Disciplina del Piano Strutturale 2019


Titolo II Statuto del territorio: patrimonio territoriale e invarianti strutturali

Capo 1 Statuto del territorio a Patrimonio Territoriale

Art.7 Lo Statuto del territorio

1. Lo Statuto del Territorio riconosce, ai sensi dell'Art.6 della LR 65/2014, il patrimonio territoriale del Comune di Montemurlo e ne individua le regole di tutela, riproduzione e trasformazione in conformità alla disciplina statutaria del PIT.

2. Lo Statuto del territorio contiene:

  • - il patrimonio territoriale comunale e le relative invarianti strutturali;
  • - la perimetrazione del territorio urbanizzato e l'individuazione dei centri e dei nuclei storici e dei relativi ambiti di pertinenza;
  • - la ricognizione delle prescrizioni del PIT e del PTC e le regole di tutela e disciplina del patrimonio territoriale conformate alla disciplina paesaggistica del PIT;
  • - i riferimenti statutari per l'individuazione delle UTOE e per le relative strategie.

3. Lo Statuto del territorio individua inoltre ambiti di paesaggio locali come articolazioni del territorio comunale, coerenti con la struttura del patrimonio territoriale e con i caratteri delle relative invarianti: detti ambiti costituiscono riferimenti per l'individuazione delle UTOE e per le relative strategie, da declinare nei successivi atti di governo del territorio.

4. È parte integrante dello Statuto del Territorio la definizione delle regole per la prevenzione dai rischi geologico, idraulico e sismico.

5. Lo Statuto del Territorio, in riferimento al PIT con valenza di Piano paesaggistico, assume e persegue gli obiettivi generali della Disciplina del Piano, gli obiettivi di qualità della disciplina dell'Ambito di paesaggio 06 "Firenze - Prato - Pistoia", gli obiettivi della disciplina dei beni paesaggistici e gli obiettivi specifici dei morfotipi delle urbanizzazioni contemporanee.

Art.8 Il Patrimonio Territoriale

1. Il Patrimonio Territoriale è costituito "dall'insieme di strutture di lunga durata prodotte dalla coevoluzione fra ambiente naturale e insediamenti umani,di cui è riconosciuto il valore per le generazioni presenti e future. Costituisce un bene comune del quale devono essere assicurate le condizioni di riproduzione, la sostenibilità degli usi e la durevolezza."

2. L'identificazione del Patrimonio Territoriale è riferita all'intero territorio comunale e trova riscontro e corrispondenza cartografica con l'elaborato di quadro progettuale denominato:

  • - QP01 STATUTO DEL TERRITORIO - PATRIMONIO TERRITORIALE.

3. Il Patrimonio Territoriale è costituito dalle seguenti Strutture e relative Componenti:

  1. a) la Struttura idro-geomorfologica, ovvero i caratteri geologici, morfologici, pedologici, idrologici e idraulici, che comprende le seguenti componenti:
    • Elementi geo-morfologici
      • - affioramenti rocciosi
      • - grotte
      • - geositi
      • - cave dismesse (PRAER)
      • - cave di di reperimento di materiali ornamentali storici (PRAER)
    • Rete idrografica
      • - reticolo principale delle acque pubbliche
      • - reticolo minore
      • - casse di espansione
      • - sorgenti
  2. b) la Struttura ecosistemica, ovvero le risorse naturali aria, acqua, suolo ed ecosistemi della fauna e della flora, che comprende le seguenti Componenti:
    • emergenze vegetazionali
      • - faggete abissali
      • - vegetazione ofiolitica
      • - uliceti
      • - castagneti da frutto
      • - boschi d'alto fusto
    • assetti vegetazionali
      • - boschi
      • - boschi a prevalenza di castagno
      • - boschi a prevalenza di faggio
      • - boschi a prevalenza di latifoglie e conifere
      • - aree a vegetazione arbustiva e boschiva in evoluzione
    • sistema del verde urbano e sistemi di connessione
      • - parchi urbani
      • - corridoi ecologici fluviali
      • - vegetazione ripariale
      • - aree umide costituite dagli specchi d'acqua collinari
  3. c) la Struttura insediativa, ovvero città e insediamenti minori, sistemi infrastrutturali, artigianali, industriali e tecnologici, che comprende le seguenti Componenti:
    • struttura insediativa di formazione storica:
      • - centro storico di Rocca
      • - centri e nuclei storici
      • - edifici di interesse storico e architettonico (elenco 1)
      • - edificato al catasto Leopoldino
      • - architetture rurali di rilevante interesse (elenco 2)
    • patrimonio edilizio esistente
      • - edificato al 1954
      • - insediamenti prevalentemente residenziali
      • - insediamenti prevalentemente produttivi
    • manufatti ed Immobili di valore identitario
      • - cappelle
      • - lavatoi
      • - tabernacoli
      • - i luoghi della memoria
    • attrezzature di interesse socio- culturale
      • - Biblioteca comunale Bartolomeo della Fonte
      • - Museo della linea gotica Ponte all'Agna
      • - Teatro Sala Banti
      • - Teatro "La Gualchiera"
      • - Centro visita di Bagnolo
    • Rete infrastrutturale
      • - assi di impianto
      • - strade penetrazione di fondovalle
      • - viabilità esistente al 1954
      • - itinerari ciclabili
    • Componenti di interesse storico culturale e ambientale
      • - tracce della centuriazione romana
      • - asse di simmetria di Selvavecchia
      • - aree di interesse archeologico
      • - area di salvaguardia ambientale del Monteferrato
    • Elementi di valore paesaggistico percettivo
      • - punti di vista panoramici
      • - percorsi panoramici e naturalistici
      • - linee di crinale
      Sono inoltre parte integrante del patrimonio territoriale i sistemi tecnologici rappresentati nella Tav.QC 09 "reti tecnologiche".
  4. d) la Struttura agro-forestale, ovvero i boschi, pascoli, campi e relative sistemazioni nonché i manufatti dell'edilizia rurale, che comprende le seguenti componenti:
    • Colture agrarie tradizionali
      • - oliveti
      • - vigneti
      • - aree con indirizzo produttivo misto (frutteti)
      • - prati stabili
    • Elementi del paesaggio agrario
      • - sistemazioni idraulico agrarie (ciglioni, terrazzi e muri a secco)
      • - seminativi irrigui e non irrigui
      • - alberature a corredo della viabilità storica
      • - lberi monumentali

4. Il Piano Strutturale riconosce le risorse sopra elencate come componenti identitarie del patrimonio territoriale e le tutela e valorizza nello Statuto del Territorio ed in particolare mediante la disciplina delle invarianti strutturali di cui agli articoli da 9 a 13 del Capo 2 del presente Titolo. I successivi atti di governo del territorio, ed in primo luogo il Piano Operativo, disciplinano il patrimonio territoriale e le sue componenti in conformità alla disciplina statutaria del PS e tenendo conto dei seguenti specifici indirizzi:

  • - indicare per le cave dismesse le modalità di preliminare messa in sicurezza, di riqualificazione ambientale e di recupero funzionale;
  • - dettagliare l'individuazione delle emergenze vegetazionali e individuare specifica disciplina che ne assicuri la massima tutela e dia indicazioni per la loro cura, mantenimento e eventuale integrazione;
  • - definire specifica disciplina per l'Area di salvaguardia ambientale del Monteferrato, tenendo a riferimento il Piano Paesistico approvato con DCR 27 Febbraio 1996, n° 67.
  • - definire in una scala di maggior dettaglio, nell'ambito della struttura insediativa di formazione storica, il perimetro dei centri e nuclei storici e dei relativi ambiti di pertinenza e disciplinare i tessuti storici come indicato al successivo Art. 15;
  • - verificare ed aggiornare, nell'ambito dell'edificato storico, urbano e rurale, la classificazione di valore degli edifici e dei complessi edilizi, e dei relativi spazi pertinenziali e disciplinare gli interventi ammissibili nel rispetto dei valori storico architettonici, paesaggistici e testimoniali;
  • - verificare ed aggiornare, la classificazione delle architetture rurali di rilevante interesse, e dei relativi intorni ambientali al fine di assicurare una disciplina degli interventi urbanistici ed edilizi compatibile con i caratteri tipologici ed i valori architettonici riconoscibili. Per il valore storico documentale riconosciuto a questi edifici, sono possibili interventi edilizi, anche preordinati al mutamento delle destinazioni d'uso, che mantengano inalterati lo schema distributivo originario, la tipologia costruttiva ed i materiali e le finiture attuali. Il PO deve dettare delle norme che tutelino sia l'edificio sia l'area di pertinenza del medesimo, gli interventi ammissibili devono mantenere o ripristinare la morfologia originaria della suddetta mantenendone in carattere rurale.
  • - precisare il perimetro di ville, parchi e giardini storici e delle aree storicamente e funzionalmente connesse a tali emergenze;
  • - precisare la localizzazione e definire le modalità di intervento sui manufatti e immobili di valore identitario;
  • - precisare la localizzazione e definire le modalità di intervento sulla rete infrastrutturale;
  • - definire norme di tutela dei tracciati storici e degli assi fondativi;
  • - indicare apposita disciplina per la realizzazione degli interventi edilizi riguardanti le aree a rischio archeologico e per gli scavi riguardanti i beni immobili tutelati con Decreto del MiBAC oppure ope legis, ai fini di preservare eventuali ritrovamenti archeologici;
  • - tutelare e valorizzare egli elementi di valore paesaggistico percettivo, in particolare i punti di vista panoramici, i percorsi caratterizzati da una forte intervisibilità, le linee di crinale;
  • - indicare le modalità di manutenzione e conservazione delle tipiche sistemazioni idraulico agrarie del paesaggio rurale.

5. L'identificazione del Patrimonio Territoriale ha valore ricognitivo e interpretativo delle strutture territoriali e delle componenti identitarie costitutive e caratterizzanti il territorio e richiede un costante aggiornamento in relazione alla sue dinamiche evolutive ovvero all'eventuale trasformazione delle sue componenti, con le modalità di cui all'articolo 6 della presente disciplina di piano.

6. Il Patrimonio Territoriale comprende il Patrimonio Culturale costituito dai beni culturali e paesaggistici di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e il paesaggio, così come definito dall'articolo 131 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

Capo 2 Invarianti Strutturali

Art.9 Invarianti Strutturali

1. Le Invarianti Strutturali "comprendono l'individuazione dei caratteri specifici delle strutture territoriali e delle componenti identitarie ritenute qualificative del Patrimonio Territoriale e la conseguente definizione dei principi generativi e delle regole che ne assicurano la tutela, la riproduzione e la persistenza".

