Disciplina del Piano Strutturale


Art. 9 Elementi del sistema dell'ambiente

1. I componenti del sistema dell’ambiente sono quelli appartenenti alla struttura idrogeomorfologica e quelli appartenenti alla struttura ecosistemica, corrispondenti alle componenti del patrimonio territoriale di cui ai punti a) e b) del comma 2 art. 3 della L.R. 65/14, nonché alle Invarianti Strutturali di cui agli artt. 7 e 8 della Disciplina di Piano del vigente PIT-PPR. La struttura idrogeomorfologica è riferita al sistema delle acque superficiali e profonde, alle strutture geologiche, litologiche e pedologiche, alla dinamica geomorfologica, ai caratteri morfologici del suolo. La struttura ecosistemica comprende le risorse naturali, aria, acqua, suolo ed ecosistemi della flora e della fauna.

Art. 10 Invarianti strutturali del sistema ambientale

1. Gli elementi del sistema funzionale dell'ambiente appartengono alla struttura profonda del territorio in quanto elementi fondativi dei caratteri identitari più persistenti di quei paesaggi che proprio il sistema delle acque, i caratteri geologici e l'evoluzione dei processi geomorfologici, insieme all'uso del suolo, alle dinamiche evolutive della vegetazione e al formarsi di una vasta rete ecologica, hanno generato nel corso dei secoli.

2. La tutela e la riproduzione delle risorse e del patrimonio territoriale riferibili al sistema funzionale dell'ambiente sono garantiti dalle regole per la tutela degli acquiferi e delle opere di captazione delle acque per usi idropotabili, dai criteri per la protezione dai rischi idraulici e da quelli connessi alla instabilità dei versanti e dai processi di erosione del suolo, dalle misure per la prevenzione degli inquinamenti dell'aria, dell'acqua e del suolo, dalle strategie per la salvaguardia, l'estensione e la valorizzazione della rete ecologica.

Art. 11 Tutela dell'acqua

1. L'acqua è elemento fondamentale per la vita, insostituibile, raro nell'universo, non diffuso ovunque, rinnovabile, non incrementabile, tende a soffrire di criticità dovute alla scarsità relativa (tensione fra domanda e offerta), agli inquinamenti, alle interazioni con il suolo, ai cambiamenti climatici, alle modalità gestionali. Il Comune di Poggibonsi si propone l'obiettivo, per quanto di competenza, di garantire la qualità, la rinnovabilità ed un uso appropriato della risorsa idrica.

2. Per il ciclo dell'acqua, il Comune, con le autorità e le aziende pubbliche o private, dovrà promuovere il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

  • - assicurare la manutenzione e l'ammodernamento della rete di adduzione e distribuzione dell'acqua per usi civili ed industriali, nonché della rete per la raccolta ed il collettamento delle acque reflue, al fine di limitare le perdite e di evitare quindi sia lo spreco della risorsa che la diffusione di inquinanti;
  • - assicurare la manutenzione e l'ammodernamento degli impianti di depurazione delle acque reflue;
  • - programmare e garantire il fabbisogno aggiuntivo di risorse idriche indotto dai processi evolutivi del sistema insediativo (incremento di abitanti, di attività, di servizi).
  • - garantire la persistenza della disponibilità della risorsa idrica attraverso attività di monitoraggio delle captazioni e degli acquiferi, nonché attraverso la formulazione di piani di emergenza finalizzati a fronteggiare casi di inquinamento accidentale delle falde;
  • - verificare l'efficacia degli impianti di depurazione delle case sparse, in specie nelle aree sovrastanti gli acquiferi vulnerabili di classe 1 e 2;
  • - introduzione negli atti operativi di pianificazione di misure per il risparmio, il riuso ed il riciclo dell'acqua.

Art. 12 Acque sotterranee

1. Il territorio del Comune di Poggibonsi è interessato dalla presenza di acquiferi con diverse caratteristiche e diversa importanza. L'elemento di maggior rilievo è costituito dal concentramento di acque sotterranee che, in continuità con l'acquifero strategico del Montemaggio -Montagnola, percorre i ripiani travertinosi presenti sia nelle valli dello Staggia e dell'Elsa sia sull'altopiano che a partire dal lago di S.Antonio si estende nel territorio comunale fino ai margini della città. Altri acquiferi di minore importanza accompagnano poi lo sviluppo del reticolo idrografico. In ragione di tale distinzione e della loro vulnerabilità, le aree interessate dalla presenza degli acquiferi sono suddivise in classi di sensibilità. Per le aree sensibili di classe 1 e di classe 2 sono stabiliti particolari criteri di tutela.

2. Per le aree in questione è tuttavia possibile, nell'ambito di piani urbanistici comunali o in occasione di piani attuativi di iniziativa privata, richiedere la riclassificazione delle aree con le modalità di cui all'art. 10.1.4 del vigente PTCP.

Art. 13 Tutela degli acquiferi nelle aree sensibili di classe 1

1. Nelle aree sensibili di classe 1 sono esclusi qualsiasi uso od attività in grado di generare, in maniera effettivamente significativa, l'infiltrazione nelle falde di sostanze inquinanti oppure di diminuire in modo significativo -ad esempio a causa di scavi, perforazioni o movimenti di terra rilevanti -il tempo di percolazione delle acque dalla superficie all'acquifero soggiacente, così come specificato nei commi successivi.

2. Tra gli usi e le attività di nuova realizzazione o di loro ampliamento, da ritenersi incompatibili con la tutela delle aree sensibili di classe 1 sono annoverati:

  • - la realizzazione di impianti di stoccaggio o trattamento rifiuti di qualsiasi tipo con esclusione di isole ecologiche, di centri di raccolta di cui al DM 8 Aprile 2008 e sue successive modifiche ed integrazioni finalizzati al supporto ed all'incremento della raccolta differenziata di RSU e degli impianti di recupero rifiuti speciali non pericolosi da demolizione e costruzione esercitati all'interno delle aree di cava, per la cui disciplina si rimanda al PAERP;
  • - la realizzazione di centri di raccolta, demolizione, rottamazione di veicoli fuori uso di cui al D.Lgs. 209/2003, di macchine utensili, di beni di consumo durevoli, anche domestici;
  • - attività comportanti l'impiego, la produzione, lo stoccaggio di sostanze pericolose, sostanze radioattive, così come individuate dalla vigente normativa nazionale e comunitaria, ivi comprese quelle sostanze che, in base alle loro caratteristiche di tossicità, persistenza e bioaccumulabilità, possono essere ritenute tali;
  • - la realizzazione di oleodotti.

