Disciplina di Piano online


Art. 2.5 Invariante I - Caratteri idrogeomorfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici

1. I caratteri idrogeomorfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici costituiscono la struttura fisica fondativa dei caratteri identitari che stanno alla base dell'evoluzione territoriale e storica del paesaggio. I principali elementi che caratterizzano l'invariante sono la struttura geologica, geomorfologica e idrogeologica, oltre a quella pedologica, nonché la loro evoluzione nel tempo.

2. Obiettivo generale dell'invariante, indicato anche dal PIT, è la tutela del sistema idrogeomorfologico che si esplica attraverso la tutela del "patrimonio" geologico, geomorfologico e idrogeologico.

3. Nel territorio comunale il PS individua i seguenti morfotipi: "Pianure e fondovalle"; "Collina", comprensivo anche del morfotipo "Margine" indicato dal PIT; "Montagna".

Per ognuno dei suddetti morfotipi il PS effettua un'analisi sulle formazioni geologiche presenti, sui "valori" e sulle caratteristiche peculiari, oltre a una successiva analisi delle trasformazioni e a una indicazione per le azioni.

4. Morfotipo "Pianure e fondovalle"

4.1 Principi generativi e caratteri specifici

Il morfotipo pianure e fondovalle, costituito essenzialmente dalla pianura alluvionale dell'Arno, è quello ove la dinamica fluviale ha prevalso nettamente tra i vari agenti morfogenetici. Infatti il fondovalle, fino alla canalizzazione leopoldina, è stato oggetto della libera esondazione dell'Arno che ha originato la pianura stessa. Si tratta delle porzioni di territorio riconducibili al sistema morfogenetico di Fondovalle del PIT (indicato con la sigla FON).

La pianura alluvionale dell'Arno, geologicamente caratterizzata dalla presenza dei depositi alluvionali del corso d'acqua principale, sede tra l'altro di una importante falda freatica, ha costituito, e tuttora costituisce, anche per la sua morfologia pianeggiante, il fulcro dell'attività antropica del territorio comunale.

Infatti la presenza del fiume, di una morfologia pianeggiante, di una falda idrica di subalveo di notevole importanza e la presenza di risorse naturali che sono state intensamente sfruttate nel tempo, ha permesso la concentrazione e lo sviluppo degli insediamenti principali e delle principali vie di comunicazione che percorrono la valle lungo il suo asse principale, nella parte orientale del territorio comunale.

L'escavazione dei depositi alluvionali (inerti) avvenuta nei decenni scorsi, ed oggi vietata, ha creato caratteristici laghi di origine antropica lungo le aree adiacenti all'Arno e ai suoi argini.

Le valli alluvionali originate dal Borro del Cesto e da quello del Ponterosso, affluenti di sinistra dell'Arno, costituiscono importanti realtà nel territorio comunale, dove si sono sviluppati agglomerati urbani secondari recenti.

Il fondovalle, principalmente quello dell'Arno ed in minor misura quelli secondari, fornisce elevate potenzialità produttive, agricole e risorse idriche importanti.

Di notevole importanza sono i depositi alluvionali recenti, in particolare il loro livello inferiore ghiaioso-sabbioso, in quanto sede di un importante acquifero freatico.

4.2 Relazioni tra gli elementi costitutivi del patrimonio territoriale

La morfologia del fondovalle, legata strettamente ai processi che lo hanno generato, risulta pianeggiante, fino al limite esterno legato ai terrazzi alluvionali, che a loro volta rappresentano la base dei rilievi collinari.

Elemento fondamentale del fondovalle è l'acquifero freatico che risulta, oltre che di notevole importanza, anche estremamente sensibile e caratterizzato da una elevata vulnerabilità, soprattutto a causa dell'alta pressione insediativa; risulta tuttavia parzialmente protetto dal livello superiore degli stessi depositi, di natura limoso argillosa. Costituiscono vie preferenziali di infiltrazioni nella falda i suddetti laghi di escavazione.

La falda idrica presente nel livello inferiore dei depositi alluvionali risulta di notevole importanza per l'approvvigionamento acquedottistico.

La presenza di numerose cave abbandonate che sfruttavano il livello inferiore dei depositi alluvionali (ghiaie e sabbie), ove non adeguatamente ripristinate o protette, unitamente alla presenza di attività di lavorazione e trattamento inerti, sempre concentrate nel fondovalle, può rappresentare un rischio per le falde acquifere.

4.3 Regole di utilizzazione, manutenzione e trasformazione

Fatte salve le indicazioni di carattere sovraordinato e quelle idrauliche, il fondovalle non presenta, sostanzialmente, limitazioni alle trasformazioni antropiche.

La tutela della falda idrica presente nei depositi alluvionali di fondovalle, soprattutto in relazione alla sua scarsa protezione naturale, risulta di primaria importanza. Dovranno quindi essere adottate, anche a carattere locale, misure di salvaguardia e di protezione delle falde idriche evitando eccessivi prelievi idrici nel subalveo.

Gli strumenti della pianificazione urbanistica dovranno incentivare e valorizzare, anche ai fini didattici e ricreativi, gli ambienti palustri e lacustri dei laghi presenti lungo il corso dell'Arno, derivanti dalla passata attività estrattiva. Infatti sono da vietare, ai sensi della normativa attuale, gli usi legati all'attività estrattiva di fondovalle e sono invece da incentivare le attività di valorizzazione dei siti delle attività estrattive dismesse, anche in relazione alla protezione idrogeologica delle falde.

Sono da evitare ulteriori usi massicci di suolo, sia ai fini idraulici che idrogeologici.

5. Morfotipo "Collina"

5.1 Principi generativi e caratteri specifici

Il morfotipo collina risulta estremamente articolato, soprattutto in relazione alla variazione litologica ed alla risposta agli agenti morfogenetici.

In questo sistema sono inserite le porzioni di territorio riconducibili ai sistemi morfogenetici del PIT Margine (MAR), Collina dei bacini neoquaternari (CBSa, CBLr, CBAt), Collina a versanti dolci sulle Unità Liguri (CLVd), parte sulle Unità Toscane (CTVd) e la Collina calcarea (Cca).

I terrazzi fluviali costituiscono la base dei versanti collinari e di questo morfotipo, rappresentando la congiunzione fra il fondovalle e la collina propriamente detta. Si tratta di depositi alluvionali antichi, poi parzialmente erosi, e di scarsa rilevanza idrogeologica in quanto caratterizzati da una limitata permeabilità, a causa della loro elevata pedogenesi.

I sedimenti fluvio-palustro-lacustri a composizione argilloso limosa danno origine a forme dolci e mammellari, con un reticolo tipicamente dendritico ed assenza di falde idriche. Quelli a composizione sabbioso ciottolosa, di natura granulare, danno invece origine a forme di erosione con pareti subverticali e risultano comunque privi di falde di una certa importanza. I litotipi più competenti, a composizione calcarea e silicoclastica danno invece origine a forme intermedie con presenza di falde profonde.

In corrispondenza delle pendici della dorsale dei Monti del Chianti sono presenti aree di "pianalto", originate dai sedimenti di chiusura della fase deposizionale di riempimento del bacino Villafranchiano valdarnese. Questi "pianalti", caratterizzati da una morfologia sub-pianeggiante, risultano essenzialmente stabili, limitati, verso l'asse del bacino ed in corrispondenza dei corsi d'acqua trasversali all'asse del bacino stesso, da scarpate in erosione attiva, soprattutto nella parte settentrionale del territorio comunale, nella zona di Loppiano. I pianalti, su questo lato del bacino, risultano fortemente erosi e di limitata estensione in confronto al margine nord orientale dove rivestono un'importanza ben maggiore (versante del Pratomagno).