2. Il PS In conformità al Piano di Indirizzo Territoriale della Regione Toscana con valenza di piano paesaggistico (PIT/PPR), individua quattro Invarianti Strutturali sull'intero territorio del Comune di Montemurlo:

  • - Invariante I - I caratteri idrogeomorfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici, definita dall'insieme dei caratteri geologici, morfologici, pedologici, idrologici e idraulici del territorio;
  • - Invariante II - I caratteri ecosistemici del paesaggio, definita dall'insieme degli elementi di valore ecologico e naturalistico presenti negli ambiti naturali, seminaturali e antropici, costitutivi della rete ecologica ed ambientale comunale;
  • - Invariante III - Il carattere policentrico dei sistemi insediativi, urbani e infrastrutturali, definita dall'insieme della città e insediamenti minori, dei sistemi infrastrutturali, produttivi e tecnologici presenti sul territorio;
  • - Invariante IV - I caratteri morfotipologici dei paesaggi rurali, definita dall'insieme degli elementi che strutturano i sistemi agro ambientali.

3. La rappresentazione delle Invarianti Strutturali e dei relativi componenti (morfotipi), elaborata verificando e precisando ad una scala di maggior dettaglio le perimetrazioni contenute nel PIT/PPR secondo le indicazioni degli Abachi delle Invarianti, trova riscontro e corrispondenza cartografica nell'elaborato di Quadro Progettuale denominato:

  • - Tav.QP02 - STATUTO DEL TERRITORIO - INVARIANTI STRUTTURALI

4. Le suddette invarianti strutturali, sulla base della "Scheda d'ambito di paesaggio 06 - Firenze - Prato - Pistoia " del PIT/PP, sono declinate in relazione ai Morfotipi individuati dal PS e, se del caso, alle Figure componenti, come indicato ai successivi articoli da 10 - 13.

5. Il PS persegue gli obiettivi generali indicati per ciascuna invariante negli artt. 10, 11, 12 ed 13 della Disciplina del Piano del PIT e, nei successivi articoli del presente Capo, indica obiettivi specifici ed azioni, in conformità alla disciplina statutaria del PIT, da declinare nei successivi atti di governo del territorio.

6. Le azioni per il conseguimento degli obiettivi di qualità paesaggistica negli ambiti locali di paesaggio, di cui al successivo articolo 21 delle presenti norme, sono attuate in conformità alle invarianti strutturali e, in modo particolare, alle regole di utilizzazione, manutenzione e trasformazione del patrimonio territoriale.

7. L'individuazione delle invarianti strutturali interessa l'intero territorio comunale e, fatte salve diverse disposizioni della presente Disciplina, non costituisce un vincolo di non modificabilità del bene ma il riferimento per definire le condizioni di trasformabilità.

Art.10 Invariante strutturale I: i caratteri idrogeomorfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici

1. I caratteri idrogeomorfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici costituiscono la struttura fisica fondativa dei caratteri identitari alla base dell'evoluzione storica dei paesaggi del territorio comunale. I principali elementi che caratterizzano l'invariante sono la struttura geologica, geomorfologica e idrogeologica, oltre a quella pedologica, nonché la loro evoluzione nel tempo.

2. Obiettivo generale dell'invariante è l'equilibrio dei sistemi idrogeomorfologici da perseguire attraverso le azioni indicate al comma 2 dell'Art. 7 della Disciplina del PIT/PPR.

3. Nel territorio del Comune di Montemurlo il PS individua i seguenti sistemi morfogenetici e li rappresenta nella Tav.QP02, in conformità alle classificazioni ed indicazioni dell'Abaco dell'invariante I del PIT:

  1. Morfotipo 1.1 - Pianure e fondovalle
    • - Sistema morfogenetico Bacini di esondazione (BES),
    • - Sistema morfogenetico dell'Alta pianura (ALP)
  2. Morfotipo 1.2 - Collina
    • - Sistema morfogenetico della Collina a versanti ripidi sulle Unità Liguri (CLVr), che comprende il Sistema morfogenetico della Collina sulle Ofioliti
    • - Sistema morfogenetico della Collina a versanti dolci sulle Unità Liguri (CLVd)
    • - Sistema morfogenetico della Collina a versanti dolci sulle Unità Toscane (CTVd)
  3. Morfotipo 1.3 - Montagna
    • - Montagna silicoclastica (MOS)

4. Il PS, sulla base delle caratteristiche, dei valori e delle criticità indicati per i sistemi morfogenetici nell'Abaco dell'invariante I e nella scheda Ambito di paesaggio 06 Firenze - Prato - Pistoia del PIT, indica per per ciascun sistema morfogenetico, le azioni elencate dal PIT/PPR e le regole, basate su tali azioni, di utilizzazione manutenzione e trasformazione, da declinare nei successivi atti di governo del territorio.

5. Morfotipo 1.1 - Pianure e fondovalle

5. 1 - Il morfotipo 1.1 "Pianure e fondovalle", comprende i seguenti sistemi morfogenetici:

a. Bacini di esondazione (BES):

Comprendono le aree depresse delle pianure alluvionali e dei maggiori fondovalle, interessate naturalmente dalle maggiori esondazioni, con predisposizione al ristagno di acqua. Costituiscono formazioni geologiche tipiche del morfotipo: depositi fluviali di piena, distali, a bassa energia, limosi e argillosi.
Si tratta di bacini a pendenze minime e non percepibili direttamente e, nella assoluta maggioranza, possiedono un denso sistema di drenaggio assistito, costituito soprattutto da opere minori e realizzato nel corso dei secoli per poter utilizzare le superfici.
Il Comune di Montemurlo è interessato solo marginalmente da questo morfotipo, localizzato nell'estremità meridionale del territorio, e individuato da un'area depressa determinata dalla confluenza del torrente Meldancione con il torrente Agna.

indicazioni per le azioni
  • - limitare il consumo di suolo per ridurre l'esposizione al rischio idraulico e mantenere la permeabilità dei suoli;
  • - mantenere e ove possibile ripristinare le reti di smaltimento delle acque superficiali;
  • - regolamentare gli scarichi e l'uso di sostanze chimiche ad effetto eutrofizzante dove il sistema di drenaggio coinvolga aree umide di valore naturalistico.

b. Alta pianura (ALP):

L'Alta pianura è caratterizzata da conoidi alluvionali e bassi terrazzi fluviali. I suoli sono profondi, piuttosto grossolani ma con frequenti coperture limose, variamente permeabili e ben drenati. Si tratta in ogni caso di suoli poco alterati e dilavati, con buone riserve di fertilità.
Le aree di Alta Pianura storicamente costituiscono luogo sia di agricoltura specializzata, che di insediamento urbano. Il territorio di Montemurlo è stato interessato da importanti interventi di sicurezza idraulica, aventi lo scopo di arrestare la naturale dinamica di esondazione e sedimentazione.

indicazioni per le azioni
  • - limitare il consumo di suolo per ridurre l'esposizione al rischio idraulico e salvaguardare i caratteri qualitativi e quantitativi delle risorse idriche;

c. Regole e principi di utilizzazione, manutenzione e trasformazione del Morfotipo 1,1 "Pianura e fondovalle"

Le regole e i principi di utilizzazione fanno diretto riferimento al documento QG - Relazione Geologica. Prescrizioni e direttive.
Fatte salve le indicazioni di carattere sovraordinato e quelle idrauliche, il fondovalle non presenta, sostanzialmente, limitazioni alle trasformazioni antropiche.
La tutela della falda idrica presente nei depositi alluvionali di fondovalle, soprattutto in relazione alla sua scarsa protezione naturale, risulta di primaria importanza. Dovranno quindi essere adottate, anche a carattere locale, misure di salvaguardia e di protezione delle falde idriche.

6. Morfotipo 1.2 - Collina

6.1 - Il morfotipo 1.2 "Collina", comprende i seguenti sistemi morfogenetici:

a. Collina a versanti ripidi sulle Unità Liguri (CLVr):

Si tratta di superfici interessate da sollevamenti recenti che caratterizzano le pendici del monte Mezzano e del Monteferrato e sono costituite dal Morfotipo della collina sulle Ofioliti. L'area si caratterizza per la presenza di alcune cave ad oggi dismesse, e dalla presenza di alcune sorgenti.

indicazioni per le azioni
  • - limitare gli interventi che riducono l'infiltrazione dell'acqua, in particolare l'impermeabilizzazione del suolo, e che comportano la riduzione prolungata della copertura forestale;
  • - evitare che la viabilità minore destabilizzi i versanti;

a1. Collina sulle ofioliti

Strutturalmente la Collina sulle Ofioliti coincide con la Collina a versanti ripidi sulle Unità Liguri. Occupa la sommità del Monteferrato e del Monte Mezzano. I suoli sono tendenzialmente sottili, a tessitura fine e ricchi di elementi grossolani composti da basalti, serpentiti e gabbri. La composizione mineralogica di queste rocce, risulta ricca di metalli pesanti, come manganese, cromo, nichel, rame e ferro, elementi tutti estremamente selettivi per la flora.

Infatti un numero non indifferente di specie dei substrati ofiolitici, le serpentinofite, a causa dell'alta percentuale di metalli pesanti presenti nel suolo, ha subito processi mutageni e costituiscono entità endemiche di queste aree.

indicazioni per le azioni
  • - tutelare e conservare i peculiari caratteri geomorfologici e paesaggistici degli affioramenti di ofioliti;
  • - evitare che la viabilità minore destabilizzi i versanti;

d. Collina a versanti dolci sulle Unità Liguri (CLVd):

Risulta costituita dai primi rilievi collinari fino a 250 metri di quota, caratterizzati da morfologie dolci dovute alla facile erodibilità delle litologie argillitiche del substrato, riferibili alla formazione di sillano. Le caratteristiche morfologiche hanno permesso la coltivazione a vite ed olivo su terrazzamenti artificiali documentati fin da epoche remote. Più a monte affiora nella zona centrale del territorio collinare del Comune in strati di spessore variabile da pochi centimetri ad un metro circa la formazione di Monte Morello. I naturali fenomeni di dissoluzione chimica da parte delle acque piovane e di circolazione che attaccano le litologie calcaree di questa formazione sono responsabili del limitato spessore dei suoli generalmente presenti al di sopra del substrato roccioso. L'area è caratterizzata sopratutto da formazione boschive con alcune isole di coltivi di particolare pregio paesaggistico come l'area di Albiano, i pascoli di Javello e Guzzano.

