Norme Tecniche di Attuazione del Piano Operativo


Capo I Aria ed energia

Art. 31 Inquinamento atmosferico e acustico

1. Il Piano Operativo prevede il mantenimento e l'incremento delle aree verdi come biomassa vegetale capace di assorbire una quota delle sostanze inquinanti emesse sulla superficie urbana con il conseguente abbassamento delle diverse concentrazioni di emissioni inquinanti.

Ciò dovrà essere accompagnato dalla promozione dell'impiego di fonti energetiche alternative e di tecnologie che consentano un'elevata efficienza energetica ed un ridotto impatto ambientale in termini d'emissioni inquinanti e climalteranti e da incentivi all'utilizzo di tecnologie pulite e di sistemi di abbattimento delle emissioni.

2. L'insediamento di nuove attività dovrà prevedere l'adozione di opere/strumenti di mitigazione degli impatti in termini di emissioni in atmosfera, vibrazioni e rumori.

3. Gli interventi di nuova edificazione e sostituzione edilizia ed i Piani Attuativi - per le attività e le opere previste dalla normativa sovraordinata - devono essere sottoposti alla preventiva Valutazione di Clima o Impatto Acustico, redatta in coerenza con il vigente Piano Comunale di Classificazione Acustica, prevedendo le eventuali misure di mitigazione relative alle emissioni acustiche dirette e/o indirette.

Quali misure di compensazione il Piano Operativo prevede la predisposizione di idonee barriere vegetali. Solo nei casi ove non sia possibile realizzare barriere vegetali si potrà ricorrere a barriere fono-assorbenti in materiale artificiale o a barriere miste integrando materiali artificiali e vegetali, mantenendo comunque libere le visuali verso i contesti collinari di pregio paesaggistico.

Art. 32 Inquinamento elettromagnetico e luminoso

1. Gli interventi da realizzare in prossimità di impianti di radiocomunicazione o di linee elettriche esistenti devono essere subordinati ad una preventiva valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza o a bassa frequenza, al fine di ridurre le esposizioni al minimo livello possibile, compatibilmente con le esigenze di carattere tecnologico e comunque di evitare l'insorgere di incompatibilità elettromagnetiche, in conformità con i limiti di esposizione e gli obiettivi di qualità fissati dalla normativa di settore vigente.

2. La localizzazione di impianti, stazioni e cabine di distribuzione dell'energia elettrica dovrà avvenire dove non è prevista permanenza stabile di persone.

3. Ai fini della programmazione e della disciplina per l'installazione degli impianti di radiocomunicazione sono individuate come aree non idonee ai sensi della L.R. 49/2011:

  • - le aree con destinazione ad attrezzature di servizio pubbliche di rilevante sensibilità quali servizi per l'istruzione di base (Sb), servizi per l'assistenza socio-sanitaria (Sh) e servizi per il culto (Sr);
  • - gli edifici e i complessi, riconosciuti di particolare pregio architettonico e valore storico-documentale, con disciplina di intervento t1 o t2.

Resta in ogni caso confermato l'obbligo di rispetto dei criteri localizzativi definiti dall'art. 11 della L.R. 49/2011.

4. I sistemi di illuminazione dovranno privilegiare soluzioni che prevedano la predisposizione di elementi illuminanti installati sulle pareti dei fabbricati con luce schermata verso l'alto, elementi a stretto contatto con il terreno o direttamente collocati in esso e sempre opportunamente schermati verso l'alto, in coerenza con le disposizioni regionali vigenti in materia.

Art. 33 Impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili

1. Fatta salva ogni disposizione sovraordinata di ordine nazionale o regionale e la vigente disciplina in ordine ai titoli abilitativi ed alle attività libere in materia di energia, l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili deve rispettare le regole e gli indirizzi definiti dal Piano Operativo in relazione alle specifiche caratteristiche del contesto.

2. Per tutti gli impianti dovrà essere posta massima attenzione alla stabilità dei pendii e dovrà essere rispettata la morfologia naturale del suolo, evitando modificazioni significative dell'andamento topografico con opere di movimento terra, salvo modesti livellamenti e rettifiche di quote funzionali all'installazione ed alla viabilità di accesso e di manutenzione; dovranno essere realizzate, ove necessario, opportune opere di drenaggio e di regimazione idraulico-agraria adottando, quando possibile, tecniche di ingegneria naturalistica.

Dovranno essere privilegiate localizzazioni in aree già dotate di una rete viaria idonea tale da poter essere utilizzata come viabilità di accesso senza che ne siano alterate le caratteristiche sia in termini dimensionali che morfologici, fatta salva la possibilità di realizzare minimi interventi di adeguamento funzionale; eventuali tratti di nuova viabilità di accesso e di distribuzione interna ed eventuali spazi di manovra potranno essere realizzati solo se strettamente necessari all'esercizio dell'impianto e dovranno rispettare, per tipologia e materiali, il reticolo delle strade esistenti.

La localizzazione degli impianti dovrà tenere conto delle condizioni di visibilità nel paesaggio, soprattutto nelle aree collinari, con particolare riferimento alle possibili interferenze visive da e verso percorsi di fruizione panoramici, punti e luoghi di belvedere, in modo da garantire che la percezione dei beni e delle aree non sia in alcun modo compromessa; inoltre l'installazione degli impianti non deve interferire con le visuali. Le condizioni di visibilità dell'impianto nel paesaggio dovranno essere appositamente documentate negli elaborati progettuali.

L'eventuale impiego di fasce verdi di ambientazione e schermature arboree e arbustive con funzione di mitigazione dell'impatto visivo dell'impianto dovrà essere attentamente valutato rispetto al contesto paesaggistico; in particolare sarà da valutare la coerenza negli ambiti di pianura. Dovrà essere previsto l'impiego di specie vegetali locali ed autoctone, creando un effetto il più naturale possibile.

Nel caso di aree agricole dovrà essere privilegiato l'utilizzo di aree degradate o abbandonate e/o non più funzionali all'attività agricola.

La connessione alla rete elettrica esistente dovrà essere realizzata tramite linee interrate, salvo dimostrazione di impossibilità tecnica.

Le costruzioni accessorie dovranno essere limitate alle opere ed alle infrastrutture strettamente necessarie all'esercizio degli impianti.

3. Nelle aree tutelate ai sensi dell'art. 142 del D.lgs. 42/2004 e s.m.i., in coerenza con il PIT/PPR, l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili deve essere conforme alle Norme comuni per l'inserimento paesaggistico degli impianti per la produzione di energie da fonti rinnovabili e l'individuazione dei limiti localizzativi per l'installazione dei medesimi impianti, nelle aree tutelate ai sensi dell'art. 142, comma 1 del D.lgs. 42/2004 (quale mera estrapolazione, dal documento avente come oggetto: Collaborazione nella definizione di atti in materia di installazione di impianti di energia da fonti rinnovabili. Contributo della Direzione Regionale MiBAC, Allegato alla nota prot. 5169 del 23/03/2012 e nota prot. 5656 del 30/03/2012).

4. Impianti solari fotovoltaici e termici

Gli impianti solari fotovoltaici connessi alle aziende agricole - quale fonte di reddito integrativo a quello agricolo - devono essere localizzati in aree già interessate da interventi di urbanizzazione, evitando la sottrazione di suoli produttivi agricoli. Non devono in ogni caso determinare modifiche della maglia agraria consolidata o alterare gli assetti paesaggistici rurali; è esclusa la localizzazione in aree particolarmente esposte e/o interferenti con visuali panoramiche.

Impianti non connessi ad aziende agricole sono consentiti esclusivamente negli ambiti U1.6, U1.7 e U2.3, ad eccezione di quelli destinati all'autoconsumo.

