alternativa alla sostituzione edilizia di cui alla precedente lett. b, sono consentite le addizioni volumetriche agli edifici esistenti con destinazione d'uso industriale e artigianale e commerciale all'ingrosso e depositi con incremento fino al 20% della SE esistente, fino a un massimo di 200 mq. aggiuntivi per ciascuna unità immobiliare esistente alla data di adozione del presente Piano Operativo.

3. Tutti gli interventi di sostituzione edilizia sono consentiti solo a condizione che sia garantito l'utilizzo di tecniche costruttive di edilizia sostenibile che, anche attraverso l'impiego di impianti tecnologici e dispositivi volti al risparmio energetico, consentano al nuovo edificio il raggiungimento di prestazioni energetiche globali particolarmente qualificanti, migliorative rispetto ai parametri di legge.

Art. 34 Trasferimento dei crediti edilizi

1. Al fine della riqualificazione e del recupero urbanistico, paesaggistico e ambientale, l'Amministrazione Comunale promuove l'eliminazione degli edifici e manufatti incongrui, fatiscenti o precari.

2. Sono definiti incongrui o fatiscenti o precari quegli edifici privi di valore storico, tipologico e ambientale costruiti dopo il 1942 con uso diverso dalla residenza. In particolare:

  • Sono incongrui gli edifici costruiti originariamente come ripostigli, ricoveri, magazzini o altro, e quelli incompatibili per contrasto della funzione insediata o della tipologia della costruzione rispetto al contesto urbanistico o ambientale, per i quali valgono i tipi di disciplina t5 o t6;
  • Sono fatiscenti gli edifici di cui al punto precedente che per vetustà o per il prolungato inutilizzo risultano in condizioni di parziale rovina o comunque di degrado strutturale;
  • Sono precari i manufatti realizzati in legno, lamiere, lastre in materiale plastico o fibrocemento e materiali di recupero di varia natura.

3. In coerenza con la legislazione regionale e statale in materia, l'Amministrazione Comunale può riconoscere, a titolo di credito edilizio, diritti edificatori derivanti dalla demolizione senza ricostruzione di edifici incongrui o fatiscenti autorizzati o comunque risultanti da atti pubblici, da utilizzare con le modalità indicate nei successivi commi.

4. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano agli edifici che presentano le caratteristiche di cui al comma 2 appartenenti al sottosistema funzionale dei Filamenti del territorio aperto (FA) o all'insediamento diffuso, di cui al successivo art. 95, oppure collocati in aree classificate come verde complementare o verde di ambientazione, nonché all'interno dei resede degli edifici censiti, di cui al successivo art. 54. L'applicazione della presente disciplina agli annessi agricoli è subordinata alla loro preventiva deruralizzazione ai sensi della vigente normativa.

5. L'entità dei crediti edilizi riconosciuti nell'ambito di questa procedura è definita sulla base del seguente rapporto percentuale tra superfici edificate demolite e superfici edificabili da ricostruire:

  • 100% per i primi 100 mq. di SE
  • 80% per i mq di SE eccedenti i 100 mq. e fino a 500 mq.
  • 60% per i mq di SE eccedenti i 500 mq.

L'attribuzione dei crediti edilizi di cui al comma precedente è in ogni caso assentita dall'Amministrazione Comunale ed è subordinata ad un contestuale atto unilaterale d'obbligo del proprietario richiedente di volontaria rinuncia a riedificare sulla medesima area.

La demolizione senza ricostruzione di edifici incongrui o fatiscenti finalizzata all'acquisizione di un credito edilizio è subordinata alla redazione di una perizia asseverata da tecnico abilitato che ne determini la consistenza.

6. L'efficacia del credito edilizio è condizionata alla realizzazione di interventi di ripristino dello stato dei luoghi nelle aree cedenti capacità edificatoria. Il sedime liberato dall'edificio trasferito acquista contestualmente, a seconda dei casi, il sistema di paesaggio, il tipo di tessuto o i caratteri del resede del bene storico-architettonico di appartenenza.

7. Il P.O. individua le aree nelle quali trasferire le nuove superfici, stabilendone la massima potenzialità edificatoria, le caratteristiche tipologiche, nonché il numero massimo degli alloggi da realizzare. Dette aree non hanno indice proprio di fabbricabilità.

Art. 35 Interventi per la riduzione dei consumi energetici e l'impiego delle FER

1. Il P.O. persegue il contenimento dei consumi energetici degli edifici, dettando indicazioni per favorire il risparmio energetico e l'impiego di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (FER), nel rispetto delle disposizioni del P.I.T./P.P.R. e delle leggi, linee guida e regolamenti regionali e nazionali.

2. Per favorire il contenimento dei consumi energetici, le norme regionali favoriscono l'utilizzo di sistemi passivi e stabiliscono che nel calcolo del volume edificabile (o edificato) (VE) e/o della superficie edificabile (o edificata) (SE) massimi, consentiti dal Piano, non siano computati maggiori volumi, spessori e superfici finalizzati all'incremento delle prestazioni energetiche degli edifici, nei limiti dalle stesse definiti all'art. 220 della L.R. 65/2014 e s.m.i.

3. Negli interventi di recupero degli edifici esistenti dovranno essere mantenuti gli allineamenti e le pendenze delle falde dei tetti che caratterizzano le cortine di edifici urbani e rurali a cui il Piano Operativo attribuisce le discipline d'intervento t1, t2 e t3. In particolare per gli edifici a cui sono attribuite le discipline d'intervento t2 e t3 è prescritto che nella manutenzione del manto originario si debbano sostituire solo gli elementi non riparabili con altri identici o analoghi per forma, materiali e colore. Per tali edifici, laddove si intervenga a questo scopo, si prescrive di estendere a tutta la copertura i sistemi di coibentazione e ventilazione, contenendoli possibilmente all'interno dell'estradosso della copertura esistente o entro lo spessore massimo consentito dalle presenti norme (0,15 ml.), alzando il manto di copertura. In questo caso, laddove tecnicamente possibile, si deve ripristinare in gronda il preesistente spessore (anche alzando il travicello e l'eventuale falsetto) ed evitare, sulla linea di bordo della falda, rivestimenti di lattoneria, preferendo soluzioni intonacate. In tutti i casi gli interventi di coibentazione e ventilazione non devono produrre discontinuità altimetriche (gradini) nelle coperture degli edifici che hanno carattere continuo prima dell'intervento.

4. Negli edifici e complessi edilizi dei tessuti del sottosistema funzionale del Centro Storico (CS) a cui il Piano attribuisce le discipline d'intervento t1, t2 e t3 non sono consentiti gli intonaci a cappotto e gli intonaci isolanti. All'esterno dei tessuti del sottosistema funzionale del Centro Storico (CS) tali interventi sono consentiti solo qualora si documenti che non si tratti di edifici con una immagine consolidata con muratura a faccia vista, oltre all'insussistenza di elementi di pregio sulle facciate (decori, cornici, lesene, intonaci e tinteggiature originarie, ecc.) e sempre fatta salva, laddove ricadenti in ambiti soggetti a provvedimento di tutela, la specifica valutazione della Soprintendenza sull'appropriatezza e la compatibilità dell'intervento, e, negli altri casi, della Commissione comunale per il paesaggio; in tal caso è comunque da preferire la posa di intonaco isolante.