L'intera area collinare si caratterizza per la presenza di numerose fonti e sorgenti, alcuni invasi artificiali come quello presso la fattoria di Javello, il lago di Bagnolo e il piccolo bacino sopra la Rocca.

indicazioni per le azioni
  • - evitare gli interventi di trasformazione che comportano alterazioni del deflusso superficiale al fine della prevenzione del rischio geomorfologico;
  • - evitare che la viabilità minore destabilizzi i versanti.

e. Collina a versanti dolci sulle Unità Toscane (CTVd):

È caratterizzata dal membro pelitico arenaceo della formazione dell'Acquerino che affiora in aree limitate sul fondo valle dell'Agna, all'altezza di Tobbiana e all'estremità nord del territorio comunale È costituita da siltiti prevalenti con strati di arenaria e, più raramente, di marne. Lo spessore degli strati arenacei è generalmente compreso fra 10 e 25 centimetri; la granulometria varia da fine a grossolana al variare dello spessore degli strati. I tratta dii un'area caratterizzata da versanti da dolci a mediamente ripidi. Si caratterizza per la presenza di un'area boscata con la presenza di emergenze vegetazionali di elevato valore rappresentate dalle faggete abissali di Reticaia.

indicazioni per le azioni
  • - limitare gli interventi che riducono l'infiltrazione dell'acqua, in particolare l'impermeabilizzazione del suolo, e che comportano la riduzione della copertura forestale di lunga durata;
  • - evitare che la viabilità minore destabilizzi i versanti;

f. Regole e principi di utilizzazione, manutenzione e trasformazione del Morfotipo 1.2 "Collina"

Le regole e i principi di utilizzazione fanno diretto riferimento al documento QG - Relazione Geologica. Prescrizioni e direttive.

Considerate le criticità litologiche e di evoluzione morfologica della collina, risulta necessario evitare azioni che comportino alterazioni del suolo e del deflusso superficiale, limitare l'erosione dei suoli anche in relazione alla minore resistenza agli agenti dei terreni argillosi e sabbiosi.

Particolare attenzione dovrà essere posta alle azioni che comportino aumento dell'erosione regressiva delle scarpate e, soprattutto nelle aree agricole, limitando quelle pratiche che, in corrispondenza delle litologie coesive, favoriscono l'erosione e i deflussi sia diffusi che concentrati, anche in relazione al depauperamento del suolo.

Risultano inoltre da evitare, soprattutto in corrispondenza delle litologie argillose, quelle azioni che inducano potenziali instabilità di versante.

In particolare risultano da favorire, anche attraverso incentivazione negli strumenti di pianificazione urbanistica, le pratiche agricole che aumentino la protezione del suolo e delle falde idriche. Devono inoltre essere tutelate e, ove necessario recuperate, le sistemazioni idraulico-forestali esistenti.

Dovranno essere limitati gli interventi sulla viabilità, sia principale che secondaria, che possano indurre fenomeni di instabilità dei versanti.

7. Morfotipo 1.3 - Montagna

7.1 - Il morfotipo 1.3 "Montagna" comprende il seguente sistema morfogenetico:

a. Montagna silicoclastica (MOS)

La formazione dell'Acquerino occupa l'area di alta collina ed è costituita da arenarie grossolane in strati molto spessi e in banchi con intercalazioni sottili di siltiti ed argilliti; talora alla base dei banchi sono presenti brecciole costituite da calcari micritici, siltiti ed argilliti. L'elevata resistenza all'alterazione delle arenarie di questa formazione fanno sì che la pendenza sia quasi ovunque superiore al 35%, tanto che l'utilizzo di questi terreni per pratiche agricole è sempre stato sporadico e limitato alla selvicoltura.

Si tratta di una area boscata ad elevata maturità con la forte presenza di faggio e castagno. Sul lato est a confine con Vaiano si rileva la presenza di una vasta area caratterizzata dalla presenza di ginestrone. Queste cenosi si sono insediate a seguito dell'intensa degradazione dei suoli prima destinati a castagno Queste macchie monospecifiche rappresentano una peculiarità territoriale.

indicazioni per le azioni
  • - evitare gli interventi di trasformazione che comportano aumento del deflusso superficiale alterazione della stabilità dei versanti al fine della prevenzione del rischio geomorfologico;
  • - evitare che interventi relativi alla viabilità minore destabilizzino i versanti.

b. Regole e principi di utilizzazione, manutenzione e trasformazione del Morfotipo 1.3 "Montagna"

Le regole e i principi di utilizzazione fanno diretto riferimento al documento QG - Relazione Geologica. Prescrizioni e direttive.

Considerate le caratteristiche peculiari di questo morfotipo, risulta necessario evitare quelle azioni che comportano aumento del deflusso superficiale ed alterazione della stabilità dei versanti. Deve essere limitata l'erosione dei suoli e salvaguardata l'infiltrazione nel terreno al fine di mantenere le potenzialità di riserva idrica, anche attraverso il mantenimento della copertura forestale.

Risultano inoltre da evitarsi quelle azioni che potenzialmente possano provocare instabilità di versante.

Devono essere tutelate e, ove necessario recuperate, le sistemazioni idraulico-forestali esistenti

8. Ulteriori azioni finalizzate alla tutela dell'integrità fisica del territorio sono definite nel Capo 3 del Titolo III delle presenti norme, in relazione alla prevenzione dei rischi geologico, idraulico e sismico.

Art.11 Invariante strutturale II: i caratteri ecosistemici del paesaggio

1. I caratteri ecosistemici rappresentano la struttura biotica del paesaggio comunale e definiscono un ricco ecomosaico con prevalenti matrici agricole e forestali, con buoni livelli di biodiversità e localizzati, rilevanti valori naturalistici.

2. Obiettivo generale dell'invariante è elevare la qualità ecosistemica del territorio comunale, attraverso l'efficienza della rete ecologica, l'alta permeabilità ecologica del territorio nelle sue diverse articolazioni, l'equilibrio delle relazioni fra componenti naturali, seminaturali e antropiche dell'ecosistema, come indicato al comma 2 dell'Art.8 della Disciplina del PIT/PPR.

3. Nel territorio del Comune di Montemurlo il PS individua i seguenti sistemi ecosistemici e li rappresenta nella Tav.QP02, in conformità alle classificazioni ed indicazioni dell'Abaco dell'invariante II del PIT:

ELEMENTI STRUTTURALI della Rete ecologica

  1. a. Ecosistemi forestali:
    1. a.1 - Aree forestali dei castagni e faggi di Iavello (Nodo primario forestale);
    2. a.2 - Area di crinale boscata del Colle Poggiolino (Nodo forestale secondario);
    3. a.3 - Aree forestali concentrate nella collina boscata di Montemurlo, di connessione tra i due nodi primari e le aree agricole (Matrice forestale ad elevata connettività);
    4. a.4 - Tratti dei torrenti Agna e Bagnolo, e di alcuni rii minori che presentano formazioni arboree, arbustive ed erbacee (Corridoi ripariali)
  2. b. Ecosistemi agropastorali:
    1. b.1 - Aree della collina a prevalenza di oliveto (Nodo degli agroecosistemi);
    2. b.2 - Aree agricole di collina corrispondenti agli ambiti di Javello, Guzzano e Albiano (Agroecosistema frammentato attivo);
    3. b.3 Aree isolate della collina boscata (Agroecosistema frammentato in abbandono con ricolonizzazione arborea ed /arbustiva);
    4. b.4 - Aree della pianura prevalentemente coltivata a seminativo (Matrice agroecosistemica di pianura urbanizzata);
    5. b.5 - Aree di pianura interessate dal vivaismo, o fortemente frazionate con sistemi colturali complessi (Agroecosistema intensivo).
  3. c. Ecosistemi palustri e fluviali:
    1. c.1 - Aree umide costituite dagli specchi d'acqua collinari (Zone umide)
    2. c.2- Reticolo idrografico (ecosistemi fluviali)
  4. d. Ecosistemi rupestri e calanchivi:
    1. d.1 - Habitat rupestri in corrispondenza del Monte Ferrato e nelle cave dismesse della collina.
  5. e. Ecosistemi arbustivi e delle macchie:
    1. e.1 - Aree di degradazione dei boschi di latifoglie composte prevalentemente da ginestrone nell'area di Casa Cave.

f. ELEMENTI FUNZIONALI della Rete ecologica

  • - Tratti del torrente Agna
  • - Aree agricole di pianura poste tra il territorio urbanizzato e il torrente Agna corrispondenti alla zona vivaistica (Aree critiche per processi di artificializzazione).
  • - Aree verdi interne al territorio urbanizzato

4. Il PS, sulla base delle specifiche caratteristiche, dei valori, ove presenti, e delle criticità indicati nell'Abaco dell'invariante II e nella scheda Ambito di paesaggio 06 Firenze - Prato - Pistoia del PIT, indica per ciascun elemento strutturale e funzionale della rete ecologica, le azioni elencate dal PIT/PPR e le regole, basate su tali azioni, di utilizzazione manutenzione e trasformazione, da declinare nei successivi atti di governo del territorio.

A. ECOSISTEMI FORESTALI

Gli ecosistemi forestali comprendono i seguenti morfotipi:

a.1. Aree forestali dei castagni e faggi di Iavello (Nodo forestale primario).

La rete ecologica si basa principalmente sul valore strategico dei nodi primari e secondari quali aree boscate di elevata qualità costituite da formazioni mature e continue di elevata idoneità per le specie sensibili alla frammentazione ecologica. La matrice forestale quindi rappresenta un importante elemento di connessione. Sono nodi primari i vasti boschi costituiti da castagno e faggio posti sul Monte Javello, nell'area di alta collina posta a Nord del territorio comunale. Si tratta di cedui semplici e si presentano in buono stato. Questi cedui sono molto densi e si dovrebbe provvedere a diradamenti e sfolli, onde favorire maggiori incrementi diametrali ed eliminare le piante malate.

All'interno dell'invariante si rilevano i boschi di Casa Cave, una vasta area di proprietà dell'amministrazione comunale, e l'area colonizzata dal ginestrone. Parte dell'invariante è interessata dal SIC n. 41 "Monteferrato e Monte Iavello".

Indicazioni per le azioni:
  • - Mantenere e migliorare la qualità degli ecosistemi forestali attraverso la tutela dei nuclei forestali a maggiore maturità e complessità strutturale;
  • - ridurre e mitigare gli impatti legati alla diffusione di fitopatologie e degli incendi;
  • - Promuovere il recupero dei castagneti da frutto;
  • - ridurre e mitigare gli impatti/disturbi sui margini dei nodi e mantenere e/o migliorare il grado di connessione con gli altri nodi (primari e secondari);
  • - migliorare la gestione selvicolturale dei boschi suscettibili alla invasione di specie aliene (robinia);
  • - mantenere e/o migliorare la qualità ecosistemica complessiva degli ecosistemi arborei ripariali, dei loro livelli di maturità, complessità strutturale e continuità longitudinale e trasversale ai corsi d'acqua.
  • - Tutela e valorizzazione attiva degli habitat forestali di interesse comunitario.

a.2 - Area di crinale boscata del Colle Poggiolino (Nodo forestale secondario).