Gli impianti solari (fotovoltaici e termici) sugli edifici, al fine di ridurre l'effetto di inquinamento visivo e minimizzare l'impatto, dovranno essere integrati nella copertura; la realizzazione degli impianti negli edifici esistenti dovrà essere accompagnata dalla riqualificazione dell'intera copertura, con eliminazione degli elementi incongrui. In generale ma soprattutto nel territorio rurale dovrà in ogni caso essere privilegiata la collocazione su corpi edilizi secondari e poco visibili.
Ove non sia tecnicamente realizzabile la totale integrazione architettonica o nel caso di recente ristrutturazione della copertura, negli edifici esistenti con copertura a falda i pannelli dovranno essere di norma collocati aderenti alla falda, a filo tetto, senza l'impiego di supporti che facciano assumere pendenze ed orientamenti diversi dalla falda stessa; i pannelli dovranno essere arretrati rispetto al filo di gronda e mantenersi comunque, in qualsiasi punto, ad una quota inferiore rispetto a quella di colmo; negli interventi di recupero edilizio in cui sia previsto il rifacimento del tetto i pannelli dovranno essere preferibilmente inseriti in falda, all'interno del pacchetto costruttivo, così da risultare complanari, nella superficie del pannello, al manto di copertura.
Nel caso di edifici con disciplina di intervento t1 o t2 è obbligatorio il posizionamento in copertura su corpi edilizi secondari e poco visibili oppure la collocazione a terra, eventualmente su struttura di supporto, adottando la soluzione che si dimostri adeguata a garantire la compatibilità con i caratteri architettonici, storici ed artistici e il rispetto del pregio architettonico e del valore storico-documentale.
Negli edifici di nuova costruzione i pannelli devono essere sempre concepiti come componenti integrate del progetto architettonico.

L'eventuale collocazione a terra degli impianti fotovoltaici può essere consentita solo in ambito rurale e qualora si dimostri migliorativa dal punto di vista dell'inserimento ambientale e paesaggistico. In tale caso i pannelli dovranno essere collocati sul terreno in pendenza, senza rimodellamenti del suolo, nell'area di pertinenza dell'edificio o del complesso edificato oppure in aree poste nelle vicinanze, ma in chiaro rapporto con gli immobili, ove si dimostri il miglioramento dell'inserimento ambientale e paesaggistico in tale collocazione attraverso la presentazione di documentazione grafica e fotografica adeguata a valutarne la compatibilità.
La superficie dell'impianto non potrà comunque eccedere 20 mq. per unità immobiliare e comunque 80 mq. complessivi.

La realizzazione di tettoie fotovoltaiche per il riparo delle autovetture è ammessa con le modalità e alle condizioni stabilite agli articoli 54 (per le aree urbane) e 113 (per il territorio rurale) delle presenti Norme.

Le operazioni di manutenzione degli impianti di produzione elettrica fotovoltaica disposti a terra dovranno essere svolte in periodi non riproduttivi a tutela delle specie avicole nidificanti a terra rigorosamente protette, e comunque gravitanti nell'ambito della ZSC IT5190002, oltre che di quelle oggetto di particolare protezione ai sensi della normativa vigente.

Negli impianti solari termici gli eventuali serbatoi di accumulo dovranno essere installati all'interno delle volumetrie esistenti.

5. Impianti eolici

Fermo restando quanto stabilito in riferimento ai beni paesaggistici, gli impianti per la produzione di energia da fonti eoliche sono ammessi esclusivamente se destinati all'autoconsumo e con altezza al rotore non superiore a 9 ml. nelle aree urbane e non superiore a 15 ml. nel territorio rurale.

Sono escluse collocazioni:

  • - nelle pertinenze di edifici con disciplina di intervento t1, t2 o t3;
  • - negli ambiti U1.1, U1.2, U2.1 e U3.1.

Nel territorio rurale la localizzazione dovrà comunque avvenire in contiguità a manufatti edilizi esistenti.

6. Impianti a biomasse

Gli impianti connessi alle aziende agricole - quale fonte di reddito integrativo a quello agricolo - sono ammessi esclusivamente se commisurati alla capacità di produzione e reperimento della biomassa nell'ambito del territorio comunale o dei comuni limitrofi. Le aziende potranno mettere in produzione colture dedicate alla produzione per l'alimentazione di impianti a biomasse con un'estensione non superiore al 20% della propria Superficie Utile Agricola complessiva e con esclusione di aree boscate, vegetazione riparia e oliveti di impianto storico.

Impianti non connessi ad aziende agricole sono consentiti esclusivamente negli ambiti U1.6, U1.7 e U2.3, privilegiando localizzazioni tali da minimizzare le movimentazioni e il conseguente aggravio sul traffico stradale.

7. Impianti idroelettrici

È ammessa la realizzazione di impianti idroelettrici nell'ambito di interventi di manutenzione, ristrutturazione e rifunzionalizzazione delle briglie/traverse sul corso del fiume Arno e del reticolo idrografico principale, nel rispetto di quanto stabilito al successivo art. 35, in coerenza con il mantenimento dell'integrità degli ecosistemi fluviali e di un adeguato deflusso minimo vitale.

Capo II Suolo, sottosuolo ed acque

Art. 34 Sbancamenti, scavi e rinterri

1. In tutti gli interventi edilizi dovranno essere evitate opere di forte rimodellamento del suolo (scavi e rinterri) che comportino una alterazione significativa della situazione preesistente.

2. Nel caso di edifici collocati in aree con terreno in pendio nella sistemazione finale a monte e comunque nei lati controterra potranno essere previsti scannafossi e/o elementi analoghi ma non sono consentite significative modifiche all'andamento naturale del suolo.

In particolare, nelle sistemazioni attinenti gli edifici ed il resede di pertinenza degli edifici non è ammessa la realizzazione di muri di contenimento di altezza superiore a 1,50 ml.; dovrà in ogni caso essere dimostrata la necessità di realizzare tali strutture ed accuratamente verificata l'assenza di alternative meno impattanti (ad esempio terre rinforzate rinverdite): tali interventi si configurano pertanto come soluzione limite, da adottare esclusivamente qualora sia inequivocabilmente impossibile mantenere la conformazione naturale del terreno oppure limitare la modifica di tale conformazione ad un modesto rimodellamento da realizzare senza strutture di sostegno. È ammessa la realizzazione di muri di altezza superiore a 1,50 ml., purché comunque inferiore a 2,70 ml., esclusivamente se corrispondenti all'unico fronte libero, a valle, di volumi seminterrati.

Art. 35 Impermeabilizzazione superficiale

1. Nella realizzazione di tutti gli interventi si dovrà minimizzare l'impermeabilizzazione del suolo attraverso l'uso più esteso possibile di materiali che permettano la percolazione e la ritenzione temporanea delle acque nel terreno; la realizzazione delle opere non dovrà alterare la funzionalità idraulica del contesto in cui esse si inseriscono, garantendo il mantenimento dell'efficienza della rete di convogliamento e di recapito delle acque superficiali.

2. Nei progetti delle sistemazioni esterne, dei parcheggi, della viabilità e dei rilevati si dovranno rispettare le seguenti prescrizioni:

  • - gli spazi destinati a piazzali, parcheggi e viabilità pedonale o meccanizzata dovranno essere realizzati con modalità costruttive che consentano l'infiltrazione o la ritenzione anche temporanea delle acque; sono possibili eccezioni a tale disposizione esclusivamente per dimostrati motivi di sicurezza o di tutela storico ambientale;
  • - la realizzazione di parcheggi deve garantire inoltre una dotazione di alberi ad alto fusto distribuiti nell'area, preferibilmente appartenenti alle specie autoctone;
  • - il convogliamento delle acque piovane in fognatura o in corsi d'acqua dovrà essere evitato quando è possibile dirigere le acque in aree adiacenti con superficie permeabile senza che si determinino danni dovuti a ristagno.

3. Nelle aree urbane nel caso di interventi di nuova edificazione e ristrutturazione urbanistica è richiesta una superficie permeabile non inferiore al 30% della Superficie Fondiaria, che può essere raggiunta con il concorso di pavimentazioni che garantiscano il passaggio e l'assorbimento da parte del terreno delle acque meteoriche; almeno il 15% della Superficie Fondiaria dovrà in ogni caso essere sistemato a prato e/o con piantumazioni.

Art. 36 Reticolo idrografico

1. Fatte salve eventuali prescrizioni più restrittive riportate al Titolo VII delle presenti Norme in riferimento a specifici ambiti, su ambedue le sponde dei corsi d'acqua facenti parte del reticolo idrografico di interesse (individuato ai sensi della L.R. 79/2012, come aggiornato dalla D.C.R. 20/2019) è istituita una fascia di rispetto di larghezza minima pari a 10 ml. a partire dal piede dell'argine per i corsi d'acqua incanalati e a partire dal ciglio di sponda per i corsi d'acqua non arginati. Questa fascia oltre a garantire la conservazione delle funzioni biologiche caratteristiche dell'ambito ripariale serve a garantire la piena efficienza delle sponde, la funzionalità delle opere idrauliche e a facilitare le operazioni di manutenzione.

2. Sul patrimonio edilizio esistente compreso all'interno delle fasce di rispetto sono consentiti gli interventi previsti dalle norme di cui al R.D. n. 523 del 25/07/1904 e s.m.i.; è inoltre ammesso il trasferimento di volumetrie "in uscita" in aree contigue, ad eccezione di quelle di edifici ai quali sono attribuite le discipline di intervento t1, t2 o t3.

3. Qualsiasi intervento che comporti una trasformazione nell'assetto del reticolo idrografico dovrà essere realizzato adottando soluzioni che garantiscano l'invarianza idraulica e la conservazione delle funzioni ecologiche degli ecosistemi ripariali.

4. Eventuali nuove opere di regimazione idraulica (briglie, traverse, argini, difese spondali) per i corsi d'acqua (naturali e artificiali) dovranno essere finalizzate al riassetto dell'equilibrio idrogeologico, al ripristino della funzionalità della rete del deflusso superficiale, alla messa in sicurezza dei manufatti e delle strutture, alla rinaturalizzazione spontanea e con specie ripariali autoctone, al generale miglioramento della qualità biologica e alla fruizione pubblica. Le opere di regimazione, anche nel caso di interventi su strutture esistenti, dovranno essere concepite privilegiando le tecniche costruttive proprie dell'ingegneria naturalistica e garantendo la conservazione del deflusso minimo vitale.

5. Al fine di ridurre al minimo l'impatto negativo sul deflusso delle acque superficiali, i rilevati delle infrastrutture viarie dovranno essere provvisti di appositi manufatti di attraversamento monte-valle posti ad una distanza, riferita all'andamento generale della superficie topografica e alla pendenza dei terreni attraversati, tale da evitare accumuli e ristagni al piede degli stessi.

6. La costruzione delle nuove strutture di attraversamento dei corsi d'acqua arginati (le spalle e la trave portante dei ponti e/o delle passerelle) dovrà evitare il restringimento della sezione dell'alveo assicurando il mantenimento di una luce libera di deflusso pari a quella posta a monte dell'attraversamento stesso; la base dell'impalcato dovrà sempre svilupparsi ad una quota superiore rispetto alle sommità arginali tale da consentire un agevole passaggio dei materiali flottanti in caso di piena.

7. Per la disciplina relativa ai tombamenti consistenti in qualsiasi intervento di copertura del corso d'acqua si rinvia a quanto stabilito dalla L.R. 41/2018 "Disposizioni in materia di rischio di alluvione e di tutela dei corsi d'acqua in attuazione al D.lgs. 49/2010. Modifiche alla L.R. 80/2015 e L.R. 60/2014".

8. In generale la gestione del reticolo idrografico deve assicurare le seguenti prestazioni:

  • - conservare e migliorare i caratteri di naturalità degli alvei, delle sponde, del contesto fluviale e delle aree di pertinenza fluviale, corrispondenti agli ambiti R1.4, R2.4, R3.3, U1.8, U2.4 e U3.3;
  • - salvaguardare i livelli di qualità e il buon regime delle acque, con particolare riferimento al mantenimento del Deflusso Minimo Vitale (DMV), al trasporto solido, alle aree di divagazione dell'alveo e a quelle necessarie alla sua manutenzione e accessibilità;
  • - conservare e valorizzare i servizi ecosistemici offerti dagli ambienti fluviali, anche migliorando la qualità delle formazioni vegetali ripariali e dei loro livelli di maturità, la complessità strutturale e la continuità longitudinale e trasversale ai corsi d'acqua (mantenimento del continuum fluviale).

9. I lavori di manutenzione della vegetazione ripariale lungo il reticolo idrografico dovranno essere progettati ed eseguiti in collaborazione con un tecnico esperto in materie agricole o forestali, onde contenere la diffusione di specie vegetali invasive.

Art. 37 Pozzi e sorgenti

1. Per i pozzi, le sorgenti ed i punti di presa utilizzati per l'approvvigionamento idrico per il consumo umano erogati a terzi da pubblico acquedotto sono definite ai sensi e condizioni del D.lgs. 152/2006 e s.m.i. le zone di tutela assoluta e quella di rispetto per un raggio di 200 ml. dal punto di captazione.

2. Le aree di salvaguardia delle opere di captazione destinate al consumo umano sono gestite sulla base delle disposizioni dell'art. 94 del D.lgs. 152/2006 e s.m.i., della L.R. n. 38 del 27 luglio 2004 e del relativo Regolamento di Attuazione (D.P.G.R. 11/R/2009).

Art. 38 Vulnerabilità degli acquiferi

1. In conformità alle disposizioni del Piano Strutturale e con riferimento alla Carta del grado di vulnerabilità degli acquiferi all'inquinamento del PTC di Firenze valgono le seguenti prescrizioni:

  • - nelle aree che ricadono in Classe E (vulnerabilità elevata) e in Classe A (vulnerabilità alta) le attività e le opere potenzialmente inquinanti sono vietate, a meno di specifiche indagini geognostiche e idrogeologiche che accertino situazioni locali di minore vulnerabilità intrinseca delle falde (Classe E), ovvero di opportune opere di tutela, da adottare anche per pascoli e allevamenti (Classe A);
  • - nelle aree che ricadono in Classe M (vulnerabilità media) le attività e le opere potenzialmente inquinanti sono ammesse solo se, a seguito di specifiche indagini idrogeologiche o di specifiche cautele, viene escluso il rischio di inquinamento.

Capo III Fattibilità geologica, idraulica e sismica

Art. 39 Fattibilità geologica

1. La fattibilità geologica di ogni intervento di trasformazione del territorio è sempre subordinata alle norme e alla cartografia del Piano di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) del fiume Arno ed ai successivi aggiornamenti in vigore con l'emanazione del Decreto del Segretario dell'Autorità di Bacino, in particolare per le aree a pericolosità elevata (P.F.3) e per le aree a pericolosità molto elevata (P.F.4).

2. Periodicamente l'Amministrazione Comunale promuove l'aggiornamento del P.A.I. attraverso l'applicazione degli artt. 27 e 32 delle NTA del P.A.I. e comunque qualora si verifichino:

  • - modifiche significative del quadro conoscitivo;
  • - ulteriori studi conoscitivi ed approfondimenti;
  • - realizzazione delle opere previste dal P.A.I.

3. Classe FG1 - fattibilità senza particolari limitazioni

Si riferisce agli interventi caratterizzati da pericolosità bassa per le quali possono non essere dettate condizioni di fattibilità dovute a limitazioni di carattere geomorfologico.

4. Classe FG2 - fattibilità con normali vincoli

Si riferisce agli interventi urbanistici, edilizi ed infrastrutturali per i quali è necessario predisporre una tipologia di indagini e/o specifiche prescrizioni ai fini della valida formazione del titolo abilitativo all'attività edilizia.

Le condizioni di attuazione devono basarsi su una apposita indagine geognostica e attenersi alle indicazioni e/o specifiche definite nella scheda di fattibilità.

Non sono da prevedersi indagini di dettaglio a livello di area complessiva, fatto salvo la specifica richiesta da parte delle competenti commissioni esaminatrici in relazione alla realizzazione di importanti interventi in prossimità di aree critiche dal punto di vista geomorfologico.

5. Classe FG3 - fattibilità condizionata

Le problematiche geomorfologiche rilevate nelle aree comprese in questa classe sono determinate da situazioni fisico-ambientali di dissesto potenziale e/o in atto o possono essere innescate e/o aggravate dalla presenza di opere antropiche che interagiscono negativamente con le dinamiche e gli assetti idrogeomorfologici e nello specifico quelle che mostrano propensione ai fenomeni di stabilità dei versanti, ruscellamento superficiale in aree instabili, progressiva erosione superficiale diffusa dei terreni, comprimibilità dei terreni ecc.
Pertanto la compatibilità degli interventi ricadenti in tali aree è condizionata agli esiti degli approfondimenti di indagine da svolgersi in sede di piano attuativo o di progetto edilizio.

La realizzazione degli interventi di nuova edificazione o di nuove infrastrutture è subordinata all'esito di idonei studi geologici, idrogeologici e geotecnici finalizzati alla verifica delle effettive condizioni di stabilità ed alla preventiva o contestuale realizzazione di eventuali interventi di messa in sicurezza ed alle indicazioni e/o specifiche definite nella scheda di fattibilità.

6. classe FG4 - fattibilità limitata

L'attuazione degli interventi urbanistici, edilizi ed infrastrutturali che ricadono all'interno di questa classe è subordinata alla realizzazione degli interventi di consolidamento e bonifica, miglioramento dei terreni e tecniche fondazionali particolari individuati sulla base di specifiche campagne geognostiche e definiti dal Piano Operativo.