5. Fatta salva ogni disposizione sovraordinata di ordine nazionale o regionale e la vigente disciplina in ordine ai titoli abilitativi ed alle attività libere in materia di energia, l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili deve rispettare le regole e gli indirizzi definiti dal Piano Operativo in relazione alle specifiche caratteristiche del contesto e degli edifici.

6. Per l'installazione di impianti solari termici e fotovoltaici è sempre da privilegiare la collocazione dei pannelli sulle coperture degli edifici, fermo restando la preferenza all'utilizzo dei corpi edilizi secondari, più bassi e meno visibili, allo scopo di minimizzarne l'impatto. Gli elementi posti sulla copertura dovranno osservare i seguenti criteri:

  • nel caso di edifici esistenti a cui il P.O. attribuisce la disciplina d'intervento t2 e t3 è consentita l'installazione esclusivamente nella copertura di corpi edilizi secondari e/o accessori, attraverso soluzioni adeguate a garantire la compatibilità con i caratteri architettonici, storici e artistici e il rispetto del pregio architettonico e del valore storico-documentale degli stessi edifici; per gli edifici a cui il P.O. attribuisce la disciplina d'intervento t1, che identificano gli edifici e i complessi edilizi tutelati ai sensi della Parte II del D.lgs. 42/2004, valgono le stesse regole e l'installazione deve comunque essere preventivamente approvata e autorizzata dal competente organo ministeriale;
  • negli altri edifici esistenti con copertura a falda inclinata, ove non sia tecnicamente realizzabile la totale integrazione architettonica - sempre prescritta laddove possibile - come nel caso di recente ristrutturazione della copertura, i pannelli dovranno essere di norma collocati aderenti alla falda, a filo tetto, senza l'impiego di supporti che facciano assumere pendenze ed orientamenti diversi dalla falda stessa; è altresì consentita su terrazze o lastrici solari la realizzazione di tettoie fotovoltaiche, ovvero quelle in cui la struttura di copertura sia costituita dai moduli fotovoltaici e dai relativi sistemi di supporto, sostenuta da strutture leggere (legno o metallo) distinte dal fabbricato principale e libere da tutti i lati fino ad una dimensione massima non superiore al 40% del terrazzo o lastrico;
  • per gli edifici di nuova costruzione i pannelli devono essere concepiti come componenti integrate del progetto architettonico, così come per gli interventi di recupero edilizio in cui sia previsto il rifacimento integrale del tetto a edifici esistenti;
  • in ogni caso i pannelli dovranno essere arretrati rispetto al filo di gronda e mantenersi comunque, in qualsiasi punto, ad una quota inferiore rispetto a quella di colmo dell'edificio; nel caso di coperture piane, i pannelli potranno essere installati anche inclinati, purché non si determini un profilo che sporga di oltre 0,30 ml. Dal profilo dell'edificio e arretrati in modo tale da non renderli visibili dalla pubblica via; più in particolare per gli edifici prospettanti su piazze o spazi aperti di valore, la non percettibilità degli impianti da quegli stessi spazi dovrà essere dimostrata mediante documentazione fotografica, effettuata con riprese da più angolazioni ed attestata da opportune simulazioni grafiche e fotomontaggi; negli impianti solari termici gli eventuali serbatoi di accumulo dovranno essere installati all'interno delle volumetrie esistenti.

7. Per le finalità di cui al comma 1, negli edifici specialistici con superficie coperta superiore a 500 mq. a destinazione d'uso industriale e artigianale, commerciale al dettaglio e commerciale all'ingrosso e depositi, direzionale e di servizio la copertura deve essere concepita per il risparmio energetico - anche con il ricorso a tetti verdi e simili - e per l'utilizzo dell'energia solare nei seguenti casi:

  • demolizione con ricostruzione e sostituzione edilizia;
  • ampliamento e interventi di rifacimento completo della copertura;
  • ristrutturazione urbanistica;
  • nuova edificazione.

8. Nelle aree tutelate ai sensi dell'art. 136 del D.lgs. 42/2004 e s.m.i., in coerenza con il P.I.T./P.P.R., è vietata l'installazione di impianti solari termici e fotovoltaici in posizioni tali da alterare la percezione di unitarietà delle coperture del centro o del nucleo storico interessato.

Art. 36 Serre solari

1. La realizzazione di serre solari, come definite dalle norme regionali, è sempre ammessa, con esclusione degli edifici a cui il Piano attribuisce le discipline d'intervento t1, t2 e t3, nel rispetto delle seguenti prescrizioni:

  • orientamento variabile tra sud-est e sud-ovest a seconda della località;
  • assenza di importanti ombreggiamenti dovuti a edifici e/o piante;
  • superficie vetrata prevalente rispetto alla superficie totale della serra;
  • presenza di schermatura estiva dai raggi solari;
  • superfici vetrate apribili per consentire una ventilazione naturale in particolar modo nel periodo estivo;
  • non deve essere riscaldata dall'impianto di climatizzazione e non deve configurarsi come locale di abitazione e/o luogo di lavoro al fine di usufruire delle agevolazioni previste per i sistemi solari passivi;
  • il progetto della serra solare deve essere accompagnato dalla relazione prevista dall'art. 28 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, atta a documentare la specifica finalità del risparmio energetico mediante appositi calcoli energetici che quantifichino la riduzione dei consumi di combustibile fossile per il riscaldamento invernale;
  • qualora sia realizzata su balcone, la serra solare può interessare l'intera consistenza del balcone stesso; qualora sia realizzata su terrazza o resede è ammessa esclusivamente in aderenza ad un volume esistente e per una profondità non superiore a 2,50 ml.

Art. 37 Contenimento dell'impermeabilizzazione superficiale negli interventi

1. In tutti gli interventi previsti dal piano si dovrà minimizzare l'impermeabilizzazione del suolo attraverso l'uso più esteso possibile di materiali che permettano la percolazione e la ritenzione temporanea delle acque nel terreno; la realizzazione delle opere non dovrà alterare la funzionalità idraulica del contesto in cui si inseriscono, garantendo il mantenimento dell'efficienza della rete di convogliamento e di recapito delle acque superficiali.

2. Anche ai fini della prevenzione del rischio idraulico, per favorire l'infiltrazione di acqua nel sottosuolo si dovranno assumere i seguenti criteri:

  • negli interventi sugli spazi verdi prevedere opportune sistemazioni atte a consentire una corretta regimazione delle acque superficiali ed orientate a favorire l'infiltrazione nel terreno e l'aumento dei tempi di corrivazione;
  • recapitare, nelle aree impermeabilizzate, le acque superficiali in appositi bacini di accumulo evitando il convogliamento diretto in fognatura o la dispersione casuale nelle zone limitrofe.