I nodi forestali secondari si localizzano nella parte ovest, sull'area collinare prospiciente l'Agna e sono costituiti da boschi misti di latifoglie e conifere. Dette aree presentano un progressivo stato di abbandono che favorisce l'ingresso di specie alloctone infestanti, in particolare la robinia che tende ad occupare porzioni dominanti. Dette zone sono soggette a potenziale dissesto idrogeologico e a incendio diventando quindi ambiti di possibile alterazione profonda dell'assetto forestale (anche dei nodi primari).

All'interno vi si trovano le faggete abissali di Reticaia che rappresentano un'emergenza vegetazionale di particolare valore.

Indicazioni per le azioni:
  • - mantenere e migliorare la qualità degli ecosistemi forestali attraverso la tutela dei nuclei forestali a maggiore maturità e complessità strutturale;
  • - promuovere il recupero dei castagneti da frutto;
  • - ridurre e mitigare gli impatti legati alla diffusione di fitopatologie e degli incendi;
  • - ridurre e mitigare degli impatti/disturbi sui margini dei nodi e mantenere e/o migliorare il grado di connessione con gli altri nodi (primari e secondari);
  • - migliorare la gestione selvicolturale dei boschi suscettibili alla invasione di specie aliene (robinia).

a.3 - Aree forestali concentrate nella collina boscata di Montemurlo, di connessione tra i due nodi primario e secondario, e le aree agricole (Matrice forestale ad elevata connettività).

Nella parte centrale collinare si trovano i boschi di latifoglie varie a prevalenza di querceti a cerro e roverella. Si tratta per lo più di cedui produttivi, confinanti con coltivi e pascoli, a nord si trovano infatti i prati della fattoria di Iavello, a ovest le aree coltivate di Albiano e nella parte centrale l'area di Guzzano.

Nella zona a sud Est si trovano i boschi del Monteferrato, formati da Pino Marittimo. La pineta si presenta fortemente degradata, con piante spesso stentate e a scarsa rinnovazione. I fattori che hanno causato tale degrado vanno ricercati, oltre alla frequenza degli incendi, anche al substrato pedologico a prevalenza di rocce ofiolitiche che condizione fortemente la vegetazione. La rinnovazione vegetazionale risulta inoltre ostacolata, nelle aree circostanti le cave di Bagnolo, dall'insediamento di rovi.

Indicazioni per le azioni:
  • - migliorare la qualità degli ecosistemi forestali e dei loro livelli di maturità e complessità strutturale;
  • - ridurre e mitigare gli impatti legati alla diffusione di fitopatologie e incendi;
  • - controllare/limitare la diffusione di specie aliene o di specie invasive nelle comunità vegetali forestali

a.4 - Tratti dei torrenti Agna e Bagnolo, e di alcuni rii minori che presentano formazioni arboree, arbustive ed erbacee (Corridoi ripariali).

I corridoi ripariali sono costituiti dai tratti di reticolo idrografico interessati dalla presenza di formazioni ripariali arboree (saliceti, pioppete, ontanete) maggiormente estese e continue lungo le aste fluviali principali e spesso con buoni livelli di idoneità per le specie focali. A Montemurlo sono le formazioni boscate e/o arbustive lungo i principali corsi d'acqua e presso i rii minori che non attraversano le aree boscate di grande dimensione.

Indicazioni per le azioni:
  • - migliorare la qualità ecosistemica complessiva degli ambienti fluviali, degli ecosistemi ripariali e dei loro livelli di maturità, complessità strutturale e continuità longitudinale e trasversale ai corsi d'acqua;
  • - ridurre i processi di artificializzazione degli alvei, delle sponde e delle aree di pertinenza fluviale;
  • - migliorare la compatibilità ambientale della gestione idraulica e delle attività di pulizia delle sponde;
  • - Migliorare la qualità delle acque.
  • - Valorizzare gli strumenti di partecipazione delle comunità locali alla gestione e la conservazione degli ecosistemi fluviali.

Regole di utilizzazione, manutenzione e trasformazione degli ecosistemi forestali

L'estensione e la continuità della copertura forestale sono caratteri identitari di particolare valore e devono essere mantenuti, evitando la frammentazione dell'ecosistema tramite l'apertura di nuove strade. Dove però la copertura forestale è recente e caratterizzata da boschi di ridotto valore naturalistico e paesaggistico, è auspicabile il ripristino di colture erbacee o arboree, nel rispetto delle leggi regionali in materia. È tuttavia di grande importanza ecologica e paesaggistica il mantenimento delle fasce boscate presenti lungo i corsi d'acqua e negli impluvi, ancorché di formazione recente, in quanto elementi della struttura ecosistemica di particolare valore patrimoniale.

L'ecosistema naturale e il bosco in particolare, oltre a quelle ecologiche, svolge funzioni plurime. Occorre pertanto favorire le attività di educazione ambientale, di ricreazione e di svago all'interno del sistema forestale e per favorire tale multifunzionalità, è opportuno diffondere tra gli operatori privati conoscenze tecniche ed ecologiche sulla gestione forestale naturalistica.

In tutto il territorio comunale assume grande importanza ecologica e paesaggistica prevenire la diffusione di specie vegetali alloctone invasive e, in particolare, della robinia o cascia (Robinia pseudacacia) e dell'ailanto (Ailanthus altissima). Tale prevenzione andrà attuata con specifici indirizzi pianificatori per i nuovi impianti di verde, pubblico e privato, nonché favorendo la diffusione delle conoscenze sugli impatti ambientali e paesaggistici prodotti dalle specie animali e vegetali alloctone.

Il PO dovrà prevedere specifica disciplina che assicuri:

  • - recupero e mantenimento delle sistemazioni idraulico-forestali e dell'efficienza del reticolo di smaltimento delle acque meteoriche;
  • - stabilizzazione dei versanti anche con tecniche di ingegneria naturalistica;
  • - contrasto alla diffusione delle specie infestanti;
  • - riqualificazione della copertura forestale originaria e\o recupero delle preesistenti aree a pascolo e seminativo in modo da potenziare gli elementi di biodiversità per la transizione in nodo forestale primario (nei boschi costituenti la matrice di connettività);
  • - la tutela e, dove necessario, recupero della rete di pozze, aree umide e corsi d'acqua minori per la conservazione di specie rare di flora e fauna;
  • - definizione e attuazione di protocolli di gestione per la conservazione e il miglioramento degli arbusteti a Ulex;
  • - definizione di misure attuative e contrattuali per la conservazione e il recupero dei castagneti da frutto.

B. ECOSISTEMI AGROPASTORALI

Gli ecosistemi agropastorali comprendono i seguenti morfotipi:

b.1 - Aree della collina a prevalenza di oliveto (Nodo degli agroecosistemi).

Sono le aree delimitate a sud dall'abitato di Montemurlo e Bagnolo e a nord dai terreni posti a 250 ml slm circa di altitudine, caratterizzati dalla presenza e diffusione delle consociazioni più tipiche del paesaggio collinare toscano (vite e olivo, seminativo vitato e/o olivato) e delle sistemazioni idraulico-agrarie storiche (terrazzamenti, ciglionamenti, ecc.) nonché da una particolare concentrazione di architetture rurali di rilevante interesse.

Indicazioni per le azioni:
  • - ridurre il consumo di suolo agricolo a opera dell'urbanizzato diffuso e delle infrastrutture.
  • - conservazione e potenziamento delle dotazioni ecologiche degli agroecosistemi con particolare riferimento agli elementi vegetali lineari e puntuali (siepi, filari alberati, boschetti, alberi camporili).
  • - conservazione delle sistemazioni idraulico-agrarie di versante (terrazzamenti, ciglionamenti, ecc.) e della tessitura agraria.
  • - adottare politiche per la riduzione del carico di ungulati e dei relativi impatti sugli ecosistemi agropastorali.
  • - mantenere gli assetti idraulici e del reticolo idrografico minore per il nodo di pianura.
  • - mantenere e valorizzare l'agrobiodiversità.

b.2 - Aree agricole di collina corrispondenti agli ambiti di Javello, Guzzano e Albiano (Agroecosistema frammentato attivo).

Fa parte dell'invariante la collina compresa tra quota 300 m. slm e quota 500 m. slm. Il confronto tra il catasto, le foto aeree del volo GAI e quelle più recenti, mette in evidenza come quest'area sia quella che ha subito le più forti trasformazioni agrarie, passando da un territorio fortemente frazionato e coltivato secondo le classiche forme mezzadrili della montagna, con associazioni colturali assai differenziate e la presenza di pascoli ed allevamenti, all'accorpamento di aree ed impoverimento delle colture, con la sostituzione di oliveti, o pascoli, o seminativi alle precedenti coltivazioni. Si tratta di aree non facilmente accessibili dalla piana, di difficile manutenzione con la sola attività agricola, ma di grande valore ambientale e paesaggistico nelle aree di Guzzano, Iavello ed Albiano.

Indicazioni per le azioni:
  • - mantenere e recuperare le tradizionali attività agricole e di pascolo anche attraverso la sperimentazione di pratiche innovative che coniughino vitalità economica con ambiente e paesaggio.
  • - mantenere le sistemazioni tradizionali idraulico - agrarie di versante (terrazzamenti, ciglionamenti, ecc.) e della tessitura agraria.
  • - adottare politiche per la riduzione del carico di ungulati e dei relativi impatti sulle attività agricole.

b.3 - Aree isolate della collina boscata (Agroecosistema frammentato in abbandono con ricolonizzazione arborea ed /arbustiva).

Sono aree confinanti ad Albiano e Guzzano che, a causa dell'abbandono delle attività agricole e zootecniche, sono state colonizzate da vegetazione arborea e arbustiva.

Indicazioni per le azioni:
  • - mantenere e recuperare, ove possibile, le tradizionali attività agricole, di pascolo e di gestione tradizionale degli arbusteti, limitando i processi di espansione e ricolonizzazione arborea e arbustiva, favorendo lo sviluppo di un'agricoltura innovativa.
  • - mantenere le sistemazioni idraulico-agrarie di versante (terrazzamenti, ciglionamenti, ecc.) e della tessitura agraria.

b.4 Aree della pianura prevalentemente coltivata a seminativo (Matrice agroecosistemica di pianura urbanizzata).

Si tratta dei terreni situati fra l'abitato di Bagnolo e il Mulino subito sopra la Montalese, delle aree agricole racchiuse tra il torrente Bagnolo e l'abitato di Oste e Montemurlo a Est e le aree agricole poste lungo il torrente Agna a ovest. Sono ancora riconoscibili le strutture dell'insediamento storico; in particolare, se si eccettua la nuova strada provinciale e l'insediamento del Mulino, la Valle del Bagnolo conserva quasi intatta la conformazione del territorio agricolo ottocentesco, sia verso la piana che nei primi territori della collina, consentendo così la tutela di un paesaggio ancora significativo e stabile.