3. Nei corpi idrici superficiali ricadenti nelle aree sensibili di classe 1 o comunque ad esse connessi, le caratteristiche qualitative delle acque devono rientrare, in tutte le condizioni di portata, in quelle stabilite per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile nella Tab. 1/A (classe A3) dell'Allegato 2 del D.Lgs. 152/2006. Tale disposizione non si applica nei casi in cui le caratteristiche qualitative delle acque eccedano i limiti per dimostrate cause naturali.

4. Nei corpi idrici di cui sopra i depuratori di reflui urbani ed industriali sono dotati, se di nuova realizzazione, di opere e di impianti accessori atti ad evitare il rischio di inquinamento connesso al fermo impianti. Tali opere ed impianti accessori sono realizzati anche nei casi di ristrutturazione ed ampliamento dei depuratori esistenti, che sono comunque adeguati in tal senso entro 3 anni dall'approvazione del piano.

5. Le pratiche colturali sono orientate alla prevenzione del dilavamento di nutrienti e fitofarmaci, in applicazione del Codice di buona pratica agricola redatto dall'ARSIA.

6. Nell'esercizio delle attività agricole è comunque da evitarsi lo spandimento di fanghi provenienti da impianti di depurazione; il quantitativo di effluente zootecnico sparso sul terreno ogni anno, compreso quello depositato dagli animali stessi, non deve superare l'apporto di azoto per ettaro, così come previsto dall'Allegato 7, Parte A IV del D.Lgs. 152/2006.

7. Negli insediamenti urbani e comprendendo in questi anche tutte le tipologie edilizie approvate sulla base dei Programmi di Miglioramento Agricolo-Ambientale, sia in fase di ristrutturazione e/o recupero, sia in fase di nuova edificazione e/o cambiamento di destinazione d'uso in abitativo e/o produttivo, ove ricadenti in aree sensibili di classe 1, gli strumenti operativi della pianificazione e il Regolamento Edilizio dovranno prevedere misure tese a limitare l'infiltrazione di sostanze inquinanti. A tal proposito le nuove fognature ed eventuali fosse biologiche dovranno essere alloggiate in manufatti a tenuta ed ispezionabili.

8. Ovunque possibile, è da privilegiare il teleriscaldamento od il riscaldamento a gas metano.

9. Le aree sensibili di classe 1 ubicate al di fuori del territorio urbanizzato, come individuato nell'articolazione territoriale del PS, dovranno rimanere preferibilmente inedificate. Eventuali previsioni edificatorie dovranno essere corredate di appositi specifici studi, da redigersi secondo quanto previsto dal vigente PTCP, a dimostrazione della compatibilità con gli obiettivi di tutela quali-quantitativa degli acquiferi. In ogni modo, dovranno essere rispettati i criteri di cui al successivo comma 11.

10. Nell'ambito delle aree già edificate, individuate dagli strumenti urbanistici con la perimetrazione del territorio urbanizzato, è consentito il riutilizzo del patrimonio edilizio e urbanistico esistente a condizione che gli interventi di trasformazione, comunque denominati (nuova costruzione, sostituzione edilizia, ristrutturazione urbanistica ... ), permettano una tutela degli acquiferi interessati commisurata al loro valore strategico ed alla effettiva qualità delle acque. In tale prospettiva, debbono considerarsi elementi di miglioramento dell'azione di tutela:

  • - la previsione di destinazioni d'uso potenzialmente meno inquinanti di quelle cui risultano attualmente destinati gli edifici ed i comparti urbani oggetto di trasformazione;
  • - l'incremento della quantità di superficie di suolo permeabile nell'ambito delle aree di intervento;
  • - l'attivazione di processi di investigazione e, se necessario, caratterizzazione ed eventuale valutazione di rischio o bonifica in coincidenza con la progettazione di interventi di trasformazione;
  • - l'individuazione, sulla base di specifiche disposizioni del RU, di tipologie costruttive che non creino vie preferenziali di infiltrazione di inquinanti dal suolo alle falde sottostanti;

11. L'esecuzione di scavi per realizzare volumi interrati, come quelli necessari per la realizzazione di invasi o piscine, è da escludersi dove la soggiacenza minima annua della falda è minore di 10 m dal piano campagna (escludendo da tale vincolo la parte pedologica superficiale di copertura della roccia in posto e/o il riporto). Per soggiacenza maggiore di 10 m dal piano campagna è possibile effettuare scavi tali che la profondità della falda dal piano di fondazione non risulti mai inferiore a 10 m.

12. In particolare tutte le opere e le attività, anche produttive, avendo come riferimento le condizioni topografiche naturali ed il livello piezometrico massimo della falda, che prevedono escavazioni sono da ritenersi:

  • - incompatibili per soggiacenza della falda minore o uguale a 10 m dal piano campagna;
  • - compatibili per soggiacenza della falda maggiore di 10 m, ma minore di 50 m dal piano campagna, qualora si prevedano interventi di escavazione che non superino il 10 % della reale soggiacenza locale;
  • - compatibili per soggiacenza della falda maggiore di 50 m, ma minore di 100 m dal piano campagna, qualora si prevedano interventi di escavazione che non superino il 15 % della reale soggiacenza locale;
  • - compatibili per soggiacenza della falda maggiore di 100 m, ma minore di 150 m dal piano campagna, qualora si prevedano interventi di escavazione che non superino il 20% della reale soggiacenza locale;
  • - compatibili per soggiacenza della falda maggiore di 150 m, qualora si prevedano interventi di escavazione che non superino il 30% della reale soggiacenza locale.

Il tutto escludendo dai vincoli suddetti la parte pedologica superficiale di copertura della roccia in posto e/o il riporto.

13. Per la regolamentazione in materia di attività estrattive insistenti in classe di sensibilità 1, si rimanda a quanto disposto negli Artt. 10.6.4 e 10.6.5 del vigente PTCP.

14. Dalle limitazioni di cui al presente articolo sono da escludersi tutti gli interventi di emergenza destinati alla messa in sicurezza di persone ed infrastrutture, nonché gli interventi volti alla realizzazione di opere pubbliche "strategiche".

Art. 14 Disciplina delle aree sensibili di classe 2

1. Nelle aree sensibili di classe 2 le attività antropiche sono orientate in modo da perseguire la limitazione delle infiltrazioni di sostanze inquinanti.

2. I depuratori di reflui urbani ed industriali sono dotati, se di nuova realizzazione, di opere e di impianti accessori atti ad evitare il rischio di inquinamento connesso al fermo impianti.

3. Tali opere ed impianti accessori sono realizzati anche nei casi di ristrutturazione ed ampliamento dei depuratori esistenti.