Il convogliamento diretto delle acque piovane in fognatura o in corsi d'acqua superficiali deve essere evitato quando sia tecnicamente possibile dirigere le acque in aree adiacenti con superficie permeabile, a condizione che non si determinino danni conseguenti a ristagno e/o che non sussistano rischi di inquinamento del suolo e del sottosuolo; si devono prevedere opere di autocontenimento quando non sia verificata l'efficienza delle reti idrologiche naturali o artificiali di recapito delle acque del lotto interessato dall'intervento.

3. Le modifiche del coefficiente di deflusso conseguenti ad interventi urbanistico-edilizi comportanti la realizzazione di nuovi edifici (compresi quelli derivanti da interventi di ristrutturazione urbanistica, sostituzione edilizia o interventi di demolizione con ricostruzione) o di addizioni volumetriche a edifici esistenti con incremento di superficie coperta (SC), ovvero derivanti dalla realizzazione di piazzali e parcheggi ad uso privato, devono essere compensate mediante:

  • Il mantenimento di un quantitativo minimo di superficie permeabile di pertinenza - come definita dalle vigenti norme regionali - pari ad almeno il 30% della Superficie Fondiaria (SF); tale quantitativo può essere raggiunto con il concorso di pavimentazioni che garantiscano il passaggio e l'assorbimento da parte del terreno delle acque meteoriche, mentre almeno la metà - cioé almeno il 15% della Superficie Fondiaria - dovrà in ogni caso essere sistemato a prato e/o con piantumazioni, ovvero non essere interessata da alcun tipo di pavimentazione, sia pur drenante; si intende così favorire anche la velocità di assorbimento, riducendo al contempo la velocità di corrivazione delle acque piovane;
  • i nuovi spazi pubblici destinati a piazze, parcheggi e viabilità privata pedonale o meccanizzata, se di superficie superiore a 200 mq., dovranno essere realizzati con modalità costruttive che consentano l'infiltrazione o la ritenzione anche temporanea delle acque; sono possibili eccezioni a tale disposizione esclusivamente per dimostrati motivi di sicurezza o di tutela storico-ambientale;

4. Per gli interventi citati al precedente comma 3 e più in generale per tutte le trasformazioni comportanti la realizzazione di superfici impermeabili o parzialmente permeabili superiori a 200 mq. dovrà essere previsto il totale smaltimento delle acque meteoriche provenienti dalle coperture degli edifici e dalle altre superfici totalmente impermeabilizzate o semipermeabili nel reticolo idrografico superficiale o, in seconda istanza, alla pubblica fognatura, comunque contenendo l'entità delle portate scaricate, se del caso con la realizzazione di vasche volano o di altri idonei accorgimenti atti a trattenere temporaneamente gli eccessi di portata meteorica (aree a verde ribassate, fosse e collettori fognari, ...), così da ripristinare gli stessi livelli di sicurezza nel sistema di scolo esistente.

5. Per l'urbanizzazione dei nuovi comparti edificatori i Piani Attuativi dovranno prevedere, quale opera di urbanizzazione primaria, la realizzazione di apposite cisterne di raccolta acqua piovana, della relativa rete di distribuzione e dei conseguenti punti di presa per il successivo riutilizzo, da ubicarsi al di sotto della sede stradale, dei parcheggi pubblici o delle aree verdi e comunque in siti orograficamente idonei. La quantità di acqua che tali cisterne dovranno raccogliere dipenderà dalla massima superficie coperta dei fabbricati da realizzarsi nell'intero comparto e non dovrà essere inferiore a 50 litri/mq di SC.

6. In caso di interventi di riqualificazione di insediamenti produttivi attraverso demolizione di immobili esistenti dovrà essere rassegnata una relazione tecnica attestante:

  • il piano di demolizione e bonifica dell'area, che illustri le modalità di intervento e rimozione di tutte le possibili fonti inquinanti presenti nell'area e nel sottosuolo, quali ad esempio cisterne di carburante interrate, ecc.;
  • lo stato del sottosuolo in riferimento ad eventuali effetti di contaminazione prodotti dalla preesistente attività produttiva, sulla scorta di indagine di sito da effettuarsi attraverso sondaggi del sottosuolo, la cui localizzazione e profondità di indagine devono essere riferite al possibile impatto prodotto dalle lavorazioni dismesse.

Art. 37 bis Sensibilità degli acquiferi

1. In relazione alla classificazione della sensibilità degli acquiferi individuata dalla Carta ST IG 1 del P.T.C.P. di Siena, all'interno delle aree sensibili di classe 1 (vincolo elevato) e delle aree sensibili di classe 2 (vincolo medio) si applicano specifiche norme di tutela definite agli articoli 10.1.2 e 10.1.3 della Disciplina del P.T.C.P.

Art. 38 Disposizioni per opere, interventi e manufatti privi di rilevanza urbanistico-edilizia

1. Le opere, gli interventi e i manufatti privi di rilevanza urbanistico-edilizia sono consentiti nel rispetto delle condizioni dettate all'art. 137 della L.R. 65/2014 e s.m.i. e delle eventuali condizioni e limitazioni stabilite dalle presenti Norme in riferimento a specifici contesti e/o a particolari edifici e complessi.

2. Le opere, gli interventi e i manufatti di seguito elencati, da realizzare alle condizioni della legge regionale, non rilevano ai fini urbanistici ed edilizi nei limiti dimensionali qui prescritti:

  1. a. barbecue o caminetti - strutture di piccole dimensioni, anche dotate di cappa per convogliare i fumi e camino, destinate esclusivamente alla cottura di cibi, semplicemente appoggiate al suolo, con ingombro massimo di 2 mq. e altezza massima al colmo di 2 ml. per resede di pertinenza;
  2. b. gazebo - strutture con ingombro planimetrico a terra non superiore a 16 mq. ed altezza al colmo non superiore a 3,50 ml.; è ammesso un solo gazebo per ciascuna unità immobiliare avente proprio resede di pertinenza o per ciascun edificio condominiale;
  3. c. pergolati - manufatti di arredo di spazi esterni con altezza al colmo non superiore a 2,70 ml.; è ammessa anche l'installazione su terrazzi ed attici;
    l'installazione di pergole ombreggianti per le auto in sosta è ammessa con le seguenti limitazioni:
    • nel caso di residenze per ciascuna unità immobiliare un pergolato con ingombro planimetrico a terra di 15 mq., fino ad un massimo di complessivi 75 mq. nel caso di resede di pertinenza condominiale;
    • nel caso di attività turistico-ricettive o agrituristiche nella misura di 15 mq. per ogni camera o appartamento, fino ad un massimo di complessivi 75 mq.;
    • nel caso di attività commerciali al dettaglio, attività direzionali e di servizio, attività industriali ed artigianali, attività commerciali all'ingrosso e depositi nella misura corrispondente alla dotazione minima richiesta per la sosta stanziale;
  4. d. piccoli depositi, da collocare a terra nei giardini e resede pertinenziali, per attrezzi in legno - strutture costituite da un assemblaggio di elementi in legno a costituire un manufatto a pianta quadrilatera, appoggiate ed eventualmente ancorate al suolo - con ingombro massimo di 6 mq. per unità immobiliare e altezza utile di 2,20 ml.; nel caso di pertinenze condominiali è consentito coprire una superficie di ingombro massima complessiva di 30 mq.