Indicazioni per le azioni:
  • - limitare il consumo di suolo evitando la saldatura delle aree urbanizzate e conservando i varchi inedificati.
  • - conservare gli elementi di connessione tra le aree agricole di pianura e tra queste e il paesaggio collinare circostante (aree agricole di connessione).
  • - mantenere le attività agricole, favorendo lo sviluppo di un'agricoltura innovativa che coniughi vitalità economica con ambiente e paesaggio.
  • - migliorare la permeabilità ecologica delle aree agricole anche attraverso la ricostituzione degli elementi vegetali lineari e puntuali (siepi, filari alberati, boschetti, alberi camporili), la creazione di fasce tampone lungo gli impluvi e il mantenimento dei residuali elementi naturali e seminaturali.
  • - Mitigare gli impatti dell'agricoltura intensiva sul reticolo idrografico e sugli ecosistemi fluviali, lacustri e palustri promuovendo attività agricole con minore consumo di risorse idriche e minore utilizzo di fertilizzanti e prodotti fitosanitari.
  • - evitare i processi di intensificazione delle attività agricole, di eliminazione degli elementi vegetali lineari del paesaggio agricolo o di urbanizzazione nelle aree agricole dell'Agna.
  • - Conservare il caratteristico reticolo idrografico minore e di bonifica della pianura agricola alluvionale.
  • - Conservare le zone umide interne alla matrice agricola urbanizzata e migliorarne la loro qualità ecosistemica.

b.5 - Aree di pianura interessate dal vivaismo, o fortemente frazionate con sistemi colturali complessi (Agroecosistema intensivo).

Si tratta delle aree agricole poste lungo l'Agna comprese tra la villa del Popolesco a Nord e la cassa di espansione dell'Agna a sud, attualmente destinate a vivaio.

Indicazioni per le azioni:
  • - tutelare il reticolo idrografico di pianura e dei livelli qualitativi delle acque superficiali e sotterranee;
  • - limitare il consumo di suolo ai soli interventi agricoli;
  • - aumento dei livelli di sostenibilità ambientale delle attività agricole intensive, miglioramento della loro infrastrutturazione ecosistemica e mantenimento dei relittuali elementi agricoli tradizionali.
  • - controllo degli impatti dell'agricoltura intensiva sul reticolo idrografico e sugli ecosistemi fluviali promuovendo attività agricole con minore consumo di risorse idriche e minore utilizzo di fertilizzanti e prodotti fitosanitari.

Regole di utilizzazione, manutenzione e trasformazione degli ecosistemi agropastorali

Per garantire il mantenimento e il miglioramento delle funzioni ecologiche degli agroecosistemi è necessario aumentare la permeabilità ecologica della matrice agricola, attraverso l'incremento o la ricostituzione di elementi vegetali puntuali e lineari (siepi, filari alberati, boschetti, alberi camporili, ecc.), e favorire il recupero delle aree agricole frammentate interessate da processi di ricolonizzazione arbustiva.

Mantenere gli agroecosistemi di alto valore naturale favorendo, ove possibile, le attività zootecniche e un'agricoltura innovativa che coniughi vitalità economica con ambiente e paesaggio.

Valorizzazione e conservazione dell'agrobiodiversità (sia in ambito agrario che zootecnico) che rappresenta un elemento di connessione con la qualità del paesaggio agropastorale.

In conformità alle norme vigenti in materia (comunitarie, nazionali e regionali), negli interventi di ristrutturazione dei complessi rurali o di nuova edificazione è poi necessario incentivare l'utilizzo di accorgimenti tecnici per favorire la salvaguardia o l'incremento delle popolazioni di chirotteri (pipistrelli), di rapaci diurni e notturni, di rondini, anche attraverso iniziative divulgative pubbliche.

Per accrescere la consapevolezza comune, è opportuno favorire la diffusione delle conoscenze in merito alla creazione di fasce non coltivate al margine dei campi, onde aumentare la naturalità e la continuità ecologica dell'agrosistema: tali fasce permettono, infatti, il ritorno di molte specie spontanee di flora e rappresentano l'habitat vitale per piccoli organismi (insetti, rettili, micromammiferi), oltre che aree di caccia e di alimentazione per molti altri animali (uccelli, mammiferi).

A fini agronomici, ecologici e paesaggistici, oltre che per prevenire il deflusso superficiale e l'erosione del suolo, è inoltre opportuno favorire la diffusione delle conoscenze sulla funzione delle sistemazioni idraulico-agrarie e, più in generale, sul sistema di regimazione delle acque superficiali.

È indispensabile, infine, favorire il mantenimento delle aree agricole nella pianura alluvionale, riducendo i processi di dispersione insediativa nel territorio rurale ed evitando i processi di saldatura tra i centri abitati esistenti.

C. ECOSISTEMI PALUSTRI E FLUVIALI

Gli ecosistemi palustri e fluviali comprendono i seguenti morfotipi:

c. 1 - Aree umide costituite dagli specchi d'acqua collinari (Zone umide)

Si tratta delle aree riguardanti alcuni laghetti artificiali alimentati da acque sorgive.

  • - Lago di Javello utilizzato per uso agricolo e antincendio
  • - lago di Rocca utilizzato per uso agricolo e antincendio
  • - lago di Bagnolo utilizzato per l'acquedotto di Montemurlo
  • - lago di pesca sportiva di Bagnolo

Alcune piccole aree umide di pianura nonchè alcune casse di espansione

Indicazioni per le azioni:
  • - evitare i processi di artificializzazione delle aree circostanti e favorire la trasformazione delle attività agricole verso il biologico o comunque verso forme di agricoltura a elevata sostenibilità ambientale.
  • - Migliorare la qualità delle acque e ridurre le pressioni ambientali e delle fonti di inquinamento di origine industriale, civile o agricola, situate nelle aree adiacenti o comunque confluenti nelle aree umide.
  • - mantenere e/o incrementare, ove possibile, l'attuale superficie degli habitat umidi formatisi all'interno delle casse d'espansione della piana;
  • - controllo e riduzione della presenza di specie aliene invasive.
  • - Riqualificazione e valorizzazione dell'ecosistema umido formatosi a Cava Boscofondo.

c.2 - Reticolo idrografico (ecosistemi fluviali)

Indicazioni per le azioni:
  • - miglioramento della qualità ecosistemica complessiva degli ambienti fluviali, degli ecosistemi ripariali e dei loro livelli di maturità, complessità strutturale e continuità longitudinale e trasversale ai corsi d'acqua. Ciò anche mediante interventi di ricostituzione della vegetazione ripariale attraverso l'utilizzo di specie arboree e arbustive autoctone ed ecotipi locali. Obiettivo generale, ma da perseguire con particolare priorità nelle aree di connessione fluviale dell'Agna, identificata come Direttrice di connessione fluviale da riqualificare
  • - riduzione dei processi di artificializzazione degli alvei, delle sponde e delle aree di pertinenza fluviale, con particolare riferimento alle zone classificate Direttrici di connessione fluviale da riqualificare.
  • - miglioramento della compatibilità ambientale degli interventi di gestione idraulica, delle attività di pulizia delle sponde e di gestione della vegetazione ripariale e delle opere in alveo;
  • - mantenimento dei livelli di Minimo deflusso vitale e riduzione delle captazioni idriche per i corsi d'acqua caratterizzati da forti deficit idrici estivi.
  • - Mitigazione degli impatti legati alla diffusione di specie aliene invasive (in particolare di Robinia pseudaacacia).
  • - valorizzare gli strumenti di partecipazione delle comunità locali finalizzati alla gestione e conservazione degli ecosistemi fluviali (ad es. Contratti di fiume).

Regole di utilizzazione, manutenzione e trasformazione degli ecosistemi palustri e fluviali

Relativamente alle Aree umide è opportuno qualificare e valorizzare gli ecosistemi palustri e lacustri presenti sul nostro territorio, attraverso interventi di gestione naturalistica, anche a fini didattici e ricreativi.

È inoltre necessario porre attenzione alla progettazione e manutenzione delle casse di espansione onde qualificare, valorizzare ed ampliare gli ecosistemi palustri e lacustri presenti al loro interno.

Per quanto riguarda i corsi d'acqua, è necessario migliorare la qualità biochimica delle acque, aumentando la copertura depurativa dei reflui delle aree urbane e industriali, migliorandone l'efficienza e incentivando la fitodepurazione per nuclei rurali isolati. Per aumentare la permeabilità ecologica, è inoltre opportuno realizzare piccoli interventi di riconnessione ecologica in corrispondenza dei passaggi faunistici sui tratti urbani dei corsi d'acqua.

Occorre mantenere, incrementare e valorizzare la naturalità della rete ecologica dei corsi d'acqua.

Per accrescere la consapevolezza comune, è importante attivare iniziative per diffondere le conoscenze sulle funzioni e sulla corretta gestione dei corsi d'acqua. In particolare è opportuno:

  • - favorire la diffusione delle conoscenze sulle tecniche di ingegneria naturalistica, per ridurre i processi di artificializzazione degli alvei e delle sponde;
  • - promuovere forme di fruizione sostenibile dei corsi d'acqua e delle relative fasce ripariali;
  • - favorire la diffusione delle conoscenze in merito agli impatti ambientali e paesaggistici esercitati dalle specie animali e vegetali alloctone e, in particolare, della robinia o cascia (Robinia pseudacacia), dell'ailanto (Ailanthus altissima), e delle eventuali specie alloctone.

D. ECOSISTEMI RUPESTRI E CALANCHIVI

Gli ecosistemi rupestri e calanchivi corrispondono al seguente morfotipo:

d.1 - Habitat rupestri in corrispondenza del Monte Ferrato e nelle cave dismesse della collina.

Si tratta di ecosistemi, perlopiù montani o alto-collinari, caratterizzati dal forte determinismo edafico e fortemente caratterizzanti il paesaggio (spesso a costituire peculiari emergenze geomorfologiche). Oltre ai più vasti complessi rocciosi montani si associano numerosi elementi rupestri isolati e caratteristici affioramenti ofiolitici. Il morfotipo caratterizza una vasta area del Monteferrato confinante con l'ex discarica delle Volpaie.

Indicazioni per le azioni:
  • - Mantenimento dell'integrità fisica ed ecosistemica del complesso rupestre e del relativo habitat roccioso di interesse regionale e comunitario.
  • - Riqualificazione naturalistica e paesaggistica dei siti estrattivi e minerari abbandonati e delle relative discariche.
  • - Tutela dell'integrità dei paesaggi carsici superficiali e profondi.

Regole di utilizzazione, manutenzione e trasformazione degli ecosistemi rupestri e calanchivi

Il complesso rupestre del Monteferrato è caratterizzato dalla presenza di habitat e specie, di elevato interesse conservazionistico, legati agli affioramenti di serpentino/ofioliti, dove la presenza di rimboschimenti di pini e le loro successiva diffusione spontanea, deve essere tutelata al fine di evitare alterazione degli habitat presenti. Risulta importante poi, valorizzare la Cava delle Volpaie, che un tempo era utilizzata come discarica di rifiuti solidi urbani, ma che dal 2002, dopo essere stata sottoposta ad interventi di risanamento ambientale, potrebbe essere utilizzabile come area di verde attrezzato e per spettacoli all'aperto.