4. Opere ed impianti accessori atti ad evitare il rischio di inquinamento delle falde sono da prevedersi anche per la realizzazione di:

  • - impianti e strutture di depurazione di acque reflue, ivi comprese quelle di origine zootecnica;
  • - impianti di raccolta, recupero, stoccaggio o trattamento rifiuti di qualsiasi tipo;
  • - centri di raccolta, demolizione, rottamazione di veicoli fuori uso di cui al D.Lgs. 209/2003, di macchine utensili, di beni di consumo durevoli, anche domestici nonché i centri di raccolta differenziata di cui al DM 8 Aprile 2008 e sue successive modifiche ed integrazioni;
  • - attività comportanti l'impiego, la produzione, lo stoccaggio di sostanze nocive, sostanze radioattive, prodotti e sostanze chimiche pericolose, così come individuate dalla vigente normativa nazionale e comunitaria, ivi comprese quelle sostanze che, in base alle loro caratteristiche di tossicità, persistenza e bioaccumulabilità, possono essere ritenute tali;
  • - tubazioni di trasferimento di liquidi diversi dall'acqua.

5. Le pratiche colturali sono orientate alla prevenzione del dilavamento di nutrienti e fitofarmaci, in applicazione del Codice di buona pratica agricola redatto dall'ARSIA.

6. Nell'esercizio delle attività agricole lo spandimento di fanghi provenienti da impianti di depurazione è oggetto di specifico regolamento, che ne disciplina le modalità ed i limiti finalizzati alla tutela della risorsa acqua e del paesaggio.

7. In tali aree devono essere limitati allo stretto necessario i nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali.

8. Nei corpi idrici superficiali ricadenti nelle aree sensibili di classe 2 o comunque ad esse connessi, le caratteristiche qualitative delle acque devono rientrare, in tutte le condizioni di portata, in quelle stabilite per le acque per salmonidi dalla Tab. 1/B dell'Allegato 2 del D.Lgs. 152/06, fatti salvi i casi citati al terzo comma del punto 10.1.2.

9. Negli insediamenti urbani e comprendendo in questi anche tutte le tipologie edilizie approvate sulla base dei Programmi di Miglioramento Agricolo-Ambientale, sia in fase di ristrutturazione e/o recupero, sia in fase di nuova edificazione o cambiamento di destinazione d'uso in abitativo e/o produttivo, ove ricadenti in aree sensibili di classe 2, gli strumenti operativi della pianificazione e il Regolamento Edilizio dovranno prevedere misure tese a limitare l'infiltrazione di sostanze inquinanti. A tal proposito le nuove fognature ed eventuali fosse biologiche dovranno essere alloggiate in manufatti a tenuta ed ispezionabili.

10. Ovunque possibile, è da privilegiare il teleriscaldamento od il riscaldamento a gas metano.

11. La previsione di nuovi insediamenti urbanistici interessanti le aree sensibili di classe 2 dovrà sempre essere accompagnata da appositi specifici studi, da redigersi secondo quanto previsto all'art. 10.1.4 del vigente PTCP, a dimostrazione della compatibilità con gli obiettivi di tutela quali-quantitativa degli acquiferi. In ogni modo, dovranno essere rispettati i criteri di cui al successivo comma 13.

12. In tali zone, oltre alla adozione di misure tese ad evitare l'infiltrazione di sostanze inquinanti, il Piano Operativo dovrà indirizzare l'uso del territorio verso tipologie costruttive che non creino "viacoli" di inquinamento per le acque sotterranee, in altre parole che non creino vie preferenziali di infiltrazione dal suolo alle falde sottostanti escludendo da tale vincolo la parte pedologica superficiale di copertura della roccia in posto e/o il riporto.

13. La esecuzione di scavi per realizzare volumi interrati, come quelli necessari per la realizzazione di invasi o piscine, è da escludersi dove la soggiacenza minima annua della falda è minore di 10 m dal piano campagna (escludendo da tale vincolo la parte pedologica superficiale di copertura della roccia in posto e/o il riporto. La esecuzione di scavi per realizzare volumi interrati è consentita dove la soggiacenza minima annua della falda è maggiore di 10 m dal piano campagna a condizione i che la profondità della falda dal piano di fondazione non risulti mai inferiore a 10 m.

14. In particolare tutte le opere e le attività, anche produttive, avendo come riferimento le condizioni topografiche naturali ed il livello piezometrico massimo annuo della falda, che prevedono escavazioni sono da ritenersi:

  • - incompatibili per soggiacenza della falda minore o uguale a 10 m dal piano campagna;
  • - compatibili per soggiacenza della falda maggiore di 10 m, ma minore di 50 m dal piano campagna, qualora si prevedano interventi di escavazione che non superino il 15% della reale soggiacenza locale;
  • - compatibili per soggiacenza della falda maggiore di 50 m, ma minore di 150 m dal piano campagna, qualora si prevedano interventi di escavazione che non superino il 20% della reale soggiacenza locale;
  • - compatibili per soggiacenza della falda maggiore di 150 m, qualora si prevedano interventi di escavazione che non superino il 30% della reale soggiacenza locale.

15. Il tutto escludendo dai vincoli suddetti la parte pedologica superficiale di copertura della roccia in posto e/o il riporto.

16. Per la regolamentazione in materia di attività estrattive insistenti in classe di sensibilità 2, si rimanda a quanto disposto negli artt. 10.6.4 e 10.6.5 delle norme del vigente PTCP.

17. Dalle suddette limitazioni sono da escludersi tutti gli interventi di emergenza destinati alla messa in sicurezza di persone ed infrastrutture nonché gli interventi volti alla realizzazione di opere pubbliche "strategiche".

Art. 15 Tutela delle opere di captazione

Ai fini della tutela delle opere di captazione di acqua destinata al consumo umano sono individuate le relative aree di salvaguardia ai sensi dell'art. 94 del D.Lgs 152/2006:

  • - Zona di tutela assoluta. Si estende per almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e destinata esclusivamente alle stesse opere di captazione o di presa e ad infrastrutture di servizio.
  • - Zona di rispetto. In assenza di specifica individuazione da parte della Regione ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione ed è soggetta al divieto di insediamento dei centri di pericolo e di svolgimento delle attività elencate all'art. 94, comma 4, del D.Lgs 152/2006.
  • - Nelle aree di tutela delle opere di captazione di acqua destinata al consumo umano si applicano le disposizioni di cui all'art. 13 della presente Disciplina.

Art. 16 Acque superficiali: fiumi torrenti e corsi d'acqua

1. I fiumi, torrenti e corsi d'acqua presentano uno specifico valore nell'ambito del sistema funzionale dell'ambiente in quanto riferibili sia alla struttura idrogeomorfologica che a quella eco sistemica.