3. L'istallazione dei manufatti elencati nel presente articolo non preclude la realizzazione di altri manufatti privi di rilevanza urbanistica-edilizia aventi le caratteristiche richieste dalla legge ed è comunque soggetta alla preventiva acquisizione, se dovuta, degli eventuali nulla-osta o atti di assenso comunque denominati prescritti da norme e piani sovraordinati o da discipline di settore.

Titolo IV Tutele sovraordinate

Art. 39 Immobili ed aree di interesse pubblico

1. Sono sottoposti a tutela paesaggistica gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico, ai sensi dell'art. 136 del Codice, le parti del territorio comunale oggetto di specifico provvedimento di vincolo, ovvero:

  • Zona sita nel territorio del comune di Siena (circostante abitato di Siena) (ID 9052039, D.M. 14/05/1956 G.U. 129 del 1956);
  • Zone site nel territorio del Comune di Siena, quale allargamento del vincolo a suo tempo imposto - ivi comprese alberature stradali radicate al margine esterno delle zone medesime (ID 9052001, D.M. 29/10/1965 G.U. 10 del 1966);
  • La zona del centro storico del Comune di Siena - integrazione del DM 13/06/1956 GU 161 30/06/1956 (ID 9052234, D.M. 05/01/1976 G.U. 35 del 1976);
  • Parco e la villa di Belcaro sita nel territorio del Comune di Siena di notevole interesse per la ricchezza e la vetustà della flora e per le caratteristiche della villa (ID 9052333, D.M. 07/12/1964 G.U.);
  • Zona panoramica sita nel territorio del comune di Siena (ingloba il vincolo D.M. 07/12/1964 Parco e Villa di Belcaro notificato ad personam) (ID 9052072, D.M. 15/05/1972 G.U. 15 del 1973);
  • Zona sita nel territorio del Comune di Siena (Area panoramica costituente una naturale continuazione della campagna senese prossima al centro con motivi di architettura rurale e monumentale e strade campestri di notevole valore paesistico) (ID 9052256, D.M. 16/01/1974 G.U. 58 del 1974);
  • Zona di Monsindoli e Fogliano sita nel territorio del comune di Siena (ID 9052025, D.M. 21/02/1977 G.U. 111 del 1977).

2. Per tutte le parti del territorio comunale comprese nelle zone di cui al comma 1 le trasformazioni ammissibili devono essere coerenti con la disciplina contenuta nelle Schede relative agli immobili ed aree di notevole interesse pubblico, elaborato 3B, Sezione 4, del P.I.T./P.P.R.

Art. 40 Le aree tutelate per legge

1. Sono aree tutelate per legge quelle definite all'art. 142, comma 1, del D.lgs. 42/2004 (Codice) e sono quindi assoggettate alle discipline di cui all'Allegato 8B del P.I.T./P.P.R. e sottoposte a tutela paesaggistica. Nei commi che seguono sono elencate le aree tutelate per legge che interessano il territorio del Comune di Siena.

2. Nel caso di fiumi, torrenti e corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 e relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 ml. ciascuna (art. 142, comma 1, lett. c del Codice) si devono osservare le discipline di cui all'art. 8 dell'Allegato 8B del P.I.T./P.P.R.

3. Nel caso dei territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 ml. dalla linea di battigia (art. 142, comma 1, lett. b del Codice) si devono osservare le discipline di cui all'art. 7 dell'Allegato 8B del P.I.T./P.P.R.

4. Per i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi (art. 142, comma 1, lett. f del Codice) si devono osservare le discipline di cui all'art. 11 dell'Allegato 8B del P.I.T./P.P.R.

5. Nel caso di territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'art. 2, commi 2 e 6, del D.lgs. 227/ 2001, si devono osservare le discipline di cui all'art. 12 dell'Allegato 8B del P.I.T./P.P.R.

6. Nel caso di zone di interesse archeologico si devono osservare discipline di cui all'art. 15 dell'Allegato 8B del P.I.T./P.P.R. Rientra tra le zone di interesse archeologico "Poggio La Piana" 90520320188; il bene archeologico, presentando anche valenza paesaggistica è individuato quale zona di interesse archeologico ai sensi dell'art. 142, comma 1, lett. m) del Codice.

Art. 41 Potenziale archeologico

1. In tutto il territorio comunale ogni azione di trasformazione, sia connessa ad interventi urbanistico-edilizi, sia che attenga alle sistemazioni agrarie e dell'assetto ambientale e paesaggistico, è condizionata alla salvaguardia di eventuali possibili rinvenimenti e scoperte di natura archeologica.

Come previsto dalle norme sovraordinate (art. 90 e ss. del D.lgs. 42/2004, artt. 822, 823 e 826 del Codice Civile, art. 733 del Codice Penale), qualora durante i lavori di escavazione si verificassero scoperte archeologiche fortuite, è fatto obbligo di sospendere i lavori e avvertire entro 24 ore la Soprintendenza competente, il Sindaco o l'Autorità di Pubblica Sicurezza competente per territorio e provvedere alla conservazione temporanea dei beni rinvenuti. L'eventuale rinvenimento di emergenze archeologiche nell'area di intervento può comportare l'imposizione di varianti al progetto nonché l'effettuazione di indagini archeologiche approfondite finalizzate alla documentazione delle eventuali emergenze antiche ed ai relativi interventi di tutela.

2. Con riferimento allo Schedario delle evidenze archeologiche, che individua e articola i ritrovamenti archeologici editi e le informazioni ancora inedite o parzialmente edite secondo la consistenza del rinvenimento, il grado di conoscenza e l'affidabilità sia della fonte sia del posizionamento, il Piano Operativo suddivide il territorio secondo cinque gradi di rilevanza del potenziale. Alle zone corrispondenti a tale articolazione, rappresentate nella Carta del potenziale archeologico, si applica quanto indicato ai successivi commi.

3. Le zone a potenziale archeologico di grado 1 corrispondono ad aree con assenza di informazioni di presenze archeologiche note. Per il grado 1 non sono richiesti comportamenti particolari, oltre quanto richiamato al comma 1.

4. Le zone a potenziale archeologico di grado 2 corrispondono ad aree con presenza di elementi fossili del territorio non direttamente connessi ad attività antropiche (ad esempio paleoalvei) note attraverso fonti e cartografia storica, fotografie aeree, prospezioni non distruttive. Per il grado 2 non sono richiesti comportamenti particolari, oltre quanto richiamato al comma 1.

5. Le zone a potenziale archeologico di grado 3 corrispondono ad aree con attestazione bibliografica di rinvenimento precedente e/o attestazione d'archivio collocabile in modo generico all'interno di un areale definito. Fermo restando quanto richiamato al comma 1, tenendo conto delle ricognizioni bibliografiche e d'archivio delle evidenze archeologiche note per il grado 3 per ogni intervento di movimentazione di terra ed escavazioni dovrà essere data comunicazione di inizio dei lavori al Settore archeologico della Soprintendenza competente affinché possano essere attivate le procedure per la sorveglianza archeologica.