Rimane comunque auspicabile consentire gli interventi e le trasformazioni a fattibilità limitata nel caso in cui non siano possibili altre localizzazioni più favorevoli ovvero nei casi in cui le alternative possibili risultino significativamente più onerose in termini di bilancio ambientale, economico e sociale.
Sono consentiti interventi di miglioramento delle condizioni di rischio dell'area per i quali sia dimostrato il non aggravio delle condizioni di stabilità delle aree adiacenti e comunque subordinati all'esito di idonei studi geologici, idrogeologici e geotecnici. Gli interventi di messa in sicurezza dovranno essere supportati da opportuni sistemi di monitoraggio.

Gli interventi sono realizzabili secondo le condizioni riportate al punto 3.2.1 del D.P.G.R. 53/R relativamente alle situazioni caratterizzate da pericolosità geologica molto elevata.

Art. 40 Fattibilità idraulica

1. La fattibilità idraulica di ogni intervento di trasformazione del territorio è sempre subordinata alle norme e alla cartografia del Piano di Gestione del Rischio Alluvioni (P.G.R.A.) dell'Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Settentrionale, in particolare per le aree a pericolosità media (P2) e pericolosità elevata (P3).

L'Amministrazione Comunale può promuovere il riesame delle mappe delle aree con pericolosità da alluvione attraverso l'applicazione dell'art. 14 - Modifiche alle mappe delle aree con pericolosità da alluvione e del rischio.

2. classe FI1 - fattibilità senza particolari limitazioni

È attribuibile a situazioni caratterizzate da pericolosità bassa per le quali non è necessario indicare specifiche condizioni di fattibilità dovute a limitazioni di carattere idraulico, come ad esempio in caso di aree collinari o montane per le quali non vi siano notizie storiche di inondazioni o siano in situazioni favorevoli di alto morfologico.

Fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'art. 104 della L.R. 65/2014 continua ad applicarsi il Regolamento 53/R compatibilmente con le disposizioni di cui alla L.R. 41/2018, pertanto per l'attuazione degli interventi non sono necessarie prescrizioni specifiche dovute a limitazioni di carattere idraulico.

3. classe FI2 - fattibilità con normali vincoli

È attribuibile ad interventi ricadenti in aree classificate nel Piano Strutturale a pericolosità idraulica media (I.2).

Fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'art. 104 della L.R. 65/2014 continua ad applicarsi il Regolamento 53/R compatibilmente con le disposizioni di cui alla L.R. 41/2018, pertanto per l'attuazione degli interventi non è necessario indicare le condizioni di fattibilità dovute a limitazioni di carattere idraulico ai fini della valida formazione del titolo abilitativo dell'attività edilizia.

Al fine di perseguire un maggiore livello di sicurezza e comunque non peggiorare quello esistente, nella realizzazione degli interventi dovranno essere rispettate le condizioni definite dalle presenti Norme relativamente alla regimazione delle acque superficiali ed all'assetto del reticolo idrografico.

4. classe FI3 - fattibilità condizionata

È attribuibile ad interventi ricadenti in aree classificate nel Piano Strutturale a pericolosità idraulica elevata (I.3).

Fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'art. 104 della L.R. 65/2014 per l'attuazione degli interventi continua ad applicarsi il Regolamento 53/R compatibilmente con le disposizioni di cui alla L.R. 41/2018, con riferimento alle aree a pericolosità per alluvioni poco frequenti.

Per le definizioni delle condizioni d'attuazione è necessario fare riferimento alla relazione idraulica di supporto al Piano Operativo.

Le schede di fattibilità, ove presenti, definiscono nel dettaglio le condizioni di attuazione dell'intervento.

5. classe FI4 - fattibilità limitata

È attribuibile ad interventi ricadenti in aree classificate nel Piano Strutturale a pericolosità idraulica molto elevata (I.4).

Fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'art. 104 della L.R. 65/2014 per l'attuazione degli interventi continua ad applicarsi il Regolamento 53/R compatibilmente con le disposizioni di cui alla L.R. 41/2018, con riferimento alle aree a pericolosità per alluvioni frequenti.

Per le definizioni delle condizioni d'attuazione è necessario fare riferimento alla relazione idraulica di supporto al Piano Operativo.

Le schede di fattibilità, ove presenti, definiscono nel dettaglio le condizioni di attuazione dell'intervento.

Art. 41 Fattibilità sismica

1. classe FS1 - fattibilità senza particolari limitazioni

In questi casi non è necessario indicare le condizioni di fattibilità specifiche per la fase attuativa o per la valida formazione del titolo abilitativo dell'attività edilizia; per gli interventi urbanistici, edilizi ed infrastrutturali non sono necessarie prescrizioni specifiche dovute a limitazioni di carattere sismico.

2. classe FS2 - fattibilità con normali vincoli

In questi casi non è necessario indicare le condizioni di fattibilità specifiche per la fase attuativa o per la valida formazione del titolo abilitativo dell'attività edilizia; per gli interventi urbanistici, edilizi ed infrastrutturali non sono necessarie prescrizioni specifiche dovute a limitazioni di carattere sismico.

3. classe FS3 - fattibilità condizionata

Tale classe si attribuisce in situazioni caratterizzate da pericolosità sismica elevata dove, in sede di predisposizione di piano attuativo o di progetto edilizio, coerentemente con le normative in materia di costruzioni vigenti, dovranno essere valutati gli aspetti riportati al punto 3.5. del D.P.G.R. 53/R relativamente alle situazioni caratterizzate da pericolosità sismica locale elevata.

4. classe FS4 - fattibilità limitata

Equivale a livelli di rischio molto elevato derivanti dalla presenza di aree caratterizzate da instabilità geomorfologica.

Per le porzioni di area ricadenti in tale classe non possono essere previsti interventi di carattere edificatorio senza la realizzazione delle opportune indagini geofisiche e geotecniche per la corretta definizione dell'azione sismica.

Per l'attuazione degli interventi ci si dovrà attenere strettamente ai risultati emersi dagli studi basati su campagne geofisiche ed alle indicazioni e/o specifiche definite nella scheda di fattibilità.

Vale comunque quanto riportato al punto 3.5. del D.P.G.R. 53/R relativamente alle situazioni caratterizzate da pericolosità sismica locale molto elevata.

Art. 42 Attribuzione delle fattibilità

1. La fattibilità geologica, idraulica e sismica degli interventi è attribuita dal Piano Operativo tramite la classificazione riportata nella Carta delle fattibilità, integrata dalle Schede di fattibilità, oppure mediante Abaco.

2. La Carta delle fattibilità, in scala 1:2.000, riporta le classificazioni per le aree urbane ed agli insediamenti accentrati ed i perimetri delle Schede di fattibilità, che riguardano tutti gli interventi di trasformazione disciplinati nelle presenti Norme.

Le Schede di fattibilità definiscono le fattibilità e le indicazioni, le misure preventive di attenuazione del rischio ed i piani d'indagini di dettaglio da eseguire preventivamente o contestualmente all'approvazione del piano attuativo o del progetto; l'attuazione degli interventi è pertanto sempre subordinata al rispetto dei condizionamenti e delle prescrizioni ivi contenuti.

3. Per gli interventi nel territorio rurale per l'assegnazione delle classi di fattibilità si deve fare riferimento al seguente Abaco cioè alla matrice dalla quale è possibile risalire, tramite l'incrocio tra classe di pericolosità e tipologia d'intervento prevista, alla relativa classe di fattibilità:

PERICOLOSITÀ
GEOLOGICA IDRAULICA SISMICA
G1 G2 G3 G4 I1 I2 I3 I4 S1 S2 S3 S4
Tipologie di intervento Classe di fattibilità attribuibile
manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo,
ristrutturazione edilizia con demolizione senza ricostruzione ed interventi che non comportino sovraccarico sulle fondazioni
FG1 FG1 FG1 FG1 FI1 FI1 FI1 FI1 FS1 FS1 FS1 FS1
interventi comunque denominati sul patrimonio edilizio esistente (esclusa demolizione e ricostruzione) che comportino sovraccarichi sulle fondazioni superiori al 10% (§) FG1 FG2 FG3 FG4 FI1 FI1 FI1 FI1 FS1 FS2 FS3 FS4
interventi comunque denominati sul patrimonio edilizio esistente (esclusa demolizione e ricostruzione) che comportino aumento del carico urbanistico FG1 FG2 FG3 FG4 FI1 FI2 FI3 FI4 FS1 FS2 FS3 FS4
interventi urbanistico-edilizi comunque denominati comportanti demolizione e ricostruzione FG1 FG2 FG3 FG4 FI1 FI2 FI3 FI4 FS1 FS2 FS3 FS4
interventi di ampliamento:
Superficie Coperta < 10 mq.
10 mq. < Superficie Coperta > 50 mq.
Superficie Coperta > 50 mq

