Relazione sullo Studio Urbanistico sui Nuclei e le Case sparse

Premessa

Questo documento riporta il progetto urbanistico per i nuclei e le case sparse nel territorio del Comune di Colle di Val d'Elsa previsto dall'incarico conferito dall'Amministrazione nel febbraio 2001.

Gli elaborati di progetto sono completati da una tavola in scala 1:10.000 che costituisce il quadro di unione degli ambiti rilevati ed individua quelli per i quali la proposta fornisce una specifica scheda normativa. Nel nuovo Regolamento Urbanistico la disciplina prevista per gli ambiti non appartenenti a quest'ultimo gruppo sarà rappresentata nelle tavole denominate "Usi del suolo e modalità di intervento", alle scale 1:2.000 e 1:10.000.

Lo studio dei nuclei e delle case sparse ha compreso la schedatura degli edifici rurali del territorio comunale, raccolta nella documentazione presentata preliminarmente, composta da dieci volumi e da nove tavole, ancora in scala 1:10.000, che forniscono una rappresentazione sintetica di alcuni dei principali temi emersi durante la prima fase del lavoro e conseguenti ad alcuni primi approfondimenti compiuti sull'insieme delle informazioni e del materiale raccolto. Tutto il lavoro è stato compiuto avendo quale ulteriore e parallelo obiettivo (oltre quello strettamente urbanistico normativo) quello della costruzione di una banca dati digitale relativa agli edifici rurali ed alle case sparse, realizzata sulla nuova base cartografica numerica disponibile attraverso l'uso di tecniche e software di tipo "gis". Tale operazione si inquadra nell'ambito della più vasta opera di costruzione del Sistema Informativo Territoriale a livello locale, recentemente intrapresa dall'Amministrazione Comunale e che ha avuto come primo risultato l'informatizzazione degli elaborati del Piano Strutturale.

Il documento normativo è preceduto da una breve relazione che ripercorre tutto il lavoro svolto.
La prima parte descrive le modalità adottate per l'esecuzione del rilievo, l'organizzazione ed i contenuti della scheda, le principali tipologie individuate ed i materiali correntemente utilizzati sia negli edifici principali che negli annessi ad uso rurale e/o residenziale ed affronta il tema della conservazione dei fabbricati, attraverso il rilievo delle alterazioni subite dagli edifici, sia dal punto di vista degli usi (propri o impropri) che da quello architettonico, tipologico e strutturale.
La seconda parte restituisce sinteticamente i criteri adottati nella stesura della normativa specifica e ne riassume il funzionamento.

Il rilievo

Le schede di rilievo completate sono 205 sulle 213 previste; per otto ambiti, infatti, per indisponibilità dei locali o impossibilità di accesso, non è stato possibile effettuare il rilievo.

Il rilievo e la schedatura dei fabbricati rurali costituisce il punto di partenza per la stesura della normativa su quegli organismi edilizi ai quali viene riconosciuto un valore architettonico, tipologico o storico tale da giustificare un'opera di tutela che, evitando l'applicazione di prescrizioni valide indistintamente su tutto il patrimonio, tenga conto delle peculiarità individuali dei singoli manufatti.

La presenza, all'interno di uno stesso panorama edilizio, di situazioni diversificate richiede, in prima istanza, l'effettuazione di una ricognizione puntuale sul costruito, mirata al rilevamento e all'individuazione dei caratteri salienti dei vari insediamenti e del loro effettivo stato di conservazione.

Quale supporto alla stesura della normativa sugli edifici rurali e le case sparse è stato pertanto predisposto un rilievo di tutti i fabbricati che risultavano inclusi negli elenchi previsti dalla L.R. 59/'80 e per i quali si è ritenuto necessario effettuare un'ulteriore verifica che, oltre ad una maggiore completezza di dati, fornisse un resoconto dettagliato sull'effettivo stato di conservazione e sulle trasformazioni alle quali i suddetti fabbricati sono stati sottoposti negli ultimi anni.

Sono inoltre stati inseriti edifici esclusi dall'elenco precedente ma che sono comunque risultati possedere requisiti o elementi di un certo pregio, paragonabili a quelli degli edifici già censiti.

Si è trattato di un'indagine volta alla tutela del patrimonio edilizio rurale esistente: le operazioni di rilievo sono state precedute da un sopralluogo che ha permesso di effettuare una prima valutazione sull'attuale condizione dei fabbricati oggetto della precedente schedatura al fine di verificarne la rispondenza ai canoni tipici dell'architettura tradizionale.

Sono stati così esclusi da ulteriore rilievo quei sistemi insediativi che, situati in tessuti urbani all'interno dei centri abitati oppure profondamente modificati da interventi di ristrutturazione, sono risultati privi di qualsiasi connotazione di tipo rurale ed assimilabili alle costruzioni più recenti.
Sono stati rilevati complessivamente quindi circa 200 insediamenti rurali, tra i quali nuclei, aggregati ed edifici sparsi (poderi, ville, edifici speciali...).

Alcuni degli insediamenti, oggetto di rilievo, fanno parte del patrimonio architettonico schedato dal Piano Territoriale di Coordinamento (PTC): in particolare 25 aggregati inseriti nella categoria Centri minori, aggregati e nuclei (elaborati di progetto, atlanti comunali art. L8) e 20 complessi che fanno invece parte dei Beni architettonici del territorio aperto (elaborati di progetto, atlanti comunali, artt. L9, L10, L11).

Completano le schede, unitamente alla parte descrittiva, l'indicazione grafica sull'ubicazione dell'oggetto all'interno del territorio comunale, l'individuazione dell'ambito di pertinenza e delle varie unità edilizie, con relativa numerazione, l'uso del suolo e le immagini fotografiche, con i rispettivi punti di vista.

La documentazione fotografica è stata interamente realizzata con strumentazione digitale che, oltre a permettere una notevole semplificazione nell'archiviazione e nella gestione delle immagini, offre la possibilità di trasmettere e riprodurre con facilità un'ampia quantità di dati.

Quadro d'unione: la distribuzione sul territorio di tutti gli edifici e nuclei rilevati
Uso del suolo: disegno delle destinazioni d'uso delle varie aree, effettuato in sede di rilievo
Punti di vista delle foto, numerati ed evidenziati sulla pianta dell'edificio rilevato
Stato di degrado dei vari edifici, indicato con l'utilizzo di colorazioni diverse

Tipologia e materiali

Case sparse e nuclei minori risultano distribuiti in maniera abbastanza uniforme su tutto il territorio comunale con una concentrazione maggiore in prossimità dell'area urbanizzata di Colle Val d'Elsa, dove si rileva un numero significativo di fabbricati originati dalla combinazione di casa colonica e villino ottocentesco. Più leggibile, allontanandosi da Colle, un'organizzazione del territorio agricolo basata su ville-fattorie intorno alle quali gravitavano le varie unità poderali (ad esempio la fattoria Il Palagio nel territorio ad est, le ville di Mensanello e di Collalto nell'area a sud).

Per quanto riguarda i piccoli nuclei prevale la posizione su poggio (ad esempio Montegabbro, Bibbiano) e crinale (ad esempio Lano, Mensanello), ma si è riscontrato anche un insediamento su mezza costa caratterizzato dalla disposizione dei fabbricati su terreno in forte pendenza (Onci) e nuclei situati in pianura (Boscona e Coneo).

La diversa ubicazione sembra determinare differenti impianti planimetrici: compatti nei casi di nuclei su poggio, a prevalente sviluppo lineare lungo strada nei casi di crinale, più "allargati" (fabbricati disposti a maggiore distanza rispetto all'asse stradale, che attraversa o delimita il nucleo) negli insediamenti di pianura.