In corrispondenza dei depositi granulari sono talvolta presenti scarpate morfologiche subverticali o a pendenze molto acclivi, denominate localmente "balze". Questi depositi granulari sono riconducibili alle conoidi che si sviluppano alla base della dorsale dei Monti del Chianti e sono composte da ciottolami e sabbie; queste pareti subverticali, che raggiungono anche i 15 metri, si sono potute sviluppare a causa della maggiore competenza di questi depositi rispetto a quelli sottostanti limoso-argillosi. Queste morfologie sono soggette a forte instabilità per crollo delle pareti sub-verticali presenti ed a frane di colamento.

Nei terreni coesivi limoso-argillosi, corrispondenti ai depositi palustro-lacustri della parte centrale del bacino, si hanno deboli pendenze e forme tondeggianti che creano colline dolci, contraddistinte generalmente da estesi movimenti di versante che possono concretizzarsi in fenomeni tipo soliflusso oppure in vere e proprie frane di colamento a cinematica lenta.

Nei depositi fluvio-lacustri e palustro-lacustri del sistema collinare non sono presenti falde idriche di una qualche rilevanza, in quanto si tratta di sedimenti poco permeabili per la loro natura litologica, ad eccezione dei depositi sabbioso-ciottolosi di conoide, ove possono essere presenti falde idriche di limitata produttività confinate in corrispondenza dei livelli e/o lenti francamente sabbiosi. Le falde idriche che si possono riscontrare, a profondità notevoli, sono quelle presenti nel substrato litoide costituito dall'ammasso roccioso, di natura arenaceo torbiditica e calcareo marnosa, che caratterizza il sistema montano.

Nella porzione meridionale del Comune è presente la zona mineraria collegata alla Centrale di Santa Barbara. La miniera, oramai abbandonata e giunta alla fase di ripristino, attiva già storicamente, sfruttava il banco di lignite xiloide presente alla base dei depositi palustro-lacustri del Bacino di Castelnuovo, instauratosi nella prima fase di sedimentazione del Villafranchiano inferiore.

Il reticolo idrografico risulta essenzialmente di tipo dendritico nelle litologie meno competenti e, secondariamente, nelle litologie competenti (calcari e arenarie) governato dalle strutture tettoniche.

La stabilità risulta solitamente elevata in corrispondenza delle litologie silicoclastiche e calcaree, fragile in corrispondenza dei sedimenti sciolti, sia di natura argillosa che sabbioso ciottolosa.

5.2 Relazioni tra gli elementi costitutivi del patrimonio territoriale

Le porzioni pianeggianti del morfotipo collinare, note come pianalti, hanno costituito centri secondari dello sviluppo degli insediamenti, anche a causa della morfologia pianeggiante e della stabilità geomorfologica, che hanno permesso uno sviluppo ideale dell'attività umana ed in particolar modo di quella agricola, anche se secondaria rispetto a quella di fondovalle. Limitazioni allo sviluppo agricolo sono dovute alla scarsità delle falde idriche di sottosuolo; solamente nel substrato calcareo ed arenaceo si possono riscontrare falde profonde di una certa entità.

Limitate sono anche le risorse naturali presenti nella collina, almeno a livello comunale.

Estrema criticità presentano i terreni a composizione limoso argillosa che costituiscono i dolci rilievi collinari posti tra la pianura ed i pianalti oppure quelli sabbioso ciottolosi, denominati "balze", anche se di limitata estensione.

Minore impatto e criticità presentano le porzioni collinari caratterizzate da litologie calcaree e silicoclastiche.

5.3 Regole di utilizzazione, manutenzione e trasformazione

Considerate le criticità litologiche e di evoluzione morfologica della collina, in particolar modo quella di raccordo tra i pianalti ed il fondovalle, risulta necessario evitare azioni che comportino alterazioni del suolo e del deflusso superficiale, limitare l'erosione dei suoli anche in relazione alla minore resistenza agli agenti dei terreni argillosi e sabbiosi.