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nuovi edifici non destinati alla permanenza continuativa di persone (comprese le serre fisse), da realizzarsi anche nel quadro di interventi comportanti demolizioni e ricostruzioni FG1 FG2 FG3 FG4 FI1 FI2 FI3 FI4 FS1 FS2 FS3 FS4
nuova edificazione FG1 FG2 FG3 FG4 FI1 FI2 FI3 FI4 FS1 FS2 FS3 FS4
ristrutturazione urbanistica FG1 FG2 FG3 FG4 FI1 FI2 FI3 FI4 FS1 FS2 FS3 FS4
aree destinate ad ampliamenti e/o miglioramenti di sedi stradali esistenti e/o realizzazione di nuovi brevi tratti di viabilità di ingresso/accesso, nuova viabilità forestale e antincendio FG1 FG1 FG2 FG3 FI1 FI1 FI1 FI1 FS1 FS1 FS2 FS3
nuova viabilità, piazze, nuovi parcheggi e/o ampliamenti di parcheggi esistenti FG1 FG2 FG3 FG4 FI1 FI2 FI3 FI4 FS1 FS2 FS3 FS4
PERICOLOSITÀ
GEOLOGICA IDRAULICA SISMICA
G1 G2 G3 G4 I1 I2 I3 I4 S1 S2 S3 S4
Altre attività che comportano impatto sulla stabilità dei terreni Classe di fattibilità attribuibile
rinterri, riporti e rilevati di qualsiasi genere (O):
con altezza < 3 ml.
con altezza > 3 ml.

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scavi e sbancamenti di qualsiasi genere (O):
con altezza < 3 ml.
con altezza > 3 ml.

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percorsi pedonali, ciclabili e ippovie FG1 FG1 FG3 FG3 FI1 FI1 FI1 FI1 FS1 FS1 FS3 FS3
parchi pubblici, zone destinate a verde pubblico attrezzato, impianti sportivi all’aperto:
a) per le parti a verde
b) per attrezzature, sistemazioni morfologiche, movimenti terra
c) per edifici di servizio (tribune, spogliatoi)

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annessi rurali, garage, box auto, piscine, tettoie, box per cavalli, stalle, serre, depositi all'aperto (esclusi locali di servizio), manufatti precari, con:
Superficie Coperta < 50 mq.
50 mq. < Superficie Coperta > 150 mq.
Superficie Coperta > 150 mq.

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impianti tecnici e reti tecnologiche (acquedotti, fognature, elettrodotti interrati, gasdotti) FG1 FG2 FG3 FG4 FI1 FI1 FI1 FI1 FS1 FS2 FS3 FS4
impianti ed apparati per l'eolico, impianti fotovoltaici a terra, impianti di telecomunicazioni, elettrodotti FG1 FG2 FG3 FG4 FI1 FI1 FI3 FI3 FS1 FS2 FS3 FS4
invasi per l'accumulo di acqua FG1 FG2 FG3 FG4 FI1 FI2 FI3 FI4 FS1 FS2 FS3 FS4

(O) Sarà comunque compito del professionista valutare lo specifico contesto di pericolosità locale, eseguendo gli opportuni studi e conseguenti interventi di messa in sicurezza anche per altezze minori di 3 ml.

(§) Sarà comunque dovere del professionista valutare lo specifico contesto di pericolosità locale, eseguendo gli opportuni studi e conseguenti interventi di messa in sicurezza anche in presenza di sovraccarico sulla fondazione inferiore del 10%.

4. Fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'art. 104 della L.R. 65/2014 per l'attuazione degli interventi continua ad applicarsi il Regolamento 53/R ove non in contrasto con le disposizioni di cui alla L.R. 41/2018, con riferimento alle aree a pericolosità per alluvioni frequenti e poco frequenti.

Capo IV Aree di interesse naturalistico

Art. 43 Zona Speciale di Conservazione

1. Per le aree appartenenti alla Zona Speciale di Conservazione (ZSC) Monti del Chianti (IT5190002) si confermano gli obiettivi e le norme di tutela e conservazione previsti dalle Direttive 92/43/CEE (Habitat) e 147/2009/CE (Uccelli) e s.m.i, dalla D.G.R. n. 644/2004 (Sezione obiettivi e criticità), dalla D.G.R. n. 1223/2015 Direttiva 92/43/CEE (Habitat) per le misure di conservazione dei SIC ai fini della loro designazione quali ZSC (Zone Speciali di Conservazione) e dalla D.G.R. n. 119/2018.

2. Qualsiasi piano, progetto o intervento ricadente nella Zona Speciale di Conservazione deve essere sottoposto alla procedura di valutazione di incidenza, secondo quanto disposto dalla L.R. 30/2015, con esclusione di quelli ricadenti nelle fattispecie previste dall'Allegato A alla D.G.R. n. 119/2018, cioè le opere che per natura ed entità si ritiene non abbiano effetti negativi ai fini della tutela. La valutazione di incidenza può comunque essere richiesta dall'Amministrazione Comunale anche per interventi che, sviluppandosi in aree contermini ma esterne al sito, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione degli habitat e delle specie di interesse comunitario o per le quali è stato istituito il Sito o sull'integrità complessiva dello stesso Sito.

3. Specifiche indicazioni di tutela, salvaguardia e miglioramento di specie ed habitat di interesse comunitario o di cui al Capo III della L.R. 30/2015 dovranno integrare i contenuti dei Programmi Aziendali Pluriennali di Miglioramento Agricolo Ambientale ricadenti in tutto o in parte nella ZSC Monti del Chianti.

4. Al fine di assicurare la massima compatibilità degli interventi anche in fase di cantiere, dovranno in ogni caso essere rispettati indirizzi e criteri, regolamenti e prescrizioni definiti dalle Misure di Conservazione generali e specifiche dettate per i diversi ambiti dalle norme sovraordinate e dall'eventuale Piano di Gestione della Zona Speciale di Conservazione.

Art. 44 Area Naturale Protetta di Interesse Locale

1. L'area naturale protetta di interesse locale (ANPIL) Garzaia di Figline è una delle aree istituite in ambiti territoriali densamente antropizzati che necessitano di azioni di conservazione, restauro o ricostituzione delle originarie caratteristiche ambientali.

Tale area, caratterizzata dalla presenza di specchi d'acqua originati dalla passata attività di escavazione che hanno subito un processo spontaneo di rinaturalizzazione, ha particolare valenza ambientale per la serie di piccoli ecosistemi ricchi di flora e fauna lacustre con specie inserite nelle Direttive Uccelli e Habitat o di cui al Capo III della L.R. 30/2015.

2. In attesa della realizzazione del progetto di Parco fluviale dell'Arno, le attività svolte nell'area e gli interventi che interessano l'area stessa dovranno garantire la tutela dei valori ambientali riconosciuti, in particolare con la difesa dall'inquinamento delle acque e del suolo e dall'inquinamento acustico e mediante la conservazione e/o la riqualificazione degli ecosistemi presenti.

Art. 45 Ambiti di reperimento per aree naturali protette

1. Sono definiti ambiti di reperimento per l'istituzione di parchi e riserve, di cui all'art. 2 della L.R. 30/2015, gli ambiti del territorio aperto che, per caratteristiche ambientali e naturalistiche, possono essere oggetto di istituzione ad area protetta.

2. Fino all'istituzione di parchi e riserve naturali:

  • - non è ammessa la nuova edificazione o la ristrutturazione urbanistica per attività diverse da quelle agricole che possano risultare incongruenti con le caratteristiche ambientali e naturalistiche da tutelare;
  • - non è ammessa l'introduzione di destinazioni d'uso che possano risultare incongruenti con le caratteristiche ambientali e naturalistiche da tutelare; nel caso di attività o strutture esistenti non è consentito l'ampliamento degli edifici e/o degli spazi di pertinenza.

3. Il Piano Operativo recepisce gli ambiti individuati dal P.T.C.P. di Firenze, al quale si rimanda per la definizione degli elementi caratterizzanti, che sono i seguenti:

  • - A12 Arno - area rivierasca di fondovalle, Parco fluviale dell'Arno
  • - A04 Monti del Chianti - Monte Lisoni Monte Acuto: alta collina ad elevato valore naturalistico
  • - A08 Colline fiorentine - Monte Muro Poggio Citerna: alta collina ad elevato valore naturalistico.