E. ECOSISTEMI ARBUSTIVI E DELLE MACCHIE

Gli ecosistemi arbustivi e delle macchie corrispondono al seguente morfotipo:

e.1 - Aree di degradazione dei boschi di latifoglie composte prevalentemente da ginestrone nell'area di Casa Cave.

Indicazioni per le azioni:
  • - conservazione dell'eterogenità dei paesaggi agroforestali e dei vari stadi del dinamismo vegetazionale.
  • - tutela degli habitat arbustivi, di macchia e di gariga di interesse comunitario/regionale o quali habitat elettivi per specie animali o vegetali di elevato interesse conservazionistico.
  • - mantenimento dei caratteristici mosaici di garighe e arbusteti spinosi delle montagne mediterranee.
  • - riduzione dei processi di abbandono delle attività di pascolo e di gestione tradizionale degli habitat arbustivi

Regole di utilizzazione, manutenzione e trasformazione degli ecosistemi arbustivi e delle macchie

Per l'importanza ecologica e paesaggistica delle brughiere a dominanza di ginestrone (uliceti), è importante attuare periodici interventi di conservazione attiva, eliminando gli esemplari arborei, cresciuti ai margini e all'interno di queste formazioni vegetali.

Per la funzione di rifugio e di luogo di riproduzione della fauna, è inoltre opportuno salvaguardare le condizioni di compenetrazione tra gli ambienti forestali e quelli aperti, attraverso il rilascio di piante isolate e di fasce arbustate a margine delle formazioni boschive.

In considerazione del costante aumento delle superfici arbustate, a fini ecologici e paesaggistici è necessario limitare i processi di espansione e di ricolonizzazione arborea e arbustiva, incentivando il decespugliamento delle aree agricole abbandonate da meno di 15 anni e il recupero delle tradizionali attività agricole e di pascolo.

F. ELEMENTI FUNZIONALI DELLA RETE ECOLOGICA

Costituiscono inoltre "elementi funzionali" della rete ecologica le seguenti aree e connessioni:

  1. a) le fasce del torrente Agna, che individuano un corridoio ecologico fluviale da riqualificare, dove devono essere perseguite le seguenti azioni:
    • - Miglioramento dei livelli di permeabilità ecologica delle aree di pertinenza fluviale riducendo i processi di consumo di suolo;
    • - Miglioramento dei livelli di qualità e continuità degli ecosistemi fluviali attraverso la riduzione e mitigazione degli elementi di pressione antropica e la realizzazione di interventi di riqualificazione e di ricostituzione degli ecosistemi ripariali e fluviali.
  2. b) le aree agricole di pianura poste tra il territorio urbanizzato e il torrente Agna corrispondenti alla zona vivaistica, che si configurano come "Aree critiche per processi di artificializzazione", e che devono perseguire:
    • - la riduzione/contenimento delle dinamiche di consumo di suolo;
    • - la mitigazione degli impatti ambientali;
    • - la riqualificazione delle aree degradate e il recupero dei valori naturalistici e di sufficienti livelli di permeabilità ecologica del territorio e di naturalità.
  3. c) le aree verdi interne al territorio urbanizzato, che svolgono un'importante funzione ecologica all'interno del centro abitato.

Art.12 Invariante strutturale III : il carattere policentrico e reticolare dei sistemi insediativi, urbani ed infrastrutturali

1. Il carattere policentrico del sistema insediativo del Comune di Montemurlo, fondato sui tre centri abitati di Montemurlo, Bagnolo e Oste, costituisce uno dei tratti dominanti del paesaggio locale che si è conservato anche dopo il processo di rapida evoluzione dell'originario modello insediativo agricolo verso la città industriale che ha interessato il comune dagli anni sessanta.

Nonostante gli ampliamenti e le trasformazioni della struttura urbana, rimane viva e leggibile l'identità dei singoli centri che rappresenta una risorsa da tutelare.

2. Obiettivo generale dell'invariante è la salvaguardia e la valorizzazione del carattere policentrico e delle specifiche identità paesaggistiche dei morfotipi insediativi che la identificano.

Il PS persegue tale obiettivo sulla base delle indicazioni contenute nel comma 2 dell'Art. 9 della Disciplina del della Disciplina del PIT/PPR.

3. Nel territorio del Comune di Montemurlo il PS individua, in conformità al PIT/PPR, il " Morfotipo insediativo urbano policentrico delle grandi pianure alluvionali"- Articolazione funzionale 1.1 "Piana Firenze- Prato-Pistoia", e lo rappresenta nella tavola QP02.

4. Il Morfotipo insediativo urbano policentrico delle grandi pianure alluvionali"- Articolazione funzionale 1.1 "Piana Firenze- Prato-Pistoia", si articola nelle seguenti figure componenti:

Figura componente - Prato e il sistema a pettine delle testate di valle sulla Cassia (specificazione locale della figura componente "Sistema a pettine delle testate di valle e dei centri doppi sulla viabilità pedecollinare")

Il Sistema comprende vari centri urbani che si snodano, in posizione sopraelevata, a dominio delle grandi piane alluvionali e fluviali, lungo la viabilità storica pedecollinare, alla confluenza delle valli secondarie.

Si tratta il più delle volte di centri doppi costituiti dal castello, che si sviluppa su un poggio a dominio della piana o della valle, e dal centro ottocentesco più recente che si è sviluppato lungo la viabilità storica sottostante. Il sistema viario di impianto storico che interessa l'area, è costituito da tre direttrici principali; su una di queste, la via Cassia, si attesta il sistema insediativo delle "testate di valle", che comprende anche il territorio di Montemurlo.

Gli insediamenti di Montemurlo e Bagnolo nati allo sbocco delle valli sono raccordati da una strada pedemontana il cui itinerario si è spostato verso valle in più fasi, sempre confermando la propria natura strutturale d'impianto degli insediamenti.

L'insediamento di Oste nasce più tardi frutto del rapido fenomeno di industrializzazione del comune.

A parte il tentativo non riuscito di un sviluppo lineare dell'abitato lungo la via Montalese i tre abitati di Montemurlo, Bagnolo e Oste mantengono il loro carattere policentrico il cui mantenimento è uno degli obiettivi principali del Piano.

Figura componente - Sistema reticolare della pianura centuriata di Firenze-Prato-Pistoia (specificazione locale della figura componente "Sistema reticolare di borghi e piccoli centri della maglia centuriata di pianura")

Il Sistema reticolare della pianura centuriata è ancora riconoscibile da alcune impronte storiche quali: edifici rurali, tracce di centuriazione della viabilità poderale, tracce di tradizionali tecniche di drenaggio, canali di scolo, filari di alberi e siepi idrofile, manufatti architettonici che sopravvivono come testimonianza della struttura territoriale storica, sebbene inglobati all'interno del territorio urbanizzato.

Tracce della centuriazione romana sono ancora leggibili nelle aree agricole di pianura che risulta organizzata secondo una griglia di circa settecentodieci metri di lato fino a via Garibaldi di Montale, con una angolazione dei campi e delle vie comunali e vicinali che si ripete in tutto il territorio, generata dalla linea Galciana - via Asinelli di Montale.

Tale circostanza fa ritenere che il territorio della piana sia stato colonizzato in epoca romana, fino alla linea della Smilea, in territorio di Montale (Smilea da Mausoleum, cippo al confine della centuriazione: in territorio emiliano è frequentissimo il termine smilea), ed abbia conservato la centuriazione iniziale fino almeno a tutti gli anni cinquanta del novecento.

Nella tavola QP02 dello Statuto del territorio, sono individuati gli elementi sui cui si basa l'individuazione della centurazione. Occorre tener presente che sia l'Agna che il Bagnolo hanno corsi artificiali, creati a partire dal 1200, e pertanto la suddivisione regolare si perde nei territori interessati dai due fiumi.

5. Il PS, sulla base delle specifiche caratteristiche, dei valori e delle criticità indicati nell'Abaco dell'invariante III e nella scheda Ambito di paesaggio 06 Firenze - Prato - Pistoia del PIT, indica per il morfotipo insediativo 1.1, in cui si riconosce, le azioni elencate dal PIT/PPR e le regole, basate su tali azioni, di utilizzazione manutenzione e trasformazione, da declinare nei successivi atti di governo del territorio.

Morfotipo insediativo urbano policentrico delle grandi pianure alluvionali
Articolazione funzionale 1.1 - Piana Firenze-Prato-Pistoia

Indicazioni per le azioni:

  • - riqualificare il carattere policentrico del sistema insediativo della piana tutelando e ricostituendo,le relazioni tra gli abitati e le aree agricole della piana, nonché quelle con il sistema collinare;
  • - evitare il consumo di suolo attraverso la definizione di margini urbani;
  • - riqualificare i margini urbani, con riferimento alla qualità sia dei fronti costruiti che delle aree agricole periurbane, e le connessioni visuali e fruitive tra insediamenti e territorio rurale;
  • - tutela e riqualificazione dei varchi inedificati;
  • - salvaguardare e valorizzare l'identità paesaggistica dei contesti collinari, tutelando le sistemazioni agrarie storiche e il patrimonio edilizio storico di valore identitario.
  • - evitare l'inserimento di volumi e attrezzature fuori scala rispetto alla maglia territoriale e al sistema insediativo;
  • - promuovere il riuso e la riorganizzazione delle aree dismesse, sia come occasione per la riqualificazione dei tessuti urbani della città contemporanea, sia come riqualificazione dei margini urbani;
  • - salvaguardare e valorizzare il sistema delle ville pedecollinari e le relazioni fra queste e il territorio rurale di contesto, i borghi e i centri storici, la viabilità e gli altri elementi testimoniali di antica formazione; orientando a tal fine anche le trasformazioni dei tessuti urbani recenti circostanti;
  • - salvaguardare gli elementi e le relazioni ancora riconoscibili del sistema insediativo rurale storico sviluppatosi sulla maglia delle centuriazioni (strade poderali, gore e canali, borghi, ville e poderi, manufatti religiosi);
  • - evitare l'erosione incrementale dell'impianto della centuriazione ad opera di nuove urbanizzazioni.

Regole di utilizzazione, manutenzione e trasformazione del Morfotipo insediativo 1.1

I centri abitati di Montemurlo, Bagnolo e Oste, dovranno conservare la distinzione fisica e funzionale delle relative strutture urbane, valorizzando i rispettivi significati identitari, tutelando e ricostituendo, ove compromessa, la riconoscibilità delle relazioni territoriali tra i centri abitati e i sistemi agro-ambientali circostanti (riqualificazione dei margini), nonché quelle con i sistemi collinari posti a nord del comune.