Per quanto riguarda le case sparse di tipo colonico, si intravedono almeno quattro categorie tipologiche principali, legate tutte da un comune denominatore, il piano terra adibito in origine ad attività agricole ed i piani superiori destinati invece ad uso residenziale:

  • tipologia lineare, che comprende fabbricati a pianta rettangolare, composti da uno o più volumi generalmente con copertura a capanna, originati da ampliamenti successivi disposti secondo un modello di aggregazione lineare;
  • tipologia a corte, che comprende edifici organizzati intorno ad uno spazio interno scoperto, con la variante di fabbricati con planimetria a C dove la corte, confinante con la strada, risulta direttamente in comunicazione con l'esterno oppure è delimitata da un muro;
  • tipologia "fiorentina", che comprende fabbricati a pianta quadrangolare e volumetria compatta, generalmente con sistemi di accesso ai piani superiori interni e copertura a padiglione, con impaginato delle aperture regolare e talvolta con loggiato e/o piccionaia;
  • aggregazione con direzionalità di tipo "centrifuga", che comprende edifici costruiti attraverso processi di ampliamento diacronici, privi di originario progetto unitario e caratterizzati da variazioni sia nella disposizione planimetrica che in alzato.

Dall'analisi dei manufatti di tipo colonico non ancora o solo parzialmente ristrutturati sono emersi elementi comuni nella tecnica costruttiva adottata, nei materiali e nei dettagli architettonici che li caratterizzano.
Maggiori diversità sono invece riscontrabili nelle ville e negli edifici speciali, che risultano caratterizzati da connotati individuali più marcati.

Numerose dunque le costanti all'interno del patrimonio rurale, tra queste l'apparato murario prevalentemente in pietra ordinaria, anche se risultano presenti esempi di muratura in pietra mista a laterizio, con cantonali in conci di pietra squadrati (più rari i cantonali in laterizio) e tracce di rivestimento ad intonaco (spesso visibili soltanto nel sottogronda, contrariamente a quanto accade in villini e case padronali, dove il rivestimento ad intonaco è quasi sempre presente).
Nelle coperture prevale il manto in coppi e tegole (pochi, e solitamente limitati agli annessi, i casi di manti realizzati con soli embrici), con gronde in travetti di legno e pianelle (con la variante di gronde realizzate con pianelle o mezzane disposte su una e due file oppure a denti di sega), mentre negli annessi, dove spesso gli elementi del manto poggiano direttamente sulla struttura in legno, prevale la soluzione di gronda composta da travetti e tegole.
Per quanto riguarda i collegamenti verticali sono ugualmente diffusi sia quelli interni che quelli esterni. Nei casi di scale esterne, molto comune è la tipologia ad unica rampa parallela ad uno dei fronti del fabbricato, con tettoia caposcala sorretta da due pilastri in laterizio o con loggia ad archi (presente anche la variante di scala completamente chiusa verso l'esterno da una parete con aperture al livello del primo piano). Nella scelta dei materiali prevale l'uso di blocchi monolitici in pietra per i gradini (pochi i casi di gradini in mattoni) e parapetti in muratura di pietrame, a volte con cimasa in laterizio (mattoni, mezzane o pianelle disposte sia a coltello che di piatto).
Nelle aperture è frequente la tipologia ad arco negli ingressi e la forma rettangolare per le finestre delle abitazioni, con aperture di dimensioni ridotte al piano terra. Diffusi sia i profili in laterizio (a filo muratura, senza davanzali in aggetto) sia le cornici composte da quattro blocchi di pietra (levigati soltanto sul lato interno, verso l'apertura) con archetto di scarico in laterizio.
La tipologia degli infissi risulta comune a tutti i fabbricati, in legno a due ante senza oscuramenti esterni nelle finestre delle abitazioni, serramenti invece sia in legno che in ferro per i locali del piano terra destinati ad attività agricole (con la variante dell'infisso a vasistas nei casi delle stalle).
Negli annessi, oltre agli ingressi ad arco delle carraie e alle aperture schermate da grigliati in laterizio dei fienili, le aperture (rettangolari o quadrate generalmente di modeste dimensioni) hanno solitamente profilo in laterizio, spesso con architrave in legno, e portelloni in legno quale dispositivo di chiusura.