Art. 46 Passaggi faunistici

1. In conformità alle disposizioni del Piano Strutturale dovranno essere mantenuti e qualificati i passaggi faunistici esistenti, costituiti da strade (sovrappassi, sottopassi) o da piccoli corsi d'acqua.

2. Ove possibile, in particolare nei P.A.P.M.A.A., dovranno essere individuati nuovi passaggi per agevolare il transito della fauna minore.

Capo V Beni paesaggistici

Art. 47 Immobili ed aree di notevole interesse pubblico

1. Per la Zona ai lati della strada provinciale aretina nel comune di Incisa Val d'Arno (DM 24/04/1975 - GU N. 132/1975 - Codice ministeriale 90082 - Codice ministeriale 9048046), nel rispetto delle discipline del PIT-PPR, si devono osservare le seguenti direttive e prescrizioni:

  • - costruzioni ·
    non è ammessa la realizzazione di manufatti che interferiscano negativamente con le visuali panoramiche o che ne limitino il godimento dalla pubblica via; gli interventi edilizi non devono incrementare l'ingombro visivo ed evitare saldature lineari tra insediamenti storicamente distinti; eventuali nuove costruzioni, ancorché per uso agricolo, devono rimanere gerarchicamente e visivamente subordinate agli insediamenti storici senza compromettere i varchi visuali; non sono consentiti interventi (muri di recinzione, siepi o altre barriere visive) che occludano le visuali verso le emergenze valoriali; non è consentita la trasformazione delle serre e dei manufatti temporanei in volumetrie edificate;
  • - depositi a cielo aperto ·
    ad eccezione dei depositi a cielo aperto di cantiere non è ammessa la realizzazione di nuovi depositi a cielo aperto o l'ampliamento di quelli esistenti che interferiscano con le visuali panoramiche; la realizzazione o l'ampliamento di depositi a cielo aperto in luoghi di basso impatto visivo sono subordinate all'adozione opportune forme di mitigazione visiva (ad esempio barriere verdi con specie autoctone e modalità di impianto tipiche del luogo) e al rispetto degli elementi del mosaico agroambientale;
  • - impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili ·
    la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili deve minimizzare l'impatto visivo percepibile dalla strada;
  • - infrastrutture tecnologiche fuori terra ·
    la realizzazione di infrastrutture tecnologiche fuori terra deve minimizzare l'impatto visivo percepibile dalla strada, anche ricorrendo a soluzioni tecnologiche innovative che consentano il contenimento dimensionale degli impianti e la rimozione di quelli obsoleti, limitando la proliferazione dei tralicci e delle antenne di supporto;
  • - parcheggi ·
    non è ammessa la realizzazione di parcheggi che interferiscano negativamente con le visuali panoramiche o che possano costituire un detrattore visivo dalla strada; devono essere privilegiate giaciture a quote inferiori rispetto a quella della carreggiata e devono essere adottate soluzioni che mitighino l'impatto visivo;
  • - impianti per la distribuzione di carburanti ·
    non è ammessa la realizzazione di nuovi impianti per la distribuzione di carburanti nei tratti con visuali panoramiche;
  • - aree di sosta e belvedere ·
    la realizzazione di aree di sosta e di belvedere deve privilegiare i caratteri di naturalità e di ruralità dei luoghi, contenendo le superfici impermeabili e adottando soluzioni costruttive congrue ai caratteri locali; sono vietati gli interventi che privatizzano i belvedere accessibili alla pubblica fruizione;
  • - opere di corredo al tracciato stradale ·
    • segnaletica stradale ·
      le bacheche informative e la segnaletica non finalizzata a garantire la sicurezza stradale devono essere ubicate al di fuori dei tratti viari con visuali panoramiche e devono armonizzarsi, per dimensioni e materiali, con il contesto paesaggistico di riferimento, trovando collocazione preferenziale lungo tratti viari con visuali coperte da scarpate o da altri ostacoli visivi permanenti;
    • guardrail e barriere fonoassorbenti ·
      l'installazione di guardrail e barriere fonoassorbenti, ove necessari a garantire la sicurezza stradale e la protezione dall'inquinamento acustico e qualora sia dimostrata l'impossibilità di adottare soluzioni di minore impatto paesaggistico (in particolare, nel secondo caso, attraverso l'utilizzo di elementi vegetazionali), dovranno essere oggetto di uno studio specifico, da concordare con la Soprintendenza;
    • rotatorie ·
      le sistemazioni e gli arredi delle eventuali rotatorie stradali devono ispirarsi, anche attraverso opere d'arte contemporanee, agli elementi più significativi della cultura e della storia locale, con particolare riguardo agli elementi tipici del paesaggio;
  • - impianti di illuminazione ·
    gli impianti di illuminazione, pubblici e privati, devono privilegiare vedute di insieme rispetto a singoli episodi (edifici, vegetazione, ecc.), eccezion fatta per gli elementi di particolare significato identitario corrispondenti a edifici e complessi con disciplina di intervento di tipo 1 e 2, per i quali potranno essere valutate anche altre soluzioni.

2. Per la Fascia di territorio fiancheggiante l'Autostrada del Sole (DM 23/06/1967 - GU N. 182/1967 - Codice ministeriale 90047 - Codice ministeriale 90047), nel rispetto delle discipline del PIT-PPR, si devono osservare le seguenti direttive e prescrizioni:

  • - non sono consentiti rimodellamenti orografici che possano produrre danno alle opere di sistemazione dei suoli e di regimazione delle acque;
  • - gli interventi che riguardano gli ecosistemi fluviali devono facendo ricorso alle tecniche dell'ingegneria naturalistica;
  • - le nuove recinzioni devono garantire l'intervisibilità e il passaggio della piccola fauna;
  • - nelle aree con assetti figurativi propri del paesaggio agricolo tradizionale la realizzazione di manufatti temporanei per l'agricoltura amatoriale deve escludere tipologie prefabbricate prive di adeguata qualità formale; in particolare nell'ambito di paesaggio di bassa e media collina (R2) la realizzazione sarà limitata alle tipologie riferite alle superfici agricole di maggiore estensione, cioè alle tipologie C e D, nel rispetto delle disposizioni di cui al successivo art. 102;
  • - qualsiasi intervento edilizio o urbanistico è subordinato alla non compromissione della leggibilità dei quadri paesaggistici percepibili dall'autostrada (in particolare emergenze naturalistiche e storico-architettoniche che concorrono alla formazione del patrimonio territoriale) e al mantenimento dei varchi visuali inedificati, dei coni e dei bersagli visivi (fondali, panorami e skylines), evitando di interferire negativamente con le visuali panoramiche attraverso occlusioni, limitazioni delle aperture visive ovvero sovrapponendo ad esse componenti incongrue rispetto ai caratteri significativi del paesaggio; tali interventi devono invece concorrere, per quanto possibile, al recupero e alla riqualificazione percettiva delle visuali verso i contesti di valore paesaggistico, evitando soluzioni casuali e usi impropri che potrebbero indurre effetti di marginalizzazione e di degrado;
    essi devono altresì caratterizzarsi per rapporti armonici nella forma, nelle dimensioni e negli orientamenti con i caratteri morfologici del contesto paesaggistico di riferimento e contribuire, ovunque possibile, a mitigare la frammentazione paesaggistica indotta dagli interventi infrastrutturali; nel caso di strutture produttive e terziarie devono concorrere alla qualificazione ecologica e morfologica delle relative aree di pertinenza; non è consentita l'introduzione di muri di cinta o di altre barriere visive che occludano i varchi visuali verso le emergenze valoriali;
    gli interventi volti a migliorare la fruibilità e la salubrità di locali interrati o seminterrati devono essere realizzati evitando sbancamenti di terreno tali da alterare la tipologia dell'edificio, la corografia dei luoghi e l'aumento dei piani visibili dell'edificio, pur in assenza di un innalzamento della quota assoluta;
    nel territorio rurale non sono consentiti interventi di nuova costruzione che diano luogo a nuclei isolati rispetto al territorio urbanizzato, né interventi che trasformino le serre e i manufatti temporanei in volumetrie edificate; le fasce di crinale devono essere tutelate evitando l'inserimento di nuovi edifici o infrastrutture con evidente impatto visuale;
  • - depositi a cielo aperto ·
    ad eccezione dei depositi a cielo aperto di cantiere non è ammessa la realizzazione di nuovi depositi a cielo aperto o l'ampliamento di quelli esistenti che interferiscano con le visuali panoramiche; la realizzazione o l'ampliamento di depositi a cielo aperto in luoghi di basso impatto visivo sono subordinate all'adozione opportune forme di mitigazione visiva (ad esempio barriere verdi con specie autoctone e modalità di impianto tipiche del luogo) e al rispetto degli elementi del mosaico agroambientale;
  • - impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili ·
    la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili deve minimizzare l'impatto visivo percepibile dall'autostrada e comunque in modo da evitare l'intromissione di elementi di disturbo lungo i tratti stradali che godono di visuali panoramiche;
    gli eventuali impianti fotovoltaici con funzione di frangisole devono costituire parte integrante dei progetti architettonici integrati di autosufficienza complessiva del fabbricato, escludendo soluzioni di mera sovrapposizione e/o aggiunta e privilegiando quelli orientabili e/o aderenti alle superfici dei fronti;
  • - aree pertinenziali ·
    fuori dal perimetro del territorio urbanizzato devono essere garantiti il prevalente carattere di ruralità e l'unitarietà percettiva delle aree e degli spazi comuni: devono essere evitate suddivisioni delle pertinenze con delimitazioni strutturali e/o pavimentazioni omogenee;
  • - infrastrutture tecnologiche fuori terra ·
    la realizzazione di infrastrutture tecnologiche fuori terra deve minimizzare l'impatto visivo percepibile dalla strada, anche ricorrendo a soluzioni tecnologiche innovative che consentano il contenimento dimensionale degli impianti e la rimozione di quelli obsoleti, limitando la proliferazione dei tralicci e delle antenne di supporto;
  • - parcheggi ·
    non è ammessa la realizzazione di parcheggi che interferiscano negativamente con le visuali panoramiche o che possano costituire un detrattore visivo dalla strada; devono essere privilegiate giaciture a quote inferiori rispetto a quella della carreggiata e devono essere adottate soluzioni che mitighino l'impatto visivo;
  • - impianti per la distribuzione di carburanti ·
    non è ammessa la realizzazione di nuovi impianti per la distribuzione di carburanti nei tratti con visuali panoramiche;
  • - opere di corredo al tracciato stradale ·
    • segnaletica stradale ·
      i cartelloni, i totem, le strutture a carattere pubblicitario e la segnaletica non finalizzata a garantire la sicurezza stradale, devono essere ubicati al di fuori dei tratti viari con visuali panoramiche e devono trovare collocazione preferenziale lungo tratti viari con visuali coperte da scarpate o da altri ostacoli visivi permanenti, purché collocati non in prossimità di beni architettonici tutelati; essi devono comunque armonizzarsi, per dimensioni e materiali, con il contesto paesaggistico di riferimento;
    • guardrail e barriere fonoassorbenti ·
      l'installazione di guardrail e barriere fonoassorbenti, ove necessari a garantire la sicurezza stradale e la protezione dall'inquinamento acustico e qualora sia dimostrata l'impossibilità di adottare soluzioni di minore impatto paesaggistico (in particolare, nel secondo caso, attraverso l'utilizzo di elementi vegetazionali), dovranno essere oggetto di uno studio specifico, da concordare con la Soprintendenza.

Art. 48 Fiumi, torrenti e corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal R.D. 11 dicembre 1933, n.1775 e relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna

1. Nel caso di fiumi, torrenti e corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal R.D. 11 dicembre 1933, n.1775 e relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 ml. ciascuna si devono osservare le discipline di cui all'art. 8 dell'Allegato 8B del PIT-PPR.

2. Fermo restando il rispetto dei requisiti tecnici derivanti da obblighi di legge relativi alla sicurezza idraulica, gli interventi di trasformazione dello stato dei luoghi sono ammessi a condizione che non compromettano la vegetazione ripariale, i caratteri ecosistemici caratterizzanti il paesaggio fluviale e i loro livelli di continuità ecologica, non impediscano l'accessibilità al corso d'acqua, la sua manutenzione e la possibilità di fruire delle fasce fluviali, non impediscano la possibilità di divagazione dell'alveo, al fine di consentire il perseguimento di condizioni di equilibrio dinamico e di configurazioni morfologiche meno vincolate e più stabili, e non compromettano la permanenza e la riconoscibilità dei caratteri e dei valori paesaggistici e storico-identitari dei luoghi.

3. Le trasformazioni sul sistema idrografico, conseguenti alla realizzazione di interventi per la mitigazione del rischio idraulico, necessari per la sicurezza degli insediamenti e delle infrastrutture e non diversamente localizzabili, sono ammesse a condizione che sia garantito, compatibilmente con le esigenze di funzionalità idraulica, il mantenimento dei caratteri e dei valori paesaggistici.

4. Gli interventi di trasformazione, compresi gli adeguamenti e gli ampliamenti di edifici o infrastrutture esistenti, fatti salvi gli interventi necessari alla sicurezza idraulica, sono ammessi a condizione che mantengano la relazione funzionale e quindi le dinamiche naturali tra il corpo idrico e il territorio di pertinenza fluviale, non riducano le superfici permeabili, siano coerenti con le caratteristiche morfologiche proprie del contesto e garantiscano l'integrazione paesaggistica, il mantenimento dei caratteri e dei valori paesaggistici, non compromettano le visuali connotate da elevato valore estetico percettivo, non occludano i varchi e le visuali panoramiche, da e verso il corso d'acqua, che si aprono lungo le rive e dai tracciati accessibili al pubblico e non concorrano alla formazione di fronti edificati continui.

5. Le opere e gli interventi relativi alle infrastrutture viarie ed a rete (pubbliche e di interesse pubblico), anche finalizzate all'attraversamento del corpo idrico, sono ammesse a condizione che il tracciato dell'infrastruttura non comprometta i caratteri morfologici, idrodinamici ed ecosistemici del corpo idrico e garantiscano l'integrazione paesaggistica e il minor impatto visivo possibile.

6. L'installazione di nuove strutture a carattere temporaneo e rimovibili, ivi incluse quelle connesse alle attività turistico-ricreative e agricole, è ammessa a condizione che gli interventi non alterino negativamente la qualità percettiva, dei luoghi, l'accessibilità e la fruibilità delle rive, e prevedano altresì il ricorso a tecniche e materiali ecocompatibili, garantendo il ripristino dei luoghi e la riciclabilità o il recupero delle componenti utilizzate.

7. Non è ammesso l'inserimento di manufatti, ivi incluse le strutture per la cartellonistica e la segnaletica non indispensabili per la sicurezza stradale, che possano interferire negativamente o limitare le visuali panoramiche.

8. Fuori dal territorio urbanizzato non è ammessa la realizzazione di nuovi edifici di carattere permanente, ad eccezione degli annessi rurali.

9. Fuori dal territorio urbanizzato i depositi a cielo aperto sono ammessi solo se riconducibili ad attività di cantiere.

Art. 49 Territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 m dalla linea di battigia

1. Nel caso di territori contermini ai laghi iscritti negli elenchi previsti dal R.D. 11 dicembre 1933, n.1775 e relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 ml. ciascuna si devono osservare le discipline di cui all'art. 7 dell'Allegato 8B del PIT-PPR.

2. Gli interventi di trasformazione, fatti salvi quelli necessari alla sicurezza idraulica, sono ammessi a condizione che non alterino l'assetto idrogeologico e garantiscano la conservazione dei valori ecosistemici paesaggistici, la salvaguardia delle opere di sistemazione idraulico agraria con particolare riferimento a quelle di interesse storico e/o paesaggistico testimoniale, si inseriscano nel contesto perilacuale secondo principi di coerenza paesaggistica, ne rispettino le caratteristiche morfologiche e le regole insediative storiche preservandone il valore, anche attraverso l'uso di materiali e tecnologie con esso compatibili, non compromettano le visuali connotate da elevato valore estetico percettivo, non occludano i varchi e le visuali panoramiche, che si aprono lungo le rive e dai tracciati accessibili al pubblico e non riducano l'accessibilità alle rive dei laghi.

3. Le opere e gli interventi relativi alle infrastrutture viarie, ferroviarie ed a rete (pubbliche o di interesse pubblico) sono ammesse a condizione che il tracciato dell'infrastruttura non comprometta i caratteri morfologici, ecosistemici dell'area perilacuale e garantisca, attraverso la qualità progettuale e le più moderne tecnologie di realizzazione, il minor impatto visivo possibile.