Le attività di sorveglianza archeologica, i cui costi sono interamente a carico della committenza, dovranno essere eseguite da personale specializzato, il cui curriculum verrà sottoposto all'approvazione della Soprintendenza competente preventivamente all'inizio dei lavori, sotto la Direzione scientifica della Soprintendenza competente, alla quale andrà consegnata tutta la documentazione, redatta secondo le norme dalla stessa prescritte. Dovranno inoltre essere comunicati la tempistica prevista per gli interventi nonché, con congruo anticipo, l'effettivo inizio lavori.

6. Le zone a potenziale archeologico di grado 4 corrispondono ad aree con presenza archeologica nota con una certa precisione, dotata di coordinate spaziali ben definite anche se suscettibili di margini di incertezza dovuti alla georeferenziazione o al passaggio di scala da cartografie di periodi cronologici differenti.

Per il grado 4 è prevista la comunicazione alla Soprintendenza competente per ogni intervento di movimentazione di terra in fase di studio di fattibilità.

Il soggetto proponente dovrà presentare la documentazione progettuale comprendente quanto previsto in materia di verifica di interesse archeologico e in particolare quanto indicato all'art. 25 del D.lgs. 50/2016 e cioè esiti delle indagini geologiche e eventuali indagini archeologiche pregresse, con particolare attenzione ai dati d'archivio e bibliografici reperibili, all'esito delle ricognizioni volte all'osservazione dei terreni, alla lettura della geomorfologia del territorio, nonché, per le opere a rete, alle fotointerpretazioni. Ai sensi della disciplina di legge in materia di verifica di interesse archeologico la Soprintendenza può avviare il procedimento di verifica preventiva dell'interesse archeologico, i cui oneri sono interamente a carico della stazione appaltante.

7. Le zone a potenziale archeologico di grado 5 corrispondono ad aree con presenza archeologica nota con accuratezza topografica derivante da scavi archeologici, ricognizioni di superficie, aereo-fotointerpretazione, prospezioni geofisiche o qualsiasi altra tecnica di telerilevamento, dotata di coordinate spaziali ben definite se non addirittura caratterizzata da emergenze architettoniche più o meno evidenti anche se non soggette a vincolo archeologico.

Per il grado 5 ogni intervento è subordinato all'approvazione della Soprintendenza competente. Le aree oggetto di intervento saranno sottoposte all'esecuzione di indagini diagnostiche e/o saggi archeologici finalizzati a verificare la fattibilità delle opere.

Art. 42 Zone speciali di conservazione

1. Nel territorio comunale di Siena ricade parte della Zona Speciale di Conservazione ZSC "Montagnola Senese" della Rete Natura 2000, riconosciuta con D.M. 24/05/2016 e con il codice IT5190003. Inoltre a ridosso del confine comunale, ad est, è localizzata la Zona Speciale di Conservazione/Zona di Protezione Speciale ZSC/ZPS "Crete di Camposodo e Crete di Leonina" codice IT5190004.

2. Le Zone speciale di conservazione sono sottoposte a specifica normativa europea, nazionale e regionale: Direttive 1992/43/CEE (Habitat) e Direttiva 2009/147/CE, Legge 394/1991, D.P.R. 357/1997, D.M. 17/10/2007, D.M. 27/04/2010, D.G.R. n. 644/2004, D.G.R. n. 454/2008, D.G.R. n. 916/2011, D.G.R. n. 1006/2014, L.R. 30/2015, D.C.P. n. 25/2015, D.G.R. n. 1223/2015, D.G.R. n. 1319/2016 e D.G.R. n. 119/2018 o le più stringenti disposizioni che saranno dettate dal Piano di Gestione.

3. Per limitare l'impatto su habitat e specie tutelati, si dovrà:

  • limitare la circolazione motorizzata su strade e piste ad uso forestale agli interventi di interesse pubblico, ai tagli selvicolturali, ad altri interventi privati autorizzati e sottoposti a preliminare studio di incidenza;
  • non consentire la fruizione sportivo-ricreativa di percorsi, piste e aree aperte con mezzi motorizzati di qualsiasi natura;
  • limitare la sosta delle auto e dei mezzi motorizzati alle aree destinate a parcheggio fatte salve le categorie fragili e manifestazioni pubbliche autorizzate al fine di razionalizzare il carico turistico;
  • incentivare la conservazione (anche in caso di interventi edilizi o forestali) delle strutture esistenti, naturali e artificiali, utilizzate o potenzialmente sfruttabili da specie animali per il ricovero, la riproduzione o lo svernamento (alberi cavitati, ruderi, solai, ecc.);
  • promuovere una gestione forestale coerente con le necessità di tutela per assicurare uno stato di conservazione di habitat e specie di interesse conservazionistico;
  • prevenire i rischi di incendio e la diffusione di specie alloctone negli ambienti forestali;
  • mantenere o ripristinare elementi naturali e seminaturali caratteristici del paesaggio agrario con alta valenza ecologica quali stagni, laghetti, acquitrini, prati umidi, maceri, torbiere, sfagneti, pozze di abbeverata, fossi, muretti a secco, terrazzamenti, pascoli, siepi, filari alberati, canneti, risorgive e fontanili, vasche in pietra, lavatoi, abbeveratoi, pietraie.

4. Nella presentazione di piani e progetti, inclusi i Programmi Aziendali Pluriennali di Miglioramento Agricolo Ambientale è opportuno introdurre, se pertinenti, gli interventi di miglioramento ambientale per la salvaguardia e il miglioramento di specie ed habitat tutelati nella ZSC.

5. Qualsiasi piano, progetto o intervento che interessa in tutto o in parte siti della Rete Natura 2000 e anche qualsiasi piano, progetto o intervento ricadente all'esterno dei siti ma che può avere effetti o produrre incidenze significative su di essi deve comunque essere sottoposto alla procedura di Valutazione di Incidenza (Screening), di cui alla L.R. 30/2015 e in particolare agli articoli 87 e 88, con le modalità definite dalla D.G.R. 119/2018.

Sono esclusi dal procedimento di Valutazione di Incidenza solamente i casi di cui all'art. 90 della L.R. 30/2015 e le attività, progetti e interventi elencati nell'All. A della D.G.R. 119/2018.

Titolo V Fattibilità geologica, idraulica e sismica

Art. 43 Condizioni di Fattibilità

1. La fattibilità esprime le condizioni di attuazione delle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali che possono essere differenziate secondo 4 classi di fattibilità. La valutazione della fattibilità di un intervento si ottiene dalla sovrapposizione della pericolosità dell'area con la tipologia d'intervento urbanistico in previsione.

Il regolamento di attuazione 53/R della L.R. 1/2005 prevede la definizione di categorie di fattibilità contraddistinte in relazione agli aspetti geomorfologici, sismici ed idraulici.