2. I principali fiumi, torrenti e corsi d'acqua del Comune di Poggibonsi, secondo il censimento del SIRA, sono i seguenti: Borro del Cepparello, Borro del Molinuzzo, Borro della Valle, Borro di Granaio, Borro di Lecchi, Borro di Melachecca, Borro di Papaiano, Borro Gamberana, Borro Gli Amaioni, Borro Ribaldoni, Borro Ritorti, Borro Santa Lucia, Borro Senese, Borro Sornano, Borro Staffa, Borro Strolla, Botro del Bacchereto, Botro del Pescinale, Botro dell'osole, Botro di Liscia, Botro di Monte Cuccheri, Botro di Vallebona, Fiume Elsa, Fosso Amboiana, Fosso di Bacio, Fosso di Cedda, Fosso di Talciona, fosso di Vallina, Torrente Bozzone, Torrente Carfini, Torrente Drove, Torrente Drove di Cinciano, Torrente Drove di Tattera, Torrente Foci, Torrente Staggia.
Appartiene alle acque superficiali anche il lago di S.Antonio.

Art. 17 Aree interessate dal rischio idraulico

1. Come rappresentato nella Carta della Pericolosità Idraulica e nelle tavole grafiche e negli elaborati analitici dello studio idraulico, le verifiche eseguite evidenziano l’esistenza di rischi di esondazione in alcune aree del territorio comunale. Gli strumenti operativi della pianificazione dovranno approfondire gli studi in funzione delle specifiche previsioni urbanistiche. In particolare, sono state riscontrate criticità lungo il fiume Elsa, il torrente Staggia, il torrente Foci, il torrente Drove, e altri corsi d’acqua minori.

2. Criticità lungo il fiume Elsa:

  • - Allagamento in sinistra idraulica in Loc. Molino d’Elsa per eventi con TTR=30 anni o maggiori e battenti di TR200 superiori ad 1.5 metri;
  • - Allagamento in sinistra idraulica presso l’area sportiva per eventi con TR=30 o maggiori e battenti di TR200 anche superiori 2 metri;
  • - Allagamento in destra idraulica in Loc. La Gora per eventi con TR=30 anni o maggiori con interessamento dei fabbricati più prossimi al corso d’acqua;
  • - Allagamento in sinistra idraulica in Loc. Bocca d’Elsa per eventi con TR=30 anni o maggiori con battenti di TR200 anche superiori a 2 metri ed interessamento dei primi fabbricati industriali verso Loc. Palagetto;
  • - Allagamento in destra idraulica in Loc. Lame di Fondo per eventi con TR=30 anni o maggiori con battenti di TR200 anche superiori a 2 metri.

3. Criticità lungo il Torrente Staggia:

  • - Allagamento in destra idraulica in Loc. La Magione per eventi con TR=30 anni o maggiori e battenti di TR200 anche superiori a 2 metri;
  • -Allagamento in destra idraulica in Loc. Bernino per eventi con TR=30 anni o maggiori e battenti di TR200 compresi tra 2 e 3.5 metri, con interessamento degli impianti sportivi e dell’acquedotto;
  • - Allagamento in sinistra idraulica all’altezza del ponte in Loc. Bernino con interessamento di un’ampia porzione del centro urbano per eventi con TR=200 o maggiori e battenti fino a circa 80 cm, oltre ad allagamento dei piani interrati;
  • - Allagamento in sinistra e destra idraulica all’altezza del ponte di Via della Costituzione con interessamento di un’ampia porzione del centro urbano per eventi con TR=200 o maggiori e battenti fino a circa 80 cm, oltre ad allagamento dei piani interrati;
  • - Allagamento in destra idraulica a partire dallo stadio fino alla confluenza con il Torrente Drove per eventi con TR=200 o maggiori e battenti fino a circa 1.5-2 m;
  • - Allagamento in sinistra idraulica in prossimità della confluenza con il Torrente Drove per eventi con TR=200 anni o maggiori con battenti esigui;
  • - Presenza di franchi di sicurezza minimi (anche pochi centimetri) sugli argini di contenimento lungo il tratto urbano e su alcuni attraversamenti, anche per eventi con tempo di ritorno pari a 30 anni.

4. Criticità lungo il torrente Foci:

  • - Allagamento in destra idraulica in prossimità della confluenza con il Fiume Elsa per eventi con TR=30 anni o maggiori, con interessamento di numerosi fabbricati industriali adiacenti al corso d’acqua;
  • - Allagamento in destra idraulica nella porzione di monte dell’area industriale, con interessamento della viabilità principale ed alcuni fabbricati industriali per eventi con TR=200 anni o maggiori;
  • - Allagamenti diffusi lungo il Borro della Valle/Borro di Orneto ed il Borro di Vallina con interessamento di numerosi fabbricati industriali per eventi con TR=30 anni o maggiori;
  • - Presenza di franchi di sicurezza esigui (inferiori a 50 centimetri) rispetto ai piazzali dei fabbricati industriali e alla viabilità più prossimi al corso d’acqua;

5. Criticità lungo il torrente Drove:

  • - Allagamento in sinistra idraulica in corrispondenza dell’area industriale Drove per eventi con TR=30 anni o maggiori e battenti di TR200 fino a circa 2 metri, con interessamento di numerosi fabbricati industriali;
  • - Allagamento a valle della confluenza con il Torrente Staggia per effetto di esondazione da monte in prossimità dell’area artigianale-commerciale di Via Pisana per eventi con TR=30 anni o maggiori, con interessamento di numerosi fabbricati.

Art. 18. Classi di pericolosità idraulica

1. Il territorio comunale è suddiviso in 4 classi di pericolosità idraulica sulla base delle quali verrà determinata in fase di R.U., in rapporto alle singole previsioni urbanistiche, la fattibilità degli interventi sulla base di quattro diverse classi.

2. Pericolosità idraulica molto elevata (I.4). Sono le aree interessate da allagamenti per eventi con tempo di ritorno trentennale. Fuori dalle aree potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici e idraulici, rientrano in classe di pericolosità molto elevata le aree di fondovalle non protette da opere idrauliche e per le quali ricorrano contestualmente le seguenti condizioni:

  • - vi siano notizie storiche di inondazioni;
  • - siano morfologicamente in situazione sfavorevole: di norma a quote altimetriche inferiori rispetto alla quota posta a metri 2 sopra il piede esterno dell'argine o, in mancanza, sopra il ciglio di sponda.