4. La realizzazione di nuove strutture a carattere temporaneo e rimovibile, ivi incluse quelle connesse all'attività agricola e turistico-ricreativa, è ammessa a condizione che gli interventi non alterino negativamente la qualità percettiva dei luoghi, l'accessibilità e la fruibilità delle rive e prevedano altresì il ricorso a tecniche e materiali ecocompatibili, garantendo il ripristino dei luoghi e la riciclabilità o il recupero delle componenti utilizzate.

5. Gli interventi che interessano l'assetto geomorfologico ed idraulico devono garantire il migliore inserimento paesaggistico privilegiando, ove possibile, l'utilizzo di tecniche di ingegneria naturalistica.

6. Non sono ammessi interventi che possano compromettere la conservazione degli ecosistemi lacustri di rilevante valore paesaggistico e naturalistico. All'interno di tali formazioni non sono ammessi nuovi interventi che possano comportare l'impermeabilizzazione del suolo e l'aumento dei livelli di artificializzazione.

7. Fuori dal territorio urbanizzato i depositi a cielo aperto sono ammessi solo se riconducibili ad attività di cantiere.

8. Le presenti Norme si applicano anche alle aree perilacuali del laghetto in località C. Borghetta, che presentano valore naturalistico alto e molto alto, così come individuate negli elaborati del Piano Strutturale.

Art. 50 Territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e sottoposti a vincolo di rimboschimento

1. Nel caso di territori coperti da foreste e da boschi ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco e sottoposti a vincolo di rimboschimento si devono osservare le discipline di cui all'art. 12 dell'Allegato 8B del PIT-PPR.

2. Gli interventi di trasformazione sono ammessi a condizione che non comportino l'alterazione significativa permanente, in termini qualitativi e quantitativi, dei valori ecosistemici e paesaggistici (con particolare riferimento alle aree di prevalente interesse naturalistico e alle formazioni boschive che "caratterizzano figurativamente" il territorio) e culturali e del rapporto storico e percettivo tra ecosistemi forestali, agroecosistemi e insediamenti storici e garantiscano il mantenimento, il recupero e il ripristino dei valori paesaggistici dei luoghi, anche tramite l'utilizzo di soluzioni formali, finiture esterne e cromie compatibili con i caratteri del contesto paesaggistico.

Sono fatti salvi i manufatti funzionali alla manutenzione e coltivazione del patrimonio boschivo o alle attività antincendio, nonché le strutture rimovibili funzionali alla fruizione pubblica dei boschi.

3. Non è ammesso l'inserimento di manufatti, ivi incluse le strutture per la cartellonistica e la segnaletica non indispensabili per la sicurezza stradale, che possano interferire o limitare negativamente le visuali panoramiche.

4. Fermo restando quanto disposto dall'art. 80 della L.R. 65/2014, dalla L.R. 39/2000 e dal Regolamento attuativo D.P.G.R. 48/R/2003 e dalla L.R. 30/2015, le tecniche selvicolturali devono essere volte al contenimento delle specie alloctone e aliene più invasive (ailanto, robinia, ecc.), contrastandone la diffusione soprattutto nelle aree di maggiore interesse naturalistico, nonché al recupero e alla creazione di sistemazioni idraulico-forestali (terrazzamenti, ciglionamenti, lunette, fossi, scoline, acquidocci, ecc.), che favoriscano la raccolta e l'allontanamento delle acque di pioggia limitando il ruscellamento superficiale. Ovunque possibile è auspicabile il recupero dei castagneti e la lo loro evoluzione verso l'alto fusto.

Art. 51 Zone di interesse archeologico

1. Nel caso di zone di interesse archeologico si devono osservare discipline di cui all'art. 15 dell'Allegato 8B del PIT-PPR.

2. Le zone di interesse archeologico presenti nel territorio del Comune di Figline e Incisa Valdarno sono costituite da beni archeologici sottoposti alle disposizioni di cui alla Parte seconda del D.lgs. 42/2004 e s.m.i. e corrispondono all'area posta in località Scampata nella quale è posta la tomba a camera di epoca etrusca (S_FI0003).

3. Fermo restando quanto disposto dalla Parte seconda del D.lgs. 42/2004 e s.m.i., in tali zone non sono ammessi interventi di trasformazione territoriale, compresi quelli urbanistici e edilizi, che compromettano le relazioni figurative tra il patrimonio archeologico e il contesto di giacenza e la relativa percettibilità e godibilità, nonché la conservazione materiale e la leggibilità delle permanenze archeologiche.

Eventuali attrezzature, impianti e strutture necessari alla fruizione e alla comunicazione devono essere esito di una progettazione unitaria fondata su principi di integrazione paesaggistica e di minima alterazione dei luoghi ed assicurare la valorizzazione del contesto paesaggistico.

Gli interventi devono in ogni caso essere preventivamente approvati ed autorizzati dal competente organo ministeriale.

La zona di interesse archeologico è inoltre compresa in una più ampia zona di tipo 3, classificata di rischio archeologico alto, per la quale vale quanto stabilito all'art. 52.

Capo VI Rischio archeologico

Art. 52 Classi di rischio archeologico

1. Con riferimento alla Carta del potenziale archeologico e allo Schedario delle evidenze archeologiche del Piano Strutturale, che individua e articola i ritrovamenti archeologici editi e le informazioni ancora inedite o parzialmente edite secondo la consistenza del rinvenimento, il grado di conoscenza e l'affidabilità sia della fonte sia del posizionamento, il Piano Operativo suddivide il territorio in base al rischio archeologico nelle seguenti zone, rappresentate nella Carta del rischio archeologico:

  • - zone di tipo 1 (rischio archeologico basso) - rinvenimenti noti da fonti bibliografiche o archivistiche, privi di una collocazione certa, ancorché approssimativa, e dunque non discretizzabili e non associabili a prescrizioni specifiche;
  • - zone di tipo 2 (rischio archeologico medio) - aree individuabili cartograficamente, presso le quali sono documentati rinvenimenti di materiali e/o strutture archeologicamente rilevanti;
  • - zone di tipo 3 (rischio archeologico alto) - aree individuabili cartograficamente, presso le quali risultano posizionabili con precisione strutture e/o stratigrafie in tutto o in parte indagate con metodo archeologico; zone soggette a dichiarazione di interesse particolarmente importante ex artt. 13 e 14 del D.lgs. 42/2004; zone tutelate ope legis ex art. 10, comma 1 del D.lgs. 42/2004.

2. Nelle zone di tipo 2 e di tipo 3 il soggetto richiedente il titolo autorizzativo per lavori comportanti sistemazioni esterne, scavi e movimentazione terra è tenuto a dare comunicazione dei lavori in progetto alla Soprintendenza, inviando uno stralcio progettuale volto a individuare tipologia dei lavori, estensione delle escavazioni e loro profondità.

Valutata la documentazione, la Soprintendenza potrà prescrivere:

  • - per le zone di tipo 2, l'effettuazione di attività di sorveglianza archeologica in corso d'opera a carico del richiedente o in alternativa l'effettuazione di uno o più sopralluoghi ispettivi condotti dal proprio personale tecnico-scientifico;
  • - per le zone di tipo 3, l'effettuazione di saggi preventivi a carico della committenza, finalizzati all'individuazione di ulteriori resti di strutture e/o stratificazioni e allo scopo di definire la non interferenza dei resti antichi con le opere in progetto; resta salvo quanto previsto dalla normativa di settore in caso di beni culturali riconosciuti ope legis (D.lgs. 42/2004, art. 10, comma 1) o sottoposti a dichiarazione di interesse ex artt. 13-14 del citato Decreto.

Tutte le operazioni indicate dovranno essere effettuate da professionisti dotati di adeguata preparazione, secondo quanto previsto dal Decreto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali n. 244/2019 e saranno compiute sotto la costante supervisione della Soprintendenza competente, cui spetta la direzione scientifica degli interventi.

Nel caso in cui la committenza sia pubblica, essa dovrà comunque in ogni caso attenersi a quanto indicato dal D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 25, in merito alla verifica preventiva dell'interesse archeologico. In tal senso, la mappatura presente nel piano non costituisce elemento dirimente per l'attivazione delle procedure previste dalla normativa citata, per le quali risulterà comunque necessario inviare alla Soprintendenza apposito stralcio progettuale contenente la relazione di verifica preventiva dell'interesse archeologico (D.lgs. 50/2016, art. 25, comma 1).

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