2. Al fine di giungere più facilmente alla sintesi delle problematiche legate ad ogni previsione urbanistica, si sono evidenziati in un unico estratto cartografico i seguenti aspetti:

  • fattibilità geologica
  • fattibilità sismica
  • fattibilità idraulica.

Le fattibilità degli interventi sono rappresentate in estratti in formato A3 in scala 1:2.000 o 1:5.000, in coerenza con le relative tavole urbanistiche; a seguito di ogni estratto è allegata la rispettiva scheda di fattibilità che riassume le prescrizioni, i vincoli e condizionamenti per l'attuazione dell'intervento.

Al fine di agevolare la lettura dei vincoli e condizionamenti presenti nell'intero territorio comunale circa l'attuazione degli interventi previsti nel Piano Operativo, sono state riportate anche le classi di pericolosità da fenomeni geomorfologici di versante del PAI (ex Bacino Fiume Ombrone) e le pericolosità di PGRA.

Viene inoltre riportato con apposita campitura il reticolo idrografico così come definito e aggiornato con D.C.R.T. 20/2019 e relativa tutela dei 10 ml. dai corsi d'acqua.

Art. 44 Fattibilità geologica

1. classe F.G.1. - fattibilità senza particolari limitazioni

Si riferisce agli interventi per i quali possono non sono dettate condizioni di fattibilità particolari dovute a limitazioni di carattere geomorfologico. È attribuita alle previsioni di intervento di modesta consistenza, inferiore o uguale alla volumetria corrispondente alla 1^ classe di indagini della D.G.R. 36/R, ricadenti in aree con pericolosità geologica bassa (G.1). Per tali previsioni non sono indicate particolari prescrizioni, salvo comunque quanto previsto dalla normativa vigente nell'edilizia.

2. classe F.G.2. - fattibilità con normali vincoli

Si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali per le quali si ritiene necessario predisporre una tipologia di indagini e/o specifiche prescrizioni ai fini della valida formazione del titolo abilitativo all'attività edilizia. Per tali previsioni le eventuali prescrizioni sono specificate alla luce delle risultanze delle indagini geologiche e geotecniche da eseguirsi in sede di progettazione assieme agli aspetti riguardanti scavi delle fondazioni, affrontati nella relazione geologica e geotecnica del progetto. Le condizioni di attuazione devono basarsi su una apposita indagine geognostica e attenersi alle indicazioni e/o specifiche contenute nella scheda di fattibilità. Non sono da prevedersi indagini di dettaglio a livello di area complessiva, fatto salvo la specifica richiesta da parte di competenti commissioni esaminatrici in relazione alla realizzazione di interventi ritenuti rilevanti sul territorio in prossimità di aree critiche dal punto di vista geomorfologico.

3. classe F.G.3. - fattibilità condizionata

Le problematiche geomorfologiche rilevate nelle aree comprese in questa classe di fattibilità sono determinate da situazioni fisico-ambientali di dissesto potenziale e/o in atto o possono essere innescate e/o aggravate dalla presenza di opere antropiche che interagiscono negativamente con le dinamiche e gli assetti idrogeomorfologici e nello specifico quelle che mostrano propensione ai fenomeni di instabilità dei versanti, ruscellamento superficiale in aree instabili, progressiva erosione superficiale diffusa dei terreni, comprimibilità dei terreni ecc. La compatibilità degli interventi ricadenti in tali aree è condizionata agli esiti derivanti dagli approfondimenti di indagine da svolgersi in sede di piani attuativi o, in loro assenza, in sede di predisposizione dei progetti edilizi. La realizzazione degli interventi di nuova edificazione o nuove infrastrutture è subordinata all'esito di idonei studi geologici, idrogeologici e geotecnici finalizzati alla verifica delle effettive condizioni di stabilità ed alla preventiva o contestuale realizzazione degli eventuali interventi di messa in sicurezza ed alle indicazioni e/o specifiche contenute nella scheda di fattibilità.

Questa classe di fattibilità è attribuita anche alle previsioni di intervento ricadenti in aree con pericolosità geologica media (G.2) di volumetria superiore a 1.500 mc. e/o con realizzazione di sbancamenti o riporti superiori a 2,50 ml. di altezza.

4. classe F.G.4. - fattibilità limitata

L'attuazione delle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali che ricadono all'interno di questa classe di fattibilità è subordinata alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza, consolidamento e bonifica, miglioramento dei terreni e tecniche fondazionali particolari che sono individuati sulla base di specifiche campagne geognostiche e definiti in sede di redazione del Piano Operativo. Rimane pertanto auspicabile consentire gli interventi e le trasformazioni a fattibilità limitata nel caso in cui non siano possibili altre localizzazioni più favorevoli ovvero nei casi in cui le alternative possibili risultino significativamente più onerose in termini di bilancio ambientale, economico e sociale. Sono consentiti interventi di miglioramento delle condizioni di rischio dell'area per i quali sia dimostrato il non aggravio delle condizioni di stabilità delle aree adiacenti e comunque subordinati all'esito di idonei studi geologici, idrogeologici e geotecnici.

Tale classe di fattibilità è attribuita anche alle previsioni di intervento ricadenti in aree con pericolosità geologica elevata (G.3) che possono interferire con la vicinanza di frane quiescenti, scarpate attive e creste.

Tutti gli interventi sono realizzabili secondo le condizioni riportate al punto 3.2.1 del D.P.G.R. 53/R, relativamente alle situazioni caratterizzate da pericolosità geologica molto elevata.

5. nf - non fattibile

In condizioni di pericolosità geologica molto elevata (G.4) derivante da fenomeni di instabilità in atto non sono consentiti previsioni e interventi di nuova edificazione o nuove infrastrutture in assenza di preventiva esecuzione di interventi di messa in sicurezza secondo le modalità del punto 3.2.1 del D.P.G.R. 53/R.

6. Per gli interventi edilizi minori valgono le indicazioni dell'Abaco di fattibilità riportato al successivo art. 47.

Art. 45 Fattibilità idraulica

1. classe F.I.1. - fattibilità senza particolari limitazioni

Attribuibile a situazioni caratterizzate da pericolosità bassa sulle quali non è necessario indicare specifiche condizioni di fattibilità dovute a limitazioni di carattere idraulico, come ad esempio in caso di aree collinari per le quali non vi siano notizie storiche di inondazioni e siano in situazioni favorevoli di alto morfologico.

In attuazione del regolamento regionale 53/R e compatibilmente con le disposizioni di cui alla L.R. 41/2018, per l'attuazione delle previsioni urbanistiche e infrastrutturali non sono necessarie prescrizioni specifiche dovute a limitazioni di carattere idraulico.

2. classe F.I.2. - fattibilità con normali vincoli

Attribuibile a quelle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali classificate nel Piano Strutturale a pericolosità idraulica media (I.2). In attuazione del regolamento regionale 53/R e compatibilmente con le disposizioni di cui alla L.R. 41/2018, per l'attuazione delle previsioni urbanistiche e infrastrutturali non è necessario indicare le condizioni di fattibilità dovute a limitazioni di carattere idraulico ai fini della valida formazione del titolo abilitativo dell'attività edilizia.