3. Pericolosità idraulica elevata (I.3) Sono le aree interessate da allagamenti per eventi compresi tra un tempo di ritorno di trenta anni e un tempo di ritorno di duecento anni. Fuori dalle aree potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici e idraulici, rientrano in classe di pericolosità elevata le aree di fondovalle per le quali ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

  • - vi siano notizie storiche di inondazioni;
  • - siano morfologicamente in condizione sfavorevole di norma a quote altimetriche inferiori rispetto alla quota posta a metri 2 sopra il piede esterno dell'argine o, in mancanza, sopra il ciglio di sponda.

4. Pericolosità idraulica media (I.2). Sono le aree interessate da allagamenti per eventi compresi tra un tempo di ritorno di duecento anni e un tempo di ritorno di cinquecento anni. Fuori dalle UTOE potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici e idraulici rientrano in classe di pericolosità media le aree di fondovalle per le quali ricorrano le seguenti condizioni:

  • - non vi siano notizie storiche di inondazioni;
  • - siano in situazione di alto morfologico rispetto alla piana alluvionale adiacente, di norma a quote altimetriche superiori a metri 2 rispetto al piede esterno dell'argine o, in mancanza, al ciglio di sponda.

5. Pericolosità idraulica bassa (I.1): Sono le aree collinari o montane prossime ai corsi d'acqua per le quali ricorrono le seguenti condizioni:

  • - non vi siano notizie storiche di inondazioni;
  • - siano in situazioni favorevoli di alto morfologico, di norma a quote altimetriche superiori a metri 2 rispetto al piede esterno dell'argine o, in mancanza, al ciglio di sponda.

6. Sulla base delle classi di pericolosità stabilite dal P.S. e dal P.G.R.A., gli strumenti operativi della pianificazione individuano, mediante integrazioni ed approfondimenti delle indagini svolte con il PS, gli interventi realizzabili nelle diverse aree del territorio comunale nel rispetto di quanto stabilito agli artt. 6, 7 e 8 del DPCM 06/05/2005.

Art. 19 Opere di protezione e prevenzione del rischio idraulico

1. La manutenzione di sponde, argini e opere idrauliche in funzione della protezione e della prevenzione del rischio idraulico, è attuata mediante opere di difesa passiva (briglie,argini, casse di laminazione, etc.) e interventi di difesa attiva volti ad un incremento della capacità di ritenzione idrica del suolo e l'aumento dei tempi di concentrazione e corrivazione delle acque di ruscellamento superficiale. A tal fine sono individuate le pertinenze degli ambiti fluviali come luoghi privilegiati per eventuali interventi di naturalizzazione.

Art. 20 Tutela del suolo

1. Il miglioramento prestazionale complessivo della risorsa suolo è legato:

  • - all'innalzamento qualitativo e quantitativo della biodiversità;
  • - all'incremento degli spazi vegetati nei tessuti urbani;
  • - al mantenimento dei corridoi biologici e alla realizzazione della rete ecologica;
  • - al contenimento del nuovo consumo di suolo;
  • - al contenimento dell'impermeabilizzazione del suolo.

2. Il consumo di suolo è inteso sia come erosione dei terreni liberi tramite la crescita urbana attuata con modelli estranei rispetto ai contesti urbanizzati e storicamente consolidati, sia come privazione di qualità dei suoli e come danneggiamento dei valori estetico percettivi dei luoghi. Il contenimento del nuovo consumo di suolo contribuisce, infatti, a raggiungere obiettivi di tutela paesistica, di salvaguardia ambientale,di efficienza insediativa. Il Comune di Poggibonsi si propone, pertanto, di non incrementare il consumo di nuovo suolo e di assumere il patrimonio edilizio non utilizzato o utilizzato impropriamente e l'uso efficiente del territorio urbanizzato quali fattori per il controllo dello sviluppo insediativo e per il dimensionamento del Piano Strutturale.

3. In conformità al PTCP, si definisce utilizzo di suolo, diverso dal consumo di nuovo suolo, l'insieme di interventi necessari a dare risposta a esigenze di sviluppo sociale ed economico e a fabbisogni abitativi che siano conformi alle condizioni statutarie definite dal PS. Sono componenti dell'utilizzo di suolo:

  • - le opzioni di recupero di suolo già urbanizzato;
  • - le saturazioni urbane e i completamenti dei centri abitati che rispettano i modelli insediativi consolidati e ne costituiscono evoluzioni compatibili con il mantenimento dei valori paesistici e delle prestazioni di efficienza ambientale.

4. Nel rispetto della normativa regionale vigente, il PS contiene dati relativi alla capacità massima di carico insediativo, espressa per funzioni e in superficie utile lorda, valutato in ordine alla sostenibilità ambientale e tenendo conto delle prospettive di sviluppo, delle condizioni di disagio abitativo, delle possibilità di recupero del patrimonio edilizio esistente, delle possibilità di ripristino di aree degradate, delle opportunità di utilizzo di suolo già urbanizzato o "compromesso". La definizione delle dimensioni massime sostenibili di PS è effettuata in coerenza con i criteri e le disposizioni di cui all’art. 92 comma 4 lettera c) della L.R. 65/14, nonché all’art. 5 del DPGR 32/R/2017.

5. Le esigenze legate al fabbisogno abitativo potranno essere soddisfatte, oltre che con il riutilizzo di edifici esistenti nel territorio comunale, mediante la rigenerazione di aree urbane, le saturazioni o completamenti che, nel rispetto del PIT e del PTCP vigenti, dovranno collocarsi in aree strettamente contigue ai centri abitati esistenti, in maniera che costituiscano e vengano percepiti come la naturale evoluzione degli stessi, nel rispetto dei criteri di efficienza urbana e dei valori paesistici.

6. Laddove il PO preveda la realizzazione di nuovi edifici o ampliamenti di edifici esistenti che comportino rilevante incremento della superficie coperta, dovranno essere previsti impianti di accumulo per l'immagazzinamento e il riutilizzo delle acque meteoriche dilavanti non contaminate. Tali impianti dovranno essere dimensionati in relazione alla maggiore superficie impermeabile degli interventi e dovranno evitare incrementi di carico idraulico sulla rete fognaria e sul reticolo idraulico superficiale.

Art. 21 Erosione e dissesti

1. In materia di erosione e dissesti, secondo la legislazione vigente in materia e secondo il vigente PTCP, il PS persegue i seguenti obiettivi:

  • - eliminare i rischi per gli insediamenti connessi alla instabilità dei versanti;
  • - ricondurre ad una dimensione fisiologica i processi di erosione del Suolo.