Per quanto riguarda la sistemazione degli spazi esterni sono abbastanza numerose le aie pavimentate in cotto, sia antistanti la carraia od il fienile che in posizione isolata, talvolta perimetrate da bassi muretti in pietra o in laterizio.
Sono presenti anche alcuni esempi, non sempre in buono stato di conservazione, di vecchie concimaie ormai in disuso.
Di particolare interesse, anche se presenti in numero limitato all'interno dei complessi esaminati, tutta una serie di dettagli costruttivi di particolare pregio, utili per un'eventuale identificazione tipologica e cronologica dei singoli fabbricati: trabeazione monolitica di alcune aperture sorretta da mensole, monofore di chiara ascendenza medievale, muratura costituita da pietra di torre squadrata posta in opera a filarotto, sottogronda realizzato con lastre di travertino (talvolta decorato con profilo a toro o con modanature di ascendenza rinascimentale), lastre in travertino appena sbozzate inserite nel terreno ed utilizzate per delimitare le aie.

Foto di edificio rurale: l'edificio visto nella sua interezza
Foto di edificio rurale: un cancello di ingresso in ferro
Foto di edificio rurale: la facciata
Foto di edificio rurale: vista laterale

Stato dei fabbricati

I cambiamenti in ambito socio-economico, verificatisi negli ultimi cinquanta anni, hanno comportato modifiche radicali nello sfruttamento del territorio agricolo e di riflesso nel trattamento di quei fabbricati che delle aree rurali costituivano i centri di gestione.

Il passaggio da una condizione di utilizzo a pieno regime ad un riuso dei manufatti rurali successivo ad uno stato di totale o parziale abbandono, ha comportato tutta una serie di interventi volti al recupero e all'adeguamento delle strutture ad esigenze non sempre compatibili (o semplicemente differenti) da quelle alle quali gli organismi originari erano destinati.
La diversa organizzazione dell'attività agricola ha implicato innanzi tutto la fine di quello stretto contatto, consolidatosi nel tempo, tra gli abitanti degli insediamenti rurali e il territorio circostante, con conseguenze visibili non solo nelle sistemazioni degli spazi aperti ma anche nel diverso trattamento del costruito.

Come prevedibile l'analisi sul patrimonio architettonico rurale del comune di Colle Val d'Elsa ha evidenziato il cambiamento di destinazione d'uso di numerose strutture minori, adibite in passato ad attività agricole ed utilizzate oggi a fini residenziali e come locali accessori alla residenza o in alcuni casi semplicemente inutilizzate. Dai dati ricavati dall'analisi del rilievo risultano 44 i fabbricati rurali convertiti in civile abitazione e 15 quelli adibiti ad attività ricettiva (si tratta solitamente di fienili e carraie, essendo tra gli annessi quelli di dimensioni maggiormente compatibili con l'uso abitativo), mentre circa 11.000 mq. di superficie calpestabile (con una superficie media intorno ai 75 mq.) su un totale di 72.000 mq. (ovvero circa il 16%), risultano attualmente in disuso. Il resto degli annessi agricoli, quasi il 52% del totale, hanno conservato una funzione agricola, anche se si tratta spesso di manufatti utilizzati solo in parte o per attività di modesta entità quali pollai, depositi, rimesse di attrezzi per l'orto, ecc. Considerando che i restanti annessi, quelli utilizzati per attività agricole di carattere intensivo, sono spesso gestiti da grandi aziende o da privati residenti altrove, sono pochi i casi in cui il rapporto che legava gli abitanti delle case coloniche al contesto circostante si è effettivamente mantenuto.

Per quanto riguarda lo stato di conservazione delle costruzioni minori il rilievo ha evidenziato, nei casi di manufatti affatto o limitatamente utilizzati, un generale stato di degrado dovuto sia a manutenzione discontinua sia ad interventi realizzati con scarsa perizia tecnica e materiali scadenti o comunque estranei alla tradizione locale: rifacimenti e ampliamenti con murature in forati o blocchi di cemento, sostituzione del manto di copertura con onduline o marsigliesi, giustapposizione di strutture precarie, modifiche nelle aperture (numerosi ad esempio i casi nei quali le aperture ad arco delle antiche carraie, utilizzate oggi come autorimesse, sono state sostituite con più ampie aperture rettangolari).