A tale scopo il sistema insediativo dovrà essere concepito come sistema policentrico, imperniato sui centri abitati esistenti, e pertanto dovrà essere evitato qualsiasi processo di saldatura attraverso la salvaguardia e/o riqualificazione dei varchi inedificati.

In considerazione poi dell'alto valore paesaggistico del sistema collinare, andrà salvaguardato e valorizzato il rapporto morfologico-percettivo degli insediamenti e delle sistemazioni agrarie che caratterizzano il nostro territorio: in particolare andrà salvaguardato e valorizzato il sistema delle ville pedecollinari e le relazioni fra queste e il territorio rurale di contesto, la viabilità e gli altri elementi testimoniali di antica formazione, orientando a tal fine anche le trasformazioni dei tessuti edilizi recenti circostanti.

Per quanto riguarda le aree di pianura, al fine di tutelare gli elementi e le relazioni ancora riconoscibili del sistema insediativo rurale storico, dovranno essere salvaguardate le relazioni e gli elementi ancora riconoscibili del sistema sviluppatosi sulla maglia della centuriazione (strade poderali, gore e canali, ville e poderi, manufatti religiosi).

6. Il PS, in conformità alle disposizioni della Disciplina del Piano del PIT, individua nel territorio comunale i morfotipi delle urbanizzazioni contemporanee e li rappresenta in modo sintetico nelle tavv. QP02, QP03 e QP05 sulla base delle elaborazioni contenute nella tavola di Quadro conoscitivo QC06.

7. Il PS persegue gli obiettivi specifici relativi a ciascun morfotipo delle urbanizzazioni contemporanee come definiti nell'Abaco dell'invariante III, e li riporta nella tabella che segue.

Tali obiettivi, come indicato all'Art.4 comma 2 lettera c) della Disciplina del PIT, integrano gli obiettivi di qualità di cui alla disciplina d'ambito e rappresentano lo strumento conoscitivo e il riferimento tecnico-operativo per l'elaborazione degli strumenti della pianificazione territoriale ed urbanistica ai fini della formazione degli strumenti della pianificazione urbanistica, con riferimento alla qualificazione dei tessuti urbani ed al disegno dei loro margini.

Morfotipo insediativo urbano policentrico delle grandi pianure alluvionali
MORFOTIPI DELLE URBANIZZAZIONI CONTEMPORANEE OBIETTIVI DI QUALITA'
TR2 - Tessuti urbani a prevalente funzione residenziale e mista: tessuto con isolati aperti ed edifici residenziali isolati sul lotto Ridefinire la struttura "ordinatrice" ed il ruolo dello spazio pubblico e del connettivo aumentandone la dotazione e la funzionalità. Conferire dimensione urbana ai tessuti insediativi realizzando nuove centralità, recuperando l'edilizia e lo spazio pubblico Definire compiutamente il margine urbano, anche attraverso il recupero di spazi aperti ancora esistenti che favoriscano le relazioni con il territorio aperto.
TR3 - Tessuti urbani a prevalente funzione residenziale e mista: tessuto con isolati aperti e blocchi prevalentemente residenziali Definire un disegno urbano compiuto, cercando di conferire al tessuto una nuova identità e centralità urbana dal punto di vista morfologico, funzionale e sociale. Concepire il sistema degli spazi pubblici come elemento ordinatore e connettivo utilizzando il verde e i percorsi ciclopedonali; Valorizzare la presenza di giardini e spazi verdi ad uso ricreativo favorendone l'accessibilità, qualificandone l'equipaggiamento vegetale e funzionale, rendendoli perni delle relazioni ecologiche trasversali. Recuperare la qualità dello spazio pubblico e dalle aree aperte degradate e/o dismesse, prevedendo anche interventi di demolizione e di densificazione edilizia, elevandone la qualità anche con progetti di efficienza e produzione energetica Ricostruire le relazioni con la città e con lo spazio aperto periurbano (agricolo o naturale) Dotare lo spazio periferico di servizi e attrezzature specialistiche e dotazioni alla scala di quartiere.
TR4 - Tessuti urbani a prevalente funzione residenziale e mista: tessuto con isolati aperti e blocchi prevalente residenziali di edilizia pianificata Attivare progetti di valorizzazione degli spazi aperti urbani, congiuntamente alla realizzazione di nuove relazioni funzionali, ambientali e paesaggistiche tra il presente tessuto e i tessuti adiacenti, la città ed il territorio aperto Definire compiutamente il margine urbano, anche attraverso sistemi di spazi aperti articolati per funzioni
TR5 - Tessuti urbani a prevalente funzione residenziale e mista: tessuto puntiforme Progettare il margine urbano con azioni di mitigazione paesaggistica, mantenimento e valorizzazione dei varchi visivi e ridefinizione dei retri urbani Utilizzare lo spazio della campagna periurbana come risorsa per il miglioramento (qualitativo e quantitativo) dello spazio aperto pubblico creando spazi in continuità e connessioni in chiave paesaggistica Riprogettare lo spazio urbano e pubblico per creare connessioni funzionali e percettive nel quartiere, con la città e con il territorio aperto
TR6 - Tessuti urbani a prevalente funzione residenziale e mista: tessuto a tipologie miste Eliminare i fenomeni di degrado urbanistico ed architettonico attivando progetti di rigenerazione urbana, privilegiando interventi unitari complessi, capaci di incidere sulla forma urbana, indirizzandoli alla sostenibilità architettonica, sociale, energetica e ambientale, e connotandoli dal punto di vista dell'architettura e del disegno urbanistico complessivo. Incentivare la qualità degli interventi di architettura, ristrutturazione urbanistica ed edilizia, utilizzando linguaggi della contemporaneità e privilegiando interventi unitari complessi Prevedere interventi di dismissione e sostituzione di edifici produttivi con edifici utili ad ospitare funzioni civiche, o destinate alla collettività, o funzioni ambientali. Ridefinire la struttura "ordinatrice" ed il ruolo dello spazio pubblico e del connettivo aumentandone la dotazione e la qualità Riprogettare il margine urbano con interventi di mitigazione paesaggistica (costruire permeabilità tra spazio urbano e aperto, migliorare i fronti urbani verso lo spazio agricolo, progettare percorsi di connessione/attraversamento, collocare fasce alberate) Favorire la depermeabilazzazione della superficie asfaltata Verificare ed attuare strategie di densificazione dei tessuti, prevedendo nel contempo interventi di ristrutturazione e demolizione degli edifici esistenti Incentivare la rilocalizzazione della attività produttive incompatibili con la residenza, in aree dedicate alla produzione
TR7 - Tessuti urbani a prevalente funzione residenziale e mista: tessuto sfrangiato di margine Bloccare i processi di dispersione insediativa e ridefinizione del bordo costruito mediante progetti unitari di adeguata estensione, prevedendo:
  • - sistemi continui di spazi aperti con funzioni plurime (ecologiche, formali, ricreative raccordati agli spazi aperti urbani e alle tessiture del territorio rurale;
  • - opportune densificazioni edilizie, atte a definire il bordo edificato secondo criteri di permeabilità ecologica, di compiutezza formale e di qualità morfotipologica.
Riprogettare e valorizzare le aree intercluse o libere come spazi pubblici integrati, flessibili e multiuso, destinandoli ad attività agricolo/ricreative, orti urbani, parchi, giardini, ecc. connettendoli con percorsi di mobilità dolce alle aree periurbane.
TR8 - Tessuti urbani a prevalente a prevalente funzione residenziale e mista: tessuto lineare Riqualificare le relazioni funzionali, visive e paesaggistiche tra città e campagna prevedendo, anche per le edificazioni stradali esistenti, il mantenimento o l'apertura di varchi sul territorio aperto. Contenere i processi di dispersione insediativa impedendo ulteriori processi di edificazione lungo gli assi stradali e sui retri dell'edificato esistente Riprogettare il "bordo costruito" con azioni di qualificazione paesaggistica e eventualmente alcune maglie per dare unitarietà all'edificato.
TR12 - Tessuti extraurbani a prevalente funzione residenziale o mista: piccoli agglomerati isolati extraurbani. Arrestare il processo di dispersione insediativa con blocco del consumo di suolo agricolo
TPS2 - Tessuti della città produttiva e specialistica: tessuto a piattaforme produttive - commerciali - direzionali Riqualificare le piattaforme produttive ricostruendo le relazioni urbanistiche, ambientali e paesaggistiche tra il tessuto produttivo, il territorio aperto e la città Prevedere piani e interventi di inserimento paesaggistico (ridisegno dei margini, schermature, barriere antirumore, ecc) e progettare il margine con il territorio aperto prevedendo interventi di mitigazione paesistica Attrezzare ecologicamente le aree produttivo-commerciali-direzionali (APEA) e riqualificare lo spazio aperto interno al tessuto produttivo Incentivare nelle aree produttive strategie di ecosostenibilità e produzione di energie rinnovabili (fotovoltaico, minieolico, biomasse, minidraulico, rifiuti di lavorazioni, ecc)
TPS3 Tessuti della città produttiva e specialistica: insule specializzate Creare relazioni con il contesto urbano di riferimento Progettare il margine con il territorio aperto curando paesaggisticamente il rapporto visivo con il contesto

7. I successivi atti di governo del territorio, ed in primo luogo il Piano Operativo, precisano, ad una scala di maggior dettaglio, i perimetri dei tessuti urbani ed extraurbani e danno attuazione agli obiettivi specifici dei morfotipi delle urbanizzazioni contemporanee declinandoli nella disciplina di uso del suolo, sulla base delle indicazioni contenute nella Parte III della presente Disciplina, con particolare riferimento agli obiettivi ed agli indirizzi per la qualificazione dei tessuti urbani e per il disegno dei loro margini contenuti nel Capo II del titolo V relativo alla strategia di livello comunale.

Art.13 Invariante strutturale IV : i caratteri morfotipologici dei paesaggi rurali

1. Il territorio di Montemurlo è in larga parte interessato da un paesaggio rurale che presenta ancora, sopratutto nelle zone collinari e pedecollinari, una forte permanenza di alcuni caratteri originari comuni: uno stretto rapporto fra sistema insediativo e territorio agricolo, la persistenza dell'infrastruttura rurale e della maglia agraria storica, un complesso mosaico degli usi del suolo che sta alla base della biodiversità diffusa sul territorio e dell'alta qualità del paesaggio.

2. Obiettivo generale dell'invariante, indicato dalla disciplina del PIT/PPR, è salvaguardare e valorizzare il carattere multifunzionale dei paesaggi rurali, in quanto comprendono valenze estetico percettive, rappresentano importanti testimonianze storico-culturali, svolgono insostituibili funzioni di connettività ecologica e di presidio dei suoli, sono luogo di produzioni agro-alimentari di qualità e di eccellenza, costituiscono una rete di spazi aperti potenzialmente fruibile dalla collettività, oltre a rappresentare per il futuro una forte potenzialità di sviluppo economico.

Tale obiettivo è da perseguire con le azioni indicate al comma 2 dell'Art.11 della Disciplina del PIT/PPR.

3. Nel territorio del Comune di Montemurlo, il PS individua i seguenti morfotipi rurali e li rappresenta nella tav.QP02 in conformità alle classificazioni ed indicazioni dell'Abaco dell'invariante IV del PIT:

  • MORFOTIPI DELLE COLTURE ERBACEE
    • 5. Morfotipo dei seminativi semplici a maglia medio-ampia di impronta tradizionale
    • 6. Morfotipo dei seminativi semplificati di pianura o fondovalle
  • MORFOTIPI DELLE COLTURE ARBOREE
    • 12. Morfotipo dell'olivicoltura
  • MORFOTIPI COMPLESSI DELLE ASSOCIAZIONI COLTURALI
    • 16. Morfotipo del seminativo e oliveto prevalenti di collina
    • 17. Morfotipo del seminativo, oliveto e vigneto di pianura e delle prime pendici collinari
    • 20. Morfotipo del mosaico colturale complesso a maglia fitta di pianura e delle prime pendici collinari
  • MORFOTIPI FRAMMENTATI DELLA DIFFUSIONE INSEDIATIVA
    • 22. Morfotipo dell'ortoflorovivaismo

4. Il PS, sulla base delle caratteristiche, dei valori e delle criticità indicati per i morfotipi rurali nell'Abaco dell'invariante IV e nella scheda Ambito di paesaggio 06 Firenze - Prato - Pistoia del PIT, indica per per ciascun morfotipo rurale, le azioni elencate dal PIT/PPR e le regole, basate su tali azioni, di utilizzazione manutenzione e trasformazione, da declinare nei successivi atti di governo del territorio.

5. Morfotipo dei seminativi semplici a maglia medio-ampia di impronta tradizionale (ambiti di Javello e Guzzano):

Il morfotipo si associa a morfologie piuttosto addolcite che danno luogo a orizzonti paesaggistici ampi ed estesi, morbidamente articolati. È caratterizzato dalla predominanza del seminativo semplice e del prato da foraggio, da una maglia agraria ampia di tipo tradizionale, ovvero non riconducibile a fenomeni di semplificazione paesistica ma dipendente da caratteristiche strutturali del paesaggio, e dalla presenza di un sistema insediativo a maglia rada. Corrisponde quindi alle ampie radure a seminativo delle località di Guzzano e Javello.

L'area di Guzzano è caratterizzata dalla presenza di alcune delle più belle architetture rurali di Montemurlo, e dalla buona conservazione del sistema di percorsi che le collegavano, mentre il sistema dei terrazzamenti denuncia l'inizio di un degrado preoccupante:si tratta tuttavia di un piccolo sistema di case coloniche mezzadrili che potrebbe essere integralmente recuperato, in un contesto ambientale di elevato valore, qualora l'uso residenziale o agrituristico degli edifici fosse combinato all'obbligo di mantenere le sistemazioni dei terreni ancora rilevabili.

L'area di Iavello comprende la villa fattoria di Iavello e l'insieme dei fabbricati colonici ad essa collegati, di eccezionale importanza storica, ambientale ed architettonica: costituiscono un insieme unico da considerare complessivamente per la valutazione degli interventi ammissibili ed il recupero del degrado in atto. Sia per la posizione morfologica dei luoghi sia per il numero e la qualità degli edifici esistenti il complesso si presta a una vocazione turistica ricettiva.

Indicazioni per le azioni:

  • - tutelare il rapporto tra sistema insediativo rurale storico e paesaggio agrario evitando alterazioni dell'integrità morfologica dei luoghi;
  • - evitare interventi di dispersione insediativa che comportino compromissioni della sua struttura d'impianto;
  • - disincentivare le operazioni di frazionamento dei terreni;
  • - conciliare la manutenzione dei caratteri strutturanti il mosaico agroforestale con un'agricoltura innovativa, che coniughi vitalità economica con ambiente e paesaggio, da conseguire favorendo ove possibile, la conservazione delle colture a seminativo;
  • - preservare nei contesti in cui sono storicamente presenti - siepi, alberature, lingue e macchie boscate, che costituiscono la rete di infrastrutturazione ecologica e paesaggistica
  • - incentivare la ricostituzione nei territori che ne risultano scarsamente equipaggiati e nei contesti più marginali, contrastare fenomeni di abbandono colturale con conseguente espansione della vegetazione arbustiva e della boscaglia.

6. Morfotipo dei seminativi semplificati di pianura o fondovalle (aree della pianura coltivata):
Il morfotipo è caratterizzato da una maglia agraria di dimensione medio-ampia o ampia esito di operazioni di ristrutturazione agricola e riaccorpamento fondiario, con forma variabile dei campi. Rispetto alla maglia tradizionale, presenta caratteri di semplificazione sia ecologica che paesaggistica. Il livello di infrastrutturazione ecologica è generalmente basso, con poche siepi e altri elementi vegetazionali di corredo. Il morfotipo è spesso associato a insediamenti di recente realizzazione, localizzati in maniera incongrua rispetto alle regole storiche del paesaggio (per esempio in zone ad alta pericolosità idraulica), frequentemente a carattere produttivo-industriale. Spesso il morfotipo è presente in ambiti periurbani e può contribuire, potenzialmente, al loro miglioramento paesaggistico. Coincide con le aree a seminativo di pianura comprese tra le aree urbanizzate degli abitati di Oste, Montemurlo e Bagnolo e all'area agricola tra l'Agna e il limite del territorio urbanizzato dell'abitato di Montemurlo.

Indicazioni per le azioni:

  • - la conservazione degli elementi e delle parti dell'infrastruttura rurale storica ancora presenti (siepi, filari arborei e arbustivi, alberi isolati e altri elementi di corredo della maglia agraria; viabilità poderale e interpoderale; sistemazioni idraulico-agrarie di piano);
  • - la realizzazione di appezzamenti morfologicamente coerenti con il contesto paesaggistico (in termini di forma, dimensione, orientamento) ed efficienti sul piano della funzionalità idraulica dei coltivi e della rete scolante;
  • - il miglioramento del livello di infrastrutturazione paesaggistica ed ecologica della maglia dei coltivi attraverso l'introduzione di siepi, filari di alberi, a corredo dei confini dei campi, della viabilità poderale, delle sistemazioni idraulico-agrarie di piano;
  • - la ricostituzione di fasce o aree di rinaturalizzazione lungo i corsi d'acqua (per es. di vegetazione riparia) con funzioni di strutturazione morfologico-percettiva del paesaggio agrario e di miglioramento del livello di connettività ecologica;
  • - In ambito periurbano e nei contesti dove sono più accentuati i processi di consumo di suolo agricolo sono indicate le seguenti azioni:
  • - contrastare i fenomeni di dispersione insediativa, urbanizzazione a macchia d'olio e nastriformi, la tendenza alla saldatura lineare dei centri abitati e all'erosione del territorio rurale avviando politiche di pianificazione orientate al riordino degli insediamenti e delle aree di pertinenza, della viabilità e degli annessi;
  • - preservare gli spazi agricoli residui presenti come varchi inedificati nelle parti di territorio a maggiore pressione insediativa, valorizzandone e potenziandone la multifunzionalità nell'ottica di una riqualificazione complessiva del paesaggio periurbano e delle aree agricole intercluse;
  • - evitare la frammentazione delle superfici agricole a opera di infrastrutture o di altri interventi di urbanizzazione (grandi insediamenti a carattere produttivo-artigianale e commerciale) che ne possono compromettere la funzionalità e indurre effetti di marginalizzazione e abbandono colturale;
  • - rafforzare le relazioni di scambio e di reciprocità tra ambiente urbano e rurale valorizzando l'attività agricola come servizio/funzione fondamentale per la città, potenziando il legame tra mercato urbano e produzione agricola della cintura periurbana;
  • - operare per la limitazione o il rallentamento dei fenomeni di destrutturazione aziendale, incentivando la riorganizzazione delle imprese verso produzioni ad alto valore aggiunto e/o produzioni legate a specifiche caratteristiche o domande del territorio favorendo circuiti commerciali brevi.

12. Morfotipo dell'olivicoltura (aree coltivate della collina urbana)
Il morfotipo è caratterizzato dalla netta prevalenza di oliveti nel tessuto dei coltivi, raramente intervallati da piccoli vigneti o da appezzamenti a coltivazione promiscua. Copre generalmente versanti e sommità delle colline. Coincide quindi con tutte le parti della collina arborata che guardano verso la pianura da Cicignano fino a Bagnolo di Sopra e ad alcune radure dei versanti rivolti verso l'Agna.

Indicazioni per le azioni:

preservare la leggibilità della relazione morfologica, dimensionale, percettiva e, quando possibile, funzionale tra insediamento storico e il tessuto dei coltivi mediante:

  • - la tutela dell'integrità morfologica dei nuclei storici evitando espansioni che ne alterino la struttura d'impianto;
  • - la limitazione e il contrasto di fenomeni di dispersione insediativa nel paesaggio agrario che compromettano la leggibilità della struttura insediativa d'impronta mezzadrile;
  • - la conservazione di oliveti o di altre colture d'impronta tradizionale poste a contorno degli insediamenti storici in modo da definire almeno una corona o una fascia di transizione rispetto ad altre colture o alla copertura boschiva.
  • - preservare, ove possibile, i caratteri di complessità e articolazione tipici della maglia agraria dell'olivicoltura d'impronta tradizionale, favorendo lo sviluppo e il mantenimento di un'agricoltura innovativa che coniughi vitalità economica con ambiente e paesaggio, attraverso le seguenti azioni:
  • - nelle nuove riorganizzazioni del tessuto dei coltivi, la conservazione, quando possibile, degli elementi dell'infrastruttura rurale storica (con particolare riferimento alle sistemazioni idraulico-agrarie e alla viabilità poderale e interpoderale) o la realizzazione di nuovi percorsi o manufatti che preservino la continuità e l'integrità della rete;
  • - favorire la permanenza, ove possibile, di oliveti e di altre colture d'impronta tradizionale che caratterizzano in senso storico-identitario il mosaico agrario, che svolgono importanti funzioni di presidio idrogeologico e che costituiscono nodi della rete degli agroecosistemi;
  • - il mantenimento della funzionalità e dell'efficienza del sistema di regimazione idraulico-agraria e della stabilità dei versanti, da conseguire sia mediante la conservazione e manutenzione delle opere esistenti, sia mediante la realizzazione di nuovi manufatti di pari efficienza, coerenti con il contesto paesaggistico quanto a dimensioