Norme Tecniche di attuazione del Regolamento Urbanistico

Art. 80 Mutamento della destinazione d’uso

In caso di mutamento di destinazione d’uso di edifici rurali e non, sono ammesse le attività di cui alle definizioni funzionali del precedente art. 78.

Sono ammessi mutamenti di destinazioni d’uso nei seguenti casi:

  • - per gli edifici ed i manufatti di interesse storico architettonico, tipologico e testimoniale che hanno conservato integralmente o parzialmente le caratteristiche originali, così come individuati nelle schede del DOSSIER C e successive eventuali implementazioni sostanziali di cui all’art. 42;
  • - per gli edifici esistenti con destinazione d’uso diversa da quella agricola, con esclusione dei capannoni; sono comunque esclusi da tale fattispecie i mutamenti di destinazione per funzioni residenziale di annessi e manufatti isolati che non costituiscono pertinenza dei fabbricati principali o che non sono parte integrante di fabbricati e/o complessi edilizi;
  • - per le unità abitative rurali esistenti e per gli annessi, qualora collocati al piano terra di residenze civili e rurali, fermo restando quanto previsto dall’art. 45 della L.R. 01/2005.

Gli annessi agricoli aventi caratteristiche costruttive di tipo industriale e/o senza valori storico testimoniali, anche quando siano scaduti gli obblighi derivanti da atti d’obbligo o convenzioni precedentemente stipulati, possono mutare la destinazione d’uso esclusivamente per le seguenti utilizzazioni:

  • - attività ippiche e pensionati per animali domestici
  • - funzioni di tipo ludico/ricreativo/sportivo
  • - funzioni di tipo sanitario/assistenziale (comprese residenze per anziani, residenze sanitarie, ecc.).
  • - funzioni culturali, museali ed espositive.

In tali casi, le nuove funzioni insediate non dovranno comportare alterazione della rete viaria né rilevanti carichi urbanistici in rapporto al contesto specifico.

Per gli interventi di mutamento di destinazione d’uso l’assetto degli edifici esistenti è quello che risulta in atti alla data di entrata in vigore delle presenti norme.

Il riuso degli edifici dovrà risultare in ogni caso compatibile con le categorie d’intervento ammesse dal presente RU.

Gli annessi agricoli in genere devono essere considerati nella loro unitarietà ai fini di un possibile riuso, anche qualora interessino porzioni di fabbricato. Pertanto, la modificazione della destinazione d’uso deve essere descritta da un progetto unitario esteso all’intero fabbricato, anche se questo dovesse risultare in proprietà frazionata.

In caso di mutamento della destinazione d’uso in residenza, per ogni fabbricato è obbligatorio conservare una superficie accessoria di almeno 10 mq destinata al ricovero di attrezzature per la manutenzione della corte di pertinenza o ad altre funzioni di servizio alla residenza.

Sia nel caso del recupero di annessi che nel caso del riutilizzo delle residenze rurali con mutamento di destinazione d’uso verso la residenza civile, gli alloggi di nuova realizzazione non possono avere superficie utile abitabile (SUA) inferiore a 60 metri quadri.

Ferma restando la superficie utile abitabile minima dell’alloggio fissata in 60 mq., ai fini di verificare i carichi urbanistici, qualora l’intervento comporti il frazionamento in un numero di alloggi superiore a cinque, si deve procedere tramite piano di recupero.

E’ inoltre prevista l’approvazione di piano di recupero per interventi di mutamento di destinazione d’uso comportanti funzioni turistico ricettive, ludico-ricreative, culturali/museali e di tipo sanitario/assistenziale. In tali casi il piano di recupero sarà assoggettato a valutazione di cui all’art. 10 delle presenti NTA.

Per le sole costruzioni realizzate con materiali precari o prive di valore formale, presenti nelle aree di pertinenza di fabbricati residenziali, è ammesso il riuso per fini abitativi del volume attraverso interventi di demolizione e ricostruzione con accorpamento ad edifici residenziali esistenti intendendo, ai fini dell’intervento in oggetto, per area di pertinenza il cortile o l’aia esistente, ancorché fisicamente delimitata da recinzioni, muretti, siepi, alberature o altri elementi morfologici.

Tali interventi sono ammessi esclusivamente per ampliare la dotazione delle unità abitative esistenti alla data di entrata in vigore del presente RU., nel limite del 25% della superficie utile abitabile esistente, senza aumentare il numero delle unità abitative e con divieto di frazionamenti successivi in vigenza della presente disciplina. In tali casi dovrà comunque essere reperita la superficie accessoria minima di 10 mq. sopra descritta.

Analogamente, ove tali manufatti siano presenti in pertinenze di complessi destinati alle attività turistico ricettive o per la ristorazione, essi possono essere oggetto di demolizione e ricostruzione con accorpamento fra di loro a creare un nuovo manufatto unitario o all’edificio principale, per aumentare la dotazione dei servizi dell’attività principale.

I manufatti in “aggregazione”, come sopra definiti, devono essere realizzati con caratteristiche compatibili a quelle dei fabbricati principali.

Nel caso di mutamenti di destinazione d’uso la realizzazione di autorimesse è consentita solo all’interno dei fabbricati oggetto di intervento di recupero edilizio, reperibili nei locali posti al piano terreno dei fabbricati medesimi o in volumi già presenti sulle pertinenze, ove si renda più opportuno per ragioni di funzionalità e di riconfigurazione tipologica e dove non esplicitamente limitato dalle categorie di intervento assegnate dal presente R.U.

Negli edifici di valore storico testimoniale è ammissibile l’utilizzo dei vani collocati al piano terra come autorimessa solo laddove siano già presenti grandi aperture o nel caso in cui le opere edili necessarie per il nuovo uso siano ammesse dalla categoria di intervento prevista per l’edificio.

In caso di impossibilità a realizzare autorimesse nell’ambito del patrimonio edilizio esistente potranno essere realizzate, nell’area di pertinenza dell’edificio, strutture leggere così come disciplinate al precedente art. 79 delle presenti norme.

Per pertinenza di fabbricati con destinazione d’uso non agricola o deruralizzati si intende l’area agricolo-forestale, catastalmente definita, quale risulta dall’atto d’obbligo, stipulato con il Comune ai fini della deruralizzazione. Qualora non risulti esistente alcun atto d’obbligo sottoscritto, per pertinenza si intende l’intera proprietà. In ogni momento è sempre possibile procedere con frazionamenti catastali per individuare le pertinenze di fabbricati oggetto di deruralizzazione. Sulla pertinenza così definita grava, oltre al vincolo di inedificabilità, anche l’inefficacia dei parametri di superficie ai fini edificatori di all’art. 41 della L.R. 1/2005, per un periodo di dieci anni. Tali vincoli permangono anche a seguito di successivi trasferimenti parziali o totali della proprietà, o dell’uso di essa, a qualsiasi titolo effettuati.

Gli atti di compravendita stipulati posteriormente ad interventi di deruralizzazione devono riportare i vincoli che gravano sulle pertinenze ovvero devono dare atto che le aree oggetto di compravendita non sono state interessate da interventi di deruralizzazione in data posteriore alla data di adozione del presente RU.

Le dimensioni delle aree di pertinenza, per i fondi agricoli che non raggiungono i parametri previsti dall’art. 41 della L.R. 1/2005 e dal relativo regolamento di attuazione che pertanto non possiedono i requisiti per la presentazione del programma aziendale, sono pari all’intera superficie aziendale ad eccezione delle deruralizzazioni parziali.

Le aziende agricole che, nel programma di miglioramento agricolo ambientale, redatto ai fini della deruralizzazione di un fabbricato agricolo, mantengono in produzione superfici fondiarie minime superiori a quelle previste dalla normativa vigente (art 43, comma 4 lettera b, della L.R. 1/2005), devono prevedere con esattezza la superficie destinata a pertinenza dell’edificio stesso, nel caso di deruralizzazione parziale in cui non si provveda ad assegnare alcuna pertinenza, il richiedente dovrà dimostrare, con atti, le modalità con le quali verrà garantita l’utilizzazione della porzione di fabbricato deruralizzato.

Per pertinenze superiori all’ettaro qualunque intervento di mutamento della destinazione d’uso è subordinato alla sottoscrizione di apposito atto d’obbligo. L’atto d’obbligo, oltre ad individuare le opere di sistemazione ambientale, deve riportare la pertinenza dell’edificio deruralizzato, i vincoli di inedificabilità e di inefficacia.

Le particelle oggetto di pertinenza devono essere asservite al fabbricato deruralizzato al momento della stipula della convenzione o dell’atto d’obbligo.

Gli interventi di sistemazione ambientale nelle aree di pertinenza di edifici non più agricoli devono garantire un assetto dei luoghi paragonabile a quello ottenibile con l’attività agricola, ivi compresa la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali esistenti.

Le opere di sistemazione ambientale nelle aree di pertinenza di edifici oggetto di deruralizzazione devono garantire un assetto dei luoghi paragonabile a quello ottenibile con l’attività agricola, ivi compresa la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali esistenti.

Le opere di sistemazione ambientale, il cui costo può essere detratto dalla somma dovuta per gli oneri di urbanizzazione, non coincidono necessariamente con l’elenco delle risorse ambientali che accompagna, quando presente, il programma aziendale.

Oltre gli interventi obbligatori previsti per la difesa idrogeologica, per la prevenzione degli incendi, per la tutela della flora e della fauna, non possono essere dichiarate opere di sistemazione ambientale, ai fini di cui all’art. 45 della LR 1/2005 e relativo regolamento di attuazione, tutti gli interventi privi di un indubbio carattere di pubblico interesse.