Nonostante gli interventi recenti si siano rivelati nel complesso più rispettosi delle strutture originarie, forse anche a causa della difficoltà di riuso di strutture generalmente di ridotte dimensioni, permane abbastanza diffuso un generale stato di incuria che rischia di compromettere, al pari di interventi eccessivamente invasivi, la conservazione di tali manufatti.

Minori risultano invece le situazioni di completo o parziale abbandono dei fabbricati principali.
Sia le case coloniche che le ville hanno infatti quasi sempre mantenuto la destinazione d'uso originaria, ad eccezione di alcuni casi nei quali sono state realizzate attività di tipo ricettivo (agriturismo, case vacanze e residence occupano circa il 10% del volume complessivo degli edifici residenziali).
L'analisi sullo stato di utilizzo degli edifici non ha evidenziato la concentrazione dei fabbricati in disuso in una particolare area, la loro distribuzione appare infatti abbastanza casuale e nonostante rappresentino una minoranza all'interno del patrimonio preso in esame (circa 18.000 mq. su un totale di 184.000 mq.), sono proprio i fabbricati in disuso, o comunque quelli utilizzati in maniera non continuativa, ad aver mantenuto in maggior misura i connotati originari. Essi costituiscono pertanto una documentazione interessante per quanto riguarda tipologia, tecnica costruttiva e dettagli architettonici, documentazione che varrebbe forse la pena tutelare evitando situazioni di degrado tali da rendere difficile qualsiasi operazione di recupero.

Più delicata la situazione degli edifici speciali o comunque di quegli agglomerati, solitamente di consistente volumetria e dalla struttura complessa, il cui disuso (totale o circoscritto ad alcune parti) perpetuatosi negli anni, rischia di compromettere contesti di notevole valore storico-architettonico (ad esempio il complesso dell'Abbazia di Coneo, la cartiera delle Vene, Montegabbro ...).

Anche alcuni manufatti destinati ad attività produttive o artigianali risultano in disuso e di conseguenza in cattivo stato di conservazione.
Questi fabbricati non hanno alcun valore architettonico, ma il loro abbandono costituisce causa di degrado anche per quelli situati nelle immediate vicinanze o più in generale appartenenti allo stesso contesto ambientale (ad esempio l'agglomerato di Fabbrica o il Mulino delle Caldane).

Diversa la situazione degli insediamenti nei quali si è verificato un uso continuato negli anni. Essi sono in genere caratterizzati da uno stato di conservazione abbastanza buono, ma anche dalla presenza di elementi estranei all'edilizia rurale tradizionale, conseguenza di ripetuti interventi effettuati spesso senza alcun rispetto per la struttura originaria.
Il rilievo puntuale ha evidenziato un dato significativo: le modifiche più consistenti agli edifici rurali, sotto ogni punto di vista, sono state apportate a quei fabbricati un tempo in prossimità del centro abitato e che adesso, con lo sviluppo dell'urbanizzazione, si sono trovati ai margini del tessuto urbano, quando non completamente inseriti al suo interno.