Particolare attenzione dovrà essere posta alle azioni che comportino aumento dell'erosione regressiva delle scarpate nelle litologie granulari e, soprattutto nelle aree agricole, limitando quelle pratiche che, in corrispondenza delle litologie coesive, favoriscono l'erosione e i deflussi sia diffusi che concentrati, anche in relazione al depauperamento del suolo.

Risultano inoltre da evitare, soprattutto in corrispondenza delle litologie argillose, quelle azioni che inducano potenziali instabilità di versante.

In particolare risultano da favorire, anche attraverso incentivazione negli strumenti di pianificazione urbanistica, le pratiche agricole che aumentino la protezione del suolo e delle falde idriche. Devono inoltre essere tutelate e, ove necessario recuperate, le sistemazioni idraulico-forestali esistenti.

Dovranno essere limitati gli interventi sulla viabilità, sia principale che secondaria, che possano indurre fenomeni di instabilità dei versanti.

6. Morfotipo "Montagna"

6.1 Principi generativi e caratteri specifici

Il sistema montano, che corrisponde ai versanti impostati essenzialmente sui litotipi arenaceo torbiditici riferibili al Macigno e all'Unità Cervarola-Falterona e, limitatamente, a quelli calcareo marnosi delle Unità Liguri, risulta caratterizzato da versanti mediamente acclivi, profondamente incisi dai corsi d'acqua, con pendenze più dolci in corrispondenza delle litologie argillitico-marnose riferibili ai vari olistostromi. Sono ad esso riconducibili i sistemi morfogenetici della Montagna silicoclastica (MOS), della Collina a versanti ripidi sulle Unità Toscane (CTVr) e parte della Collina a versanti dolci sulle Unità Toscane (CTVd) del PIT.

I versanti sono solitamente caratterizzati da una buona stabilità generale, con rari fenomeni gravitativi e di erosione superficiale che coinvolgono soprattutto le coperture detritiche e gli affioramenti degli olistostromi. Dal punto di vista idrogeologico il sistema montano è caratterizzato da falde idriche profonde, sfruttabili, ed in parte sfruttate, dovute alla fratturazione dell'ammasso roccioso.

Il reticolo idrografico risulta governato, oltre che dalla pendenza, dalle strutture tettoniche.

La stabilità risulta solitamente elevata in corrispondenza delle litologie silicoclastiche e calcaree, mediamente bassa, in corrispondenza di quelle argillitiche.

Le falde risultano profonde e di conseguenza mediamente protette, salvo casi particolari in corrispondenza di aree particolarmente permeabili dovute alla fratturazione.

6.2 Relazioni tra gli elementi costitutivi del patrimonio territoriale

La montagna rappresenta, nel territorio comunale, una porzione di territorio a versanti mediamente ripidi, essenzialmente stabile, con estese coperture forestali, scarsamente sfruttata. Gli insediamenti sono limitati e isolati.

Le falde idriche, importanti essenzialmente come riserve e scarsamente sfruttate, sono profonde e ben protette.

Scarsa, a causa delle litologie e dell'estesa copertura forestale, è la propensione al dissesto, ad eccezione delle litologie prevalentemente argillitiche ("Olistostromi") in corrispondenza delle quali si hanno fenomeni di erosione e instabilità.

6.3 Regole di utilizzazione, manutenzione e trasformazione

Considerate le caratteristiche peculiari di questo morfotipo, risulta necessario evitare quelle azioni che comportano aumento del deflusso superficiale ed alterazione della stabilità dei versanti. Deve essere limitata l'erosione dei suoli e salvaguardata l'infiltrazione nel terreno al fine di mantenere le potenzialità di riserva idrica, anche attraverso il mantenimento della copertura forestale.

Risultano inoltre da evitarsi quelle azioni che potenzialmente possano provocare instabilità di versante.

Devono essere limitati gli interventi sulla viabilità, sia principale che secondaria, che possano indurre fenomeni di instabilità dei versanti.

Devono essere tutelate e, ove necessario recuperate, le sistemazioni idraulico-forestali esistenti.