Al fine di perseguire un maggiore livello di sicurezza e comunque non peggiorare quello esistente, nella realizzazione degli interventi dovranno essere rispettate le condizioni definite nelle presenti Norme relativamente alla regimazione delle acque superficiali ed all'assetto del reticolo idrografico.

3. classe F.I.3. - fattibilità condizionata

Attribuita nelle schede di fattibilità a quelle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali ricadenti in aree classificate nel Piano Strutturale a pericolosità idraulica elevata (I.3) (pericolosità per alluvioni poco frequenti) e molto elevata (I.4) (pericolosità per alluvioni frequenti) per le quali sono stati individuati gli interventi di messa in sicurezza definiti nello studio idraulico di supporto al Piano Operativo attuabili secondo quanto disposto dalla L.R. 41/2018, oltre a quanto già previsto dalla Pianificazione di Bacino.

4. classe F.I.4. - FATTIBILITÀ LIMITATA

La fattibilità FI4 non risulta attribuita a nessuna tipologia di intervento.

Per gli interventi che ricadono in classe di pericolosità idraulica molto elevata (I.4) (aree a pericolosità per alluvioni frequenti) gli interventi possono trovare attuazione attraverso i disposti della L.R. 41/2018.

5. Per gli interventi edilizi minori valgono le indicazioni dell'Abaco di fattibilità riportato al successivo art. 47.

Art. 46 Fattibilità sismica

1. classe F.S.1. - fattibilità senza particolari limitazioni

In questi casi non è necessario indicare le condizioni di fattibilità specifiche per la fase attuativa o per la valida formazione del titolo abilitativo dell'attività edilizia; per le previsioni urbanistiche e infrastrutturali non sono necessarie prescrizioni specifiche dovute a limitazioni di carattere sismico.

2. classe F.S.2. - fattibilità con normali vincoli

In questi casi non è necessario indicare le condizioni di fattibilità specifiche per la fase attuativa o per la valida formazione del titolo abilitativo dell'attività edilizia; per le previsioni urbanistiche e infrastrutturali non sono necessarie prescrizioni specifiche dovute a limitazioni di carattere sismico.

3. classe F.S.3. - fattibilità condizionata

Tale classe di fattibilità si attribuisce in situazioni caratterizzate da pericolosità sismica elevata dove, in sede di predisposizione dei piani attuativi o, in loro assenza, in sede di predisposizione dei progetti edilizi, coerentemente con le normative in materia di costruzioni vigenti, dovranno essere valutati gli aspetti riportati al punto 3.5. del D.P.G.R. 53/R, relativamente alle situazioni caratterizzate da pericolosità sismica locale elevata. Qualora nella fase progettuale si eseguano studi di risposta sismica locale o si realizzino prove sismiche in foro, in via cautelativa si ritiene opportuno che sia adottato il più cautelativo tra i risultati dei suddetti studi di amplificazione sismica locale e le relative categorie di sottosuolo.

4. classe F.S.4. - fattibilità limitata

Questa classe di fattibilità equivale a livelli di rischio molto elevato derivanti dalla presenza di aree caratterizzate da instabilità geomorfologica. Per le porzioni di area ricadenti in questa classe di fattibilità non possono essere previsti interventi di carattere edificatorio senza la realizzazione delle opportune indagini geofisiche e geotecniche per la corretta definizione dell'azione sismica. Per l'attuazione degli interventi ci si dovrà attenere strettamente ai risultati emersi dagli studi basati su campagne geofisiche ed alle indicazioni e/o specifiche contenute nella scheda di fattibilità.

Vale comunque quanto riportato al punto 3.5. del D.P.G.R. 53/R, relativamente alle situazioni caratterizzate da pericolosità sismica locale molto elevata.

Art. 47 Attribuzione della fattibilità degli interventi attraverso l'abaco

1. Il metodo di assegnazione delle classi di fattibilità attraverso l'abaco potrà essere utilizzato per tutti gli interventi che non hanno una scheda di fattibilità specifica.

2. Per la determinazione della classe di fattibilità si procede utilizzando la tabella guida nel seguente modo:

  • si individua in quale classe di pericolosità ricade la previsione d'intervento;
  • si cerca l'intersezione con la tipologia d'intervento prevista;
  • nella casella d'intersezione della matrice si legge la classe di fattibilità corrispondente.
Pericolosità
Pericolosità Geologica Pericolosità Idraulica Pericolosità Sismica
G1 G2 G3 G4 I1 I2 I3(**) I4(**) S1 S2 S3 S4
Tipi di intervento ammessi Classe di fattibilità attribuibile
Manutenzione ordinaria, Manutenzione straordinaria, Restauro e risanamento conservativo, Ristrutturazione edilizia con demolizione senza ricostruzione ed interventi urbanistico edilizi che non comportino sovraccarico sulle fondazioni Fg1 Fg1 Fg1 Fg1 FI1 FI1 FS1 FS1 FS1 FS1
Interventi comunque denominati sul patrimonio edilizio esistente (esclusa demolizione e ricostruzione) che comportino sovraccarichi sulle fondazioni superiori al 10% (§) FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI1 FS1 FS2 FS3 nf
Interventi comunque denominati sul patrimonio edilizio esistente (esclusa demolizione e ricostruzione) che comportino aumento del carico urbanistico FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI2 FS1 FS2 FS3 nf
Interventi urbanistico-edilizi comunque denominati comportanti demolizione e ricostruzione FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI2 FS1 FS2 FS3 nf
Interventi di ampliamento:
sup < 10 mq. FG1 FG1 FG2 FG2 FI1 FI1 FS1 FS1 FS2 FS2
10 mq. < sup > 50 mq. FG1 FG2 FG3 FG3 FI1 FI2 FS1 FS2 FS3 FS3
sup > 50 mq FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI2 FS1 FS2 FS3 nf
Nuovi edifici non destinati alla permanenza continuativa di persone (comprese le serre fisse), da realizzarsi anche nel quadro di interventi comportanti demolizioni e ricostruzioni FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI2 FS1 FS2 FS3 nf
Nuova edificazione FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI2 FS1 FS2 FS3 nf
Ristrutturazione urbanistica FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI2 FS1 FS2 FS3 nf
Aree destinate ad ampliamenti e/o miglioramenti di sedi stradali esistenti e/o realizzazione di nuovi brevi tratti di viabilità di ingresso/accesso, nuova viabilità forestale e antincendio FG1 FG1 FG2 FG3 FI1 FI1 FS1 FS1 FS2 FS3
Nuova viabilità, piazze, nuovi parcheggi e/o ampliamenti di parcheggi esistenti FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI2 FS1 FS2 FS3 nf
Rinterri, riporti e rilevati di qualsiasi genere con(O):
con altezza < 3 ml. FG1 FG1 FG3 FG3 FI1 FI2 FS1 FS2 FS3 FS3
con altezza > 3 ml. FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI1 FS1 FS2 FS3 FS3
Scavi e sbancamenti di qualsiasi genere con(O):
con altezza < 3 ml. FG1 FG1 FG2 FG3 FI1 FI1 FS1 FS1 FS2 FS3
con altezza > 3 ml. FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI1 FS1 FS2 FS3 FS3
Percorsi pedonali, ciclabili e ippovie FG1 FG1 FG3 FG3 FI1 FI1 FS1 FS1 FS3 FS3
Parchi, zone destinate a verde pubblico attrezzato, impianti sportivi all’aperto:
a) per le parti a verde FG1 FG1 FG2 FG3 FI1 FI1 FS1 FS1 FS1 FS1
b) per attrezzature, sistemazioni morfologiche, movimenti terra FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI2 FS1 FS2 FS3 nf
c) per edifici di servizio (tribune, spogliatoi) FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI2 FS1 FS2 FS3 nf
Annessi rurali, garage, box auto, piscine, tettoie, box per cavalli, stalle, serre, depositi all'aperto (esclusi locali di servizio), manufatti precari, con:
sup < 50 mq. FG1 FG1 FG2 FG3 FI1 FI1 FS1 FS1 FS1 FS1
50 mq. < sup > 150 mq. FG1 FG2 FG3 nf FI2 FI2 FS1 FS2 FS3 nf
sup > 150 mq. FG1 FG2 FG3 nf FI2 FI2 FS1 FS2 FS3 nf
Impianti tecnici e reti tecnologiche (acquedotti, fognature, elettrodotti interrati, gasdotti) FG1 FG2 FG3 FG3(*) FI1 FI1 FS1 FS2 FS3 nf
Impianti ed apparati per l'eolico, impianti fotovoltaici a terra, impianti di telecomunicazioni, elettrodotti FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI1 FS1 FS2 FS3 nf
Invasi per l'accumulo di acqua FG1 FG2 FG3 nf FI1 FI2 FS1 FS2 FS3 nf