Le alterazioni più evidenti sono in larga misura opera degli ultimi cinquant'anni, non perché in precedenza i fabbricati non siano stati sottoposti ad ampliamenti e modifiche, ma perché mai come in questi anni abbiamo assistito all'introduzione di materiali e tecniche costruttive nonché di modelli di riferimento nuovi, rivelatisi in molti casi difficilmente integrabili con ciò che costituiva il modo di costruire tradizionale.
Prima che si diffondesse la tendenza a rivalutare il patrimonio architettonico rurale, gli interventi di recupero sui fabbricati (o anche di sola manutenzione) più che alla conservazione degli stessi hanno mirato quasi esclusivamente allo sfruttamento delle volumetrie già esistenti. In alcuni casi si può riconoscere l'introduzione di tutta una serie di elementi estranei alla tradizione rurale ma che ricalcano il modo di costruire utilizzato nelle aree urbane. Vengono realizzati in particolare balconi e garage con coperture piane; vengono effettuate modifiche sostanziali sia nell'impaginato che nelle dimensioni delle aperture (oltre agli ingressi dei garage, sono frequenti anche l'apertura di finestre di dimensioni ridotte per areare bagni prima inesistenti e l'uso di architravi in cemento e sottili lastre di pietra per i davanzali); vengono utilizzati materiali nuovi sia negli ampliamenti che nei vecchi volumi (ringhiere in metallo, parapetti con elementi in laterizio sagomati, gradini in cemento o rivestiti da lastre di travertino nelle scale esterne, marsigliesi nei manti di copertura, comignoli in blocchi di cemento o in metallo, rivestimenti dell'apparato murario con intonaco di cemento, pavimentazioni esterne in battuto di cemento o porfido).
Le conseguenze di tale approccio risultano più che evidenti: sono complessi edilizi completamente, o in larga misura, compromessi al punto da rendere ormai illeggibile la struttura architettonica tipologica originaria.

In forma leggermente minore, ma comunque ugualmente incisive, si sono rivelate le alterazioni conseguenti ad interventi effettuati nella fase temporale successiva alla precedente, in un periodo cioè nel quale cominciava a delinearsi la tendenza a rivalutare le caratteristiche proprie degli insediamenti rurali, oltre a quelle dei centri antichi. Tale rivalutazione è però risultata incentrata più sugli elementi esteriori che su un reale rispetto della struttura architettonica complessiva.
A questo rinato interesse, accompagnato spesso da un'eccessiva ricerca di soluzioni vernacolari e "pittoresche", dobbiamo purtroppo tutta una serie di interventi caratterizzati da una cattiva, o quanto meno discutibile, re-interpretazione dei caratteri formali e dei dettagli costruttivi che caratterizzavano il patrimonio edilizio rurale. Vengono così privilegiate le murature facciavista, stuccate però con malta di cemento; vengono realizzati i profili delle aperture con disegni e materiali non sempre tradizionali (davanzali realizzati con elementi in cotto dal profilo stondato, persiane quale oscuramento esterno); viene nascosta dietro un rivestimento esterno in pietra la struttura in c.a.; vengono realizzate gronde delle coperture con travetti in c.a. e tavelloni.
Gli edifici che non hanno subito tali interventi sono generalmente, ma non sempre, quelli più distanti dal centro abitato, abbandonati da lungo tempo oppure situati nelle zone più difficilmente accessibili.

Sull'onda del successo della formula agrituristica ed in generale sulla scia di una rivalutazione anche culturale della civiltà contadina, il recupero delle strutture rurali è divenuto negli ultimi anni più attento al rispetto delle preesistenze.
In generale il rilievo ha evidenziato, negli interventi recenti, una maggiore attenzione per gli stilemi e i materiali della tradizione.
L'interesse per l'architettura rurale ha comportato, oltre ad una maggiore attenzione nella scelta dei dettagli e dei materiali (di recupero o comunque scelti in conformità con l'originario), anche maggior cura nella manutenzione degli annessi minori e nelle sistemazioni esterne (scelta delle specie vegetali, pavimentazioni, illuminazione, disegno dei percorsi).

Ad una maggior attenzione rivolta verso forme e materiali della tradizione si affianca però la tendenza, soprattutto per quanto riguarda volumetrie di una certa dimensione, a ricavare, all'interno di uno stesso complesso, più unità immobiliari. Il frazionamento dello spazio interno, che si riflette all'esterno nella creazione di giardinetti privati, comporta una serie di operazioni - aumento del numero di scale esterne e di ingressi per garantire accessi indipendenti, allestimento di aree, sia coperte che scoperte, per la sosta delle autovetture - che se da un lato facilitano il recupero di strutture complesse, dall'altro rischiano di comprometterne l'unitarietà originaria, rendendo necessaria un'attenta valutazione sull'impatto e sul grado di compatibilità che certi interventi hanno nei confronti di strutture giudicate di particolare valore e pertanto meritevoli di tutela.