2. Per la caratterizzazione del territorio in funzione della pericolosità, le criticità riscontrate sono state integrate con quelle individuate nel piano di bacino ed il il territorio comunale è stato conseguentemente suddiviso nelle seguenti classi:

  1. G4. Pericolosità geologica molto elevata: aree in cui sono presenti fenomeni attivi e relative aree di influenza, aree interessate da soli flussi.
  2. G.3. Pericolosità geologica elevata: aree in cui sono presenti fenomeni quiescenti; aree con potenziale instabilità connessa alla giacitura, all'acclività, alla litologia, alla presenza di acque superficiali e sotterranee, nonché a processi di degrado di carattere antropico; aree interessate da intensi fenomeni erosivi e da subsidenza; aree caratterizzate da terreni con scadenti caratteristiche geotecniche; corpi detritici su versanti con pendenze superiori al 25%.
  3. G.2. Pericolosità geologica media: aree in cui sono presenti fenomeni franosi inattivi e stabilizzati (naturalmente o artificialmente); aree con elementi geomorfologici, litologici e giaciturali dalla cui valutazione risulta una bassa propensione al dissesto; corpi detritici su versanti con pendenze inferiori al 25%.
  4. G.1. Pericolosità geologica bassa: aree in cui i processi geomorfologici e le caratteristiche litologiche, giaciturali non costituiscono fattori predisponenti al verificarsi di processi morfoevolutivi.

3. Sulla base delle criticità riscontrate, delle classi di pericolosità attribuite e della normativa del PAI dell'Arno, nella fase operativa della pianificazione saranno stabiliti i tipi di intervento consentiti e le eventuali prescrizioni per la realizzazione degli stessi.

Art. 22 Rischio sismico

1. In materia di rischio sismico, secondo la legislazione vigente in materia, il PS persegue l'obiettivo di determinare negli strumenti operativi della pianificazione scelte mirate e idonee che tendano ad assicurare la riduzione del rischio sismico mediante la valutazione preliminare degli effetti locali o di sito ai fini della riduzione di tale rischio, che consente di individuare:

  • - probabili fenomeni di amplificazione stratigrafica, topografica e per morfologie sepolte;
  • - presenza di faglie e/o strutture tettoniche;
  • - contatti tra litotipi a caratteristiche fisico-meccaniche significativamente differenti;
  • - accentuazione della instabilità dei pendii;
  • - terreni suscettibili a liquefazione e/o addensamento;
  • - terreni soggetti a cedimenti diffusi e differenziali.

Tale valutazione viene rappresentata nel PS da uno studio di Microzonazione Sismica (MS) di livello 1 secondo i criteri definiti nelle specifiche tecniche di cui all'O.D.P.C.M. n. 3907/2010.

2. Per la caratterizzazione del territorio in funzione della pericolosità sismica i risultati dello studio di MS di livello 1 sono stati correlati alla classificazione sismica attribuita al Comune di Poggibonsi dalla D.G.R. n. 878 del 08.10.2012, per cui il territorio comunale è stato conseguentemente suddiviso nelle seguenti classi:

  • - S.4 Pericolosità sismica molto elevata: zone suscettibili di instabilità di versante attiva che pertanto potrebbero subire una accentuazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici.
  • - S.3 Pericolosità sismica elevata: zone suscettibili di instabilità di versante quiesciente che pertanto potrebbero subire una riattivazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici; zone con terreni di fondazione particolarmente scadenti che possono dar luogo a cedimenti diffusi; terreni suscettibili di liquefazione dinamica; zone di contatto tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche significativamente diverse; aree interessate da deformazioni legate alla presenza di faglie attive e faglie capaci (faglie che potenzialmente possono creare deformazione in superficie); zone stabili suscettibili di amplificazione locale caratterizzate da un alto contrasto di impedenza sismica atteso tra copertura e substrato rigido entro alcune decine di metri.
  • S.2 Pericolosità sismica media: zone suscettibili di instabilità di versante inattiva e che pertanto potrebbero subire una riattivazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici; zone stabili suscettibili di amplificazioni locali (che non rientrano tra quelli previsti per la classe di pericolosità sismica S.3).
  • S.1 Pericolosità sismica bassa: zone stabili caratterizzate dalla presenza di litotipi assimilabili al substrato rigido in affioramento con morfologia pianeggiante o poco inclinata e dove non si ritengono probabili fenomeni di amplificazione o instabilità indotta dalla sollecitazione sismica.

3. Sulla base delle criticità riscontrate, delle classi di pericolosità sismica attribuite e della normativa vigente, nella fase operativa della pianificazione saranno stabiliti i tipi di intervento consentiti e le eventuali prescrizioni per la realizzazione degli stessi.

Art. 23 Attività estrattive

1. L'attività estrattiva è consentita nei siti previsti nel PAERP, compatibilmente con la normativa in esso contenuta e con la relativa disciplina del PTCP.

2. Per le aree estrattive si dovranno perseguire, per quanto di competenza, i seguenti obiettivi:

  • - disciplinare le modalità di estrazione dei materiali e lo svolgimento dell'intero ciclo produttivo;
  • - minimizzare l'impatto sulle risorse essenziali con particolare attenzione al paesaggio, agli ecosistemi e agli acquiferi sotterranei sia delle cave in attività che dismesse, associando interventi di naturalizzazione alla rimessa in pristino dei siti utilizzati;
  • - monitorare costantemente il quadro delle attività e dei progetti in corso al fine di rappresentare in modo completo ed affidabile lo stato delle grandezze significative per il comparto;
  • - implementare lo sviluppo e l'applicazione di tecniche di escavazione, di recupero e di riutilizzo dei siti di cava che riducano gli impatti delle varie attività ed ottimizzino le potenzialità naturali ed operative dei siti;
  • - implementare il riutilizzo delle terre e rocce da scavo e dei materiali derivanti dal recupero di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da costruzione e demolizione.

Art. 24 Tutela della qualità dell'aria

1. L'aria costituisce un bene comune rinnovabile e libero. Come tale subisce cambiamenti legati ai fenomeni della circolazione atmosferica, del clima e delle attività antropiche. Le criticità legate a tali fenomeni hanno effetti diretti sulle condizioni di sicurezza, di salute e di comfort della vita umana e animale.

2. La tutela della qualità dell'aria si attua mediante azioni di prevenzione e di riduzione dei fenomeni di inquinamento acustico, atmosferico, elettromagnetico e luminoso da prevedersi negli strumenti della pianificazione e nei progetti sia pubblici che privati, con particolare riferimento ai settori delle attività produttive, trasporti, Energia, Agricoltura, Rifiuti, Territorio.

3. Nella previsione di nuovi insediamenti sono da evitare siti ove, a causa di attività esistenti o programmate, siano riscontrabili o prevedibili livelli di inquinamento atmosferico o elettromagnetico superiori alle soglie di legge, e ove risultino superati i limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno indicati dalla normativa vigente.