Possono essere considerate opere di sistemazione ambientale quelle opere volte a:

  • - garantire la sistemazione idraulico-agraria del fondo e della viabilità minore pubblica e di uso pubblico;
  • - tutelare e mantenere in vita le alberature monumentali così come disposto con apposita legge regionale;
  • - tutelare e mantenere in vita la vegetazione di interesse ambientale individuata dallo strumento urbanistico vigente;
  • - mantenere e ripristinare i terrazzamenti collinari storici;
  • - ripristinare aree degradate, ove siano riconoscibili fenomeni di erosione o mal utilizzo dei suoli, privilegiando la rimessa a coltura.

Anche in assenza del programma aziendale il richiedente deve presentare, unitamente al progetto per il cambio d’uso, l’elenco delle risorse ambientali e le opere di sistemazione ambientale che intende realizzare, ovvero dovrà dichiarare l’assenza di risorse ambientali e di opere di sistemazione ambientale. In quest’ultimo caso il richiedente dovrà corrispondere per intero gli oneri di cui all’art. 45 della L.R. 1/2005 e pertanto non si darà luogo alla sottoscrizione di convenzione e/o di atto d’obbligo unilaterale, tranne che per le pertinenze superiori all’ettaro per le quali valgono le disposizioni dettate per le pertinenze di fabbricati con destinazione d’uso non agricola o deruralizzati.

Sono stabiliti i seguenti criteri per gli interventi di sistemazione ambientale collegati alle deruralizzazioni (Art. 45, comma 2, L.R. 1/05). In aziende con aree di pertinenza superiore ad 1 ettaro, sia l’eventuale programma aziendale sia l’atto abilitativo presentato devono contenere l’individuazione degli interventi di miglioramento ambientale e la specifica dei seguenti dati:

  • - descrizione dei caratteri geopedologici ed ambientali (terreno, giacitura, pendenze, esposizione, clima, ecc);
  • - rilievo cartografico e fotografico degli aspetti e delle risorse di rilevanza paesaggistica ed ambientale presenti sui fondi dell’azienda, nonché descrizione della loro consistenza e del loro stato di conservazione, con particolare riferimento a:
    • - formazioni lineari arboree ed arbustive non colturali (filari, siepi, ecc);
    • - alberature segnaletiche di confine o di arredo;
    • - alberi a carattere monumentale;
    • - emergenze arboree di pregio o piante forestali non ricomprese nei boschi;
    • - formazioni arboree di argine di ripa o di golena;
    • - corsi d’acqua naturali o artificiali;
    • - particolari sistemazioni agrarie quali muretti, terrazzamenti, ciglionamenti;
    • - manufatti di valore paesaggistico, storico o testimoniale;
    • - viabilità rurale esistente (con indicazione dei tratti acciottolati, panoramici, ecc.)
    • - sistemazioni e opere idraulico-agrarie (tipo e stato di manutenzione);
    • - boschi (tipo e governo) e aree boscate percorse da incendio (stato di ricostituzione);
    • - oliveti o altre colture unitarie di vecchio impianto;
    • - giardini storici;
    • - superfici impermeabilizzate (localizzazione, tipo e dimensione);
    • - sorgenti, pozzi (con estremi della relativa autorizzazione);
    • - laghi naturali e bacini per l’irrigazione;
    • - falde acquifere (freatiche e artesiane);
    • - frane e dissesti;
    • - aree soggette a fenomeni di ristagno ed aree esondate;
    • - situazioni di degrado.

Gli interventi di miglioramento devono riguardare le risorse rilevate, tramite la ricostituzione o l’incremento delle stesse, la riduzione degli aspetti negativi, il risanamento delle situazioni di degrado.

Le aree devono essere mantenute, sotto il profilo dell’uso del suolo, in sintonia con l’assetto agro-paesaggistico del contesto.

Non vi possono essere previste nuove opere edilizie di alcun genere, salvo quanto necessario al ripristino e miglioramento di manufatti e fabbricati esistenti oltre a quanto consentito nella aree di pertinenza come disciplinato al precedente art. 79.

Le sistemazioni agrarie devono essere mantenute in perfetto stato e, se già in precario stato di manutenzione, rimesse in efficienza, usufruendo di tecniche e materiali tradizionali con particolare attenzione alla rete scolante.

Nelle aree di pertinenza devono essere tutelate, se presenti, le colture arboree, le alberature isolate o in filari, le macchie di campo, le siepi frangivento e le coperture forestali. L’ordinaria manutenzione ambientale è obbligatoria e, come tale, non può essere considerata intervento di miglioramento.

Ultima modifica Giovedì, 30 Giugno, 2022 - 12:40