nf - non fattibile: in condizioni di pericolosità geologica molto elevata (G.4) e pericolosità sismica locale molto elevata (S.4) derivante da fenomeni di instabilità in atto non sono consentiti previsioni e interventi di nuova edificazione o nuove infrastrutture in assenza di preventiva esecuzione di interventi di messa in sicurezza secondo quanto disposto dal regolamento regionale 53/R/2011.

(O) Sarà comunque compito del professionista valutare lo specifico contesto di pericolosità locale, eseguendo gli opportuni studi e conseguenti interventi di messa in sicurezza anche per altezze minori di 3 ml.

(§) Sarà comunque compito del professionista valutare lo specifico contesto di pericolosità locale, eseguendo gli opportuni studi e conseguenti interventi di messa in sicurezza anche in presenza di sovraccarico sulla fondazione inferiore al 10%.

(**) Per quanto riguarda gli interventi che ricadono in classe di pericolosità idraulica elevata (I.3) (aree a pericolosità per alluvioni poco frequenti) e molto elevata (I.4) (aree a pericolosità per alluvioni frequenti) gli interventi possono trovare attuazione attraverso i disposti della L.R. 41/2018.

(*) L'attuazione degli interventi è subordinata a studi di approfondimento e alla definizione di interventi di consolidamento da eseguirsi in fase attuativa.

Art. 48 Interferenze con i "bottini"

1. Nella realizzazione degli interventi dovrà essere individuata con specifiche indagini (rilievi, georadar, geoelettrica ecc.) la precisa posizione del tracciato del "bottino" al fine di evitare interferenza con lo stesso.

Qualora fosse accertata l'interferenza dello stesso con gli interventi, dovranno essere presi accordi con il Settore edilizia del Comune al fine di superare le problematiche del caso.

Art. 49 Tutela dei 10 ml. dai corsi d'acqua (L.R. 41/2018)

1. Il reticolo idrografico superficiale di riferimento sul quale sono state fatte tutte le considerazioni di carattere idraulico del P.O. è stato aggiornato con quello approvato dalla Regione Toscana di cui alla L.R. 79/2012 così come aggiornato con D.C.R.T. 20/2019.

2. In tutto il territorio comunale nelle aree comprendenti le due fasce della larghezza di 10 ml. dal piede esterno dell'argine o, in mancanza, dal ciglio di sponda dei corsi d'acqua, negli alvei, nelle golene e sugli argini dei corsi d'acqua individuati nel quadro conoscitivo del PIT come aggiornato dai piani di bacino vigenti e riportati nelle carte di fattibilità, ai fini del corretto assetto idraulico è consentito quanto previsto dall'art. 3 della L.R. 41/2018.

Art. 50 Piano stralcio Assetto Idrogeologico - ex bacino regionale fiume Ombrone

1. L'Amministrazione Comunale di Siena ha trasmesso all'Autorità di Bacino Distrettuale l'osservazione al "Progetto di Piano di bacino del distretto idrografico dell'Appennino Settentrionale, stralcio Assetto Idrogeologico (PAI) per la gestione del rischio da dissesti di natura geomorfologica" relativo al territorio dei bacini del fiume Arno, del fiume Serchio e dei bacini della Toscana.

Pertanto la carta geomorfologica e la carta di pericolosità geologica depositate presso il Genio Civile per l'adozione dello Strumento Urbanistico Generale risulteranno al termine del procedimento di approvazione del nuovo Piano Strutturale completamente condivise ed adeguate agli Strumenti di Piano Sovraordinati.

Tale proposta dovrà comunque essere recepita nel PAI geomorfologico a seguito dell'approvazione tecnica nella conferenza operativa programmatica.

2. L'attuazione delle previsioni di Piano Operativo è sempre subordinata alle norme e alla cartografia del PAI in vigore.

3. Periodicamente l'Amministrazione Comunale promuove l'aggiornamento del PAI attraverso l'applicazione degli ex artt. 24 e 25 delle Norme del PAI.

Art. 51 Piano di Gestione Rischio Alluvioni (PGRA)

1. L'Amministrazione Comunale di Siena ha previsto nel corso di approvazione dello Strumento Urbanistico Generale la procedura di adeguamento al PGRA approvato definitivamente, ai sensi dell'art. 4 comma 3 del D.lgs. 219/2010, con deliberazione n. 235 del 3 marzo 2016 del Comitato Istituzionale dell'Autorità di bacino del fiume Arno Integrato.

2. L'Amministrazione Comunale promuove il riesame delle mappe delle aree con pericolosità da alluvione attraverso l'applicazione dell'art. 14 - Modifiche allea mappe delle aree con pericolosità da alluvione e del rischio della Disciplina del Piano di Gestione Rischio Alluvioni.

3. Nel Piano di Gestione Rischio Alluvioni sono individuate una prima serie di misure di prevenzione e protezione ritenute necessarie per il raggiungimento degli obiettivi di messa in sicurezza dal rischio idraulico nel territorio comunale di Siena.

4. L'attuazione delle previsioni di Piano Operativo è sempre subordinata alle norme e alla cartografia del Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni del distretto idrografico dell'Appennino Settentrionale.

Ultima modifica 24/01/2024 - 14:45