Art. 25 Inquinamento acustico

1. Il PS assume come obiettivo prestazionale in materia di inquinamento acustico il mantenimento delle soglie di attenzione all'interno dei limiti fissati dalla normativa nazionale e regionale.

2. Tale obiettivo viene perseguito con riferimento alla Classificazione acustica del territorio comunale approvata con delibera del Consiglio comunale n.73 del 28 Settembre 2004, modificato con Delibera di Consiglio Comunale 33 del 5 Giugno 2006, e con le conseguenti misure relative a:

  1. a) la regolamentazione delle attività in deroga ai limiti;
  2. b) la previsione di specifici requisiti nel Regolamento Edilizio e nel Regolamento di Polizia urbana;
  3. c) la definizione delle attività soggette a presentazione di valutazione di impatto acustico;
  4. d) gli interventi di bonifica acustica da prevedere nell'ambito del Piano comunale di risanamento acustico.

3. Le aree interessate da nuove edificazioni in attuazione dei RU sono verificate sotto il profilo del comfort acustico mediante la presentazione obbligatoria di una valutazione di clima acustico.

4. La realizzazione di nuove infrastrutture viarie è subordinata alla presentazione obbligatoria di una valutazione di impatto acustico e, se necessario, alla realizzazione di modellazioni del suolo e schermi vegetali in grado di assicurare agli insediamenti limitrofi, anche di progetto, un comfort acustico coerente con la Classificazione acustica del territorio comunale.

Art. 26 Inquinamento elettromagnetico

1. Con riferimento alla normativa vigente in materia (L.36/2001, DPCM 8/7/2003, DM29/5/2008 ...), il Comune di Poggibonsi persegue l'obiettivo di minimizzare l'esposizione della popolazione all'inquinamento elettromagnetico.

2. Per le reti di trasporto e distribuzione dell'energia elettrica sono seguiti i seguenti criteri:

  • - considerare l'impatto paesaggistico delle linee aeree, promuovendone nelle situazioni maggiormente critiche, la sostituzione con linee interrate;
  • - promuovere lo spostamento di linee ed impianti (ad esempio centraline di trasformazione) caratterizzati da bassi profili di compatibilità con gli insediamenti urbani;
  • - Individuare nelle zone attraversate da elettrodotti opportune fasce di rispetto. A tal proposito, gli elaborati grafici del PS contengono la rappresentazione delle Distanze di Prima Approssimazione sulla base delle indicazioni fornite da Terna SpA, da Enel Distribuzione e da Arpat;
  • - individuare le localizzazioni di aree gioco per l'infanzia, di ambienti abitativi, di ambienti scolastici e di luoghi adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore in posizioni, che garantiscano una distanza maggiore della fascia di rispetto (o, in via cautelativa, Distanza di prima approssimazione) dagli elettrodotti;
  • - per le trasformazioni urbanistiche che prevedano la realizzazione di siti destinati a permanenze umane prolungate in prossimità degli impianti di radiocomunicazione esistenti, gli atti di governo del territorio dovranno prescrivere preventive valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici indotti da questi ultimi, al fine di ridurre le nuove esposizioni al minimo livello possibile ed evitare l'insorgenza di incompatibilità elettromagnetiche;
  • - si dovrà evitare la localizzazione di stazioni e cabine primarie all'interno di siti interessati dalla previsione di insediamenti o nelle aree adiacenti. Allo stesso modo, dovrà essere evitata la collocazione di cabine secondarie (MT/BT) in spazi esterni in cui è prevedibile la presenza di individui per un significativo periodo di tempo.

3. Per gli impianti di telecomunicazione si dovrà privilegiare la condivisione dei siti tra gestori diversi e/o la installazione in aree pubbliche mediante concertazione con l'amministrazione comunale.

Art. 27 Inquinamento atmosferico

1. Il PS assume l'obiettivo di contenere entro i limiti di legge i livelli di inquinamento atmosferico.
L'obiettivo viene perseguito:

  1. a) assicurando l'operatività dei monitoraggi;
  2. b) attraverso misure di controllo degli scarichi in atmosfera sia delle aziende che dei sistemi di riscaldamento civili;
  3. c) attraverso una adeguata regolamentazione del traffico, lo sviluppo e l'incentivazione di forme di mobilità sostenibile;
  4. d) attraverso lo sviluppo di fonti rinnovabili e il contenimento dei consumi energetici.

Art. 28 Risparmio energetico

1. Pur non essendo tra i comuni obbligati a dotarsi di Piano Energetico Comunale, è auspicabile che il Comune di Poggibonsi definisca, con atto di governo del territorio parallelo al PO o all'interno di quest'ultimo, un quadro conoscitivo ed un conseguente indirizzo per l'individuazione e lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili (solare termico, fotovoltaico, geotermia ...), assimilate (cogenerazione, recupero di calore ...) o virtuali (risparmi di energia).

2. Gli strumenti operativi della pianificazione e il Regolamento Edilizio dovranno favorire e promuovere soluzioni insediative che, sia in fase di progettazione urbana che di progettazione edilizia, tendano a ottenere con modalità passive la maggior parte dell'energia necessaria al riscaldamento, al raffrescamento, all'illuminazione e alla ventilazione.

3. Devono altresì essere garantite le tecniche necessarie al risparmio energetico e le tecnologie finalizzate all'utilizzo di fonti rinnovabili per l'autoconsumo, fermi restando i prevalenti limiti dettati dalla tutela paesaggistica e dei valori architettonici.

4. nel rispetto delle esigenze di economicità e di programmazione,dovrà essere estesa la rete di distribuzione del gas metano accordando priorità alle residenze e ad attività collocate in aree sovrastanti acquiferi sensibili di classe 1.

Art. 29 Inquinamento luminoso

1. Il PS assume gli obiettivi del risparmio energetico nella illuminazione esterna e del contenimento delle emissioni luminose verso l'alto contenuti nella L.R. 21 marzo 2000, n. 37. Il perseguimento di tali obiettivi è affidato ad un Piano Comunale per l'Illuminazione Pubblica ed alle forme di contenimento dell'inquinamento luminoso da prevedersi nei piani attuativi per la realizzazione degli interventi di trasformazione urbanistica.

2. Nella progettazione degli insediamenti, come nella sistemazione di aree pubbliche o private, sia urbane che extraurbane, dovrà essere evitato quell'eccesso di illuminazione e quella tendenza ad illuminare anche le viabilità di accesso ai poderi e agli agriturismi che, oltre a costituire un enorme costo energetico, crea paesaggi notturni dominati da colori artificiali che alterano i naturali rapporti percettivi.