Foto di edificio rurale: accesso con porta in legno Foto di edificio rurale: finestrella con grata di ferro
Foto di edificio rurale: porta in legno Foto di edificio rurale: sottogronda
Foto di edificio rurale: viste d'insieme Foto di edificio rurale: facciata di edificio restaurato
Foto di nucleo rurale: vista d'insieme Foto di rudere rurale: vista frontale con scalinata

Il progetto per i nuclei e le case

La predisposizione di norme capaci di limitare, se non addirittura eliminare, la possibilità di determinare, attraverso interventi di recupero e adeguamento non "corretti", alterazioni consistenti e spesso irreversibili nella struttura architettonica e tipologica dei manufatti esistenti, può comportare di dover incidere consistentemente sui consueti metodi di intervento consolidati nel territorio.
D'altra parte la necessità di procedere comunque ad interventi di adeguamento e miglioramento delle caratteristiche funzionali dei manufatti, anche allo scopo di agevolare la valorizzazione di una componente ritenuta fondamentale del territorio, non consente la definizione di sole regole protettive o limitative degli interventi, le quali potrebbero generare anche fenomeni di rigetto se non addirittura di inosservanza e violazione delle norme stabilite.
Appare allora più sensato immaginare norme capaci di individuare nuovi percorsi metodologici d'intervento: indirizzi oltre che regole certe, suggerimenti e spunti, assieme ad alcune indicazioni più specifiche, essenziali ma ferme, almeno nei casi più delicati e complessi.
In tale ipotesi la possibilità di disporre di un quadro conoscitivo così dettagliato, come quello prodotto attraverso la schedatura e la stratificazione di analisi e sintesi delle informazioni raccolte, rappresenta indubbiamente una risorsa consistente ed una buona base di partenza. Nella stesura delle norme per i nuclei e le case sparse di Colle Val d'Elsa il rilievo ha rappresentato dunque da una parte lo sfondo rispetto al quale inquadrare le scelte generali di progetto, dall'altra il riferimento costante per la verifica e la messa a punto delle prescrizioni destinate a ciascun specifico ambito.

Per questo riteniamo di fondamentale importanza sottolineare che le schede di rilievo fanno parte integrante della normativa, la loro consultazione cioè deve essere considerata indispensabile a qualunque intervento sugli insediamenti censiti; esse non devono rappresentare infatti solo documentazione utile a chi si occupa dell'istruttoria o della valutazione delle pratiche ma un contributo ed una guida al lavoro dei progettisti.
In particolare, un aspetto che la metodologia di schedatura seguita mette in evidenza sono i caratteri dell'ambito nel suo insieme, dal punto di vista del principio insediativo e soprattutto per quello che riguarda l'organizzazione degli spazi aperti.
Sono forse questi i temi sui quali va portata rinnovata attenzione nel recupero degli insediamenti rurali: principalmente a causa di una frequente estrema frammentazione proprietaria, ma non solo, infatti, gli interventi realizzati nel recente passato hanno troppo spesso perso di vista l'unitarietà degli ambiti, concentrando l'interesse sul singolo edificio o addirittura su una parte di esso ed apportando modifiche in sè magari non stravolgenti ma estranee al contesto e tali da compromettere quel delicato equilibrio che rende questi luoghi così preziosi. La semplicità è probabilmente il connotato sostanziale della maggioranza delle case rurali, specialmente dei poderi, ma è anche quello che più facilmente viene cancellato. Pertanto uno degli obiettivi che il progetto persegue è la difesa dei caratteri autentici ed unitari dell'insediamento, che ne rappresentano l'identità e vanno salvaguardati.
In molti casi la modalità di attuazione prevede la predisposizione preliminare di un progetto di massima che interessi complessivamente gli spazi aperti dell'ambito, contemporaneamente o a valle del quale siano attuati i singoli interventi sui fabbricati. Dovrebbe risultare chiaro che questo non va interpretato come un freno o un rallentamento all'attività di recupero, quanto come un modo di promuovere maggiore qualità.