Art. 30 Gestione dei rifiuti

1. La gestione dei rifiuti deve garantire la protezione dell'ambiente,tramite corrette scelte localizzative, idonee soluzioni tecnologiche, pratiche di sensibilizzazione della cultura generale e controlli efficaci.

2. Il PS condivide con il piano provinciale di specifico settore gli obiettivi generali della riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti; del riutilizzo e valorizzazione dei rifiuti sotto forma di materia; della individuazione e realizzazione di un sistema di gestione che dia priorità al reimpiego, al riciclaggio e ad altre forme di recupero di materia, rispetto alla utilizzazione per produzione energetica; dello smaltimento in condizioni di sicurezza dei soli rifiuti che non hanno altra possibilità di recupero o trattamento.

Art. 31 Tutela della biodiversità

1. Le forme di vita non umana rappresentano un utile ed insostituibile elemento che, a causa della trasformazione dell'ambiente naturale in territorio urbanizzato, subisce riduzioni in quantità e qualità. La necessità di conservare le specie ed il loro ecosistema vitale dovrà pertanto essere tenuta in considerazione nelle scelte territoriali e insediative tendendo ad incrementare la disponibilità di spazi naturali o seminaturali da utilizzare a fini didattici, educativi, ambientali, sportivi. Elementi da sottoporre a tutela e valorizzazione sono la rete ecologica, le aree boscate e le loro fasce ecotonali, gli agroecosistemi tradizionali identificati con le tessiture agrarie a maglia fitta di pregio per la maggiore complessità e biodiversità che le caratterizza.

2. Gli indirizzi ed i criteri di cui sopra, da approfondire e dettagliare nel Piano Operativo, sono applicati anche nella redazione di progetti pubblici o privati, con particolare riferimento alle richieste di autorizzazione ai fini del vincolo idrogeologico ed ai PAPMAA.

3. Una particolare importanza per la tutela della biodiversità è rivestita dalla "rete ecologica" e, all'interno di questa, dall'area individuata per la formazione di una ANPIL.

Art. 32 Vegetazione e Rete ecologica

1. Come stabilito dal Dpr 357/97, dalla L.R. 56/2000 e dalla D.G.R. 1148/2001, la rete ecologica corrisponde ad un'area che per la sua struttura lineare e continua o per il suo ruolo di collegamento è essenziale per la migrazione, la distribuzione geografica e lo scambio genetico di specie selvatiche.

2. La rete ecologica così come individuata dalla "carta della vegetazione e della rete ecologica" è composta da:

  • - le aree boscate,
  • - colture permanenti, arboricoltura
  • - aree a vegetazione arbustiva in evoluzione a bosco
  • - corridoi ecologici, formazioni lineari arboree e arbustive ovvero elementi vegetazionali a macchia, lineari o isolati che strutturano il territorio rurale o sono di corredo alla viabilità (siepi, siepi arborate, macchie di bosco, filari alberati, ecc.).
  • - vegetazione di ripa ovvero le formazioni vegetazionali riparie e igrofile del sistema idrografico,
  • - l'intero sistema idrografico

3. Costituiscono elemento di tutela:

  • - La conservazione delle rete ecologica dove esistente;
  • - l'assetto fisico e vegetazionale esistente dove stabilito dai regolamenti comunali o dove l'area sia classificabile bosco dagli Enti competenti in materia ed ai sensi della normativa nazionale(DLgs 227/2001 ) e della LRT 39/2000 e suo regolamento di attuazione;
  • - la continuità ambientale nei corpi idrici, nella vegetazione e nei cigli di sponda;
  • - la connettività tra elementi non fisicamente contigui;
  • - la tutela degli ambienti acquatici;
  • - la non trasformabilità delle aree a fini insediativi, infrastrutturali o impiantistici con l'eccezione di eventuali manufatti di attraversamento dei corsi d'acqua o di difesa idraulica a condizione che sia garantito il mantenimento della continuità ambientale;
  • - Il consolidamento o ripristino, ove carenti o assenti, dei sistemi di interconnessione tra elementi di naturalità;
  • - Il risanamento delle aree compromesse, guida ai processi di rinaturalizzazione in aree agricole marginali e dismesse e non recuperabili allo stesso uso.

4. Una importanza particolare all'interno della rete ecologica è da attribuirsi all'area individuata con Delibera del Consiglio Comunale n. 25 del 08.04.1999. per la istutuzione di una ANPIL finalizzata a favorire la vita e la riproduzione di specie vegetali e animali di rilevante valore mediante la salvaguardia del loro habitat. Lo stesso perimetro sarà recepito nel PO e la procedura per la effettiva istituzione dell'Anpil procederà con le scadenze di legge e con le modalità di gestione previste, nell'ambito della rete provinciale delle aree protette, dal vigente PTCP. In ogni modo, entro tale area è vietato ogni intervento che possa provocare la perdita di biodiversità in varietà, integrità o qualità.

5. I criteri di tutela, da precisare ulteriormente nelle parti operative della pianificazione, devono valere al momento della valutazione dei progetti urbanistico edilizi e del rilascio di atti abilitativi edilizi. Per gli elementi la cui trasformazione non è assoggettata al rilascio di atti abilitativi da parte del comune o di altri enti pubblici si potrà procedere mediante una concertazione con gli operatori del settore o facendo valere i principi del miglioramento ambientale in occasione della presentazione di PAPMAA o di autorizzazioni ai fini del vincolo idrogeologico.

Art. 33 Aree tartufigene

Le aree tartufigene presentano un particolare valore ambientale ed ecosistemico, oltre che produttivo, e sono pertanto da preservare, salvaguardare, migliorare e coltivare secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia. In queste aree, oltre agli indirizzi e prescrizioni di legge, sono vietati interventi che non si riferiscano a pratiche colturali di salvaguardia o di miglioramento della tartufaia e del suo ecosistema. A questo fine sono ammesse le opere facenti parte di specifico progetto di coltivazione della tartufaia approvato dall'Ente competente. Nell'area tartufigena sono comunque vietati interventi di nuova edificazione, permanente o temporanea, apertura di strade di qualsiasi tipo e sezione, passaggio di infrastrutture a rete interrate, drenaggi, pozzi perdenti, i cambi di destinazione d'uso dei suoli e qualsiasi altro intervento estraneo alla coltivazione, in grado di alterare in provvisoriamente o permanentemente l'area tartufigena. Le pratiche agricole ordinarie sono realizzate alla distanza minima di 10 metri dalla tartufaia o comunque tale da non creare disturbo al suo ecosistema. Il PO predispone adeguata normativa di tutela e valorizzazione

Ultimo aggiornamento 29.01.2021 - 16:28