In generale l'attuazione è prevista attraverso interventi diretti, con attestazione di conformità oppure sottoposti ad autorizzazione nelle situazioni più complesse o di maggiore delicatezza - come per gli interventi di restauro -; estremamente poco numerosi sono gli ambiti per i quali si è ritenuta opportuna la redazione di un Piano di Recupero, che comporta indubbiamente tempi più lunghi per la realizzazione ma consente approfondimenti talora necessari.

Un ulteriore tema rilevante, in riferimento alla schedatura, è quello della segnalazione di elementi di dettaglio del manufatto (un tipo di cornice, un disegno della pavimentazione…), a volte purtroppo scarsamente considerati e valutati; in realtà nell'edilizia rurale, ritenuta "povera", alcuni dettagli testimoniano una cura non ordinaria della costruzione ed una sapienza di fattura che non dovrebbero andare perse.

Il rilievo e lo studio su nuclei e case sparse ha permesso di mettere a punto un primo livello normativo a carattere generale nel quale sono contenuti le prescrizioni e gli indirizzi che valgono per gli ambiti censiti, cioè per tutto il patrimonio edilizio rurale di interesse storico. I "criteri generali di intervento" raccolgono una serie di prescrizioni relative a:

  • elementi costitutivi e materiali per gli interventi sugli edifici esistenti, con definizione di quelli ritenuti incongrui e dunque vietati;
  • frazionamento delle unità immmobiliari e dimensioni minime delle unità abitative;
  • requisiti da rispettare nel caso di ampliamento o di ricostruzione;
  • cambio di destinazione d'uso;
  • spazi aperti, con particolare riferimento a piscine, pergolati, tettoie, pavimentazioni, impianti del verde, volumi interrati.

Il secondo livello normativo è costituito poi dalle prescrizioni specificamente riferite ai singoli ambiti, con l'individuazione degli interventi previsti. Parte delle case rurali possiede caratteristiche tali da ammettere interventi omogenei nell'intero ambito: questi sono i casi che nel nuovo Regolamento Urbanistico saranno disciplinati nelle tavole "Usi del suolo e modalità di intervento" (alla scala 1:2.000 oppure 1:10.000) e per i quali il presente documento fornisce un estratto cartografico che ne individua il perimetro - con il numero attribuito in fase di rilievo -, il tipo di intervento edilizio ammesso e le modalità di attuazione. Per tutti i nuclei, per gli insediamenti più complessi ed articolati, per quelli più disomogenei e per le aree nelle quali sono previste operazioni di trasformazione, invece, è stata redatta una scheda normativa dove la disciplina degli interventi viene dettagliata edificio per edificio e per gli spazi aperti; anche qui sono indicate le modalità per l'attuazione. Le schede normative evidentemente consentono di precisare meglio alcuni punti relativi a situazioni se non uniche sicuramente non generalizzabili; includono inoltre a volte anche degli schemi grafici che forniscono indicazioni sintetiche sulla disposizione delle nuove costruzioni e sulla composizione degli spazi aperti, sui percorsi e sulla sequenza nell'accostamento dei diversi elementi: tali schemi hanno valore di orientamento per l'elaborazione del progetto. Gli ambiti per i quali si rimanda ad una scheda normativa saranno comunque individuati sulle tavole "Usi del suolo e modalità di intervento" dal loro perimetro e dal numero a loro attribuito nel corso del rilievo, preceduto dalla lettera S (ad esempio S 001).

Foto di nucleo abitativo: cortile e scalinata Foto di edificio rurale: scalinata e accesso
Foto di edificio rurale: porta di accesso Foto di edificio rurale: vista d'insieme e rudere
Ultima modifica 28.02.2022 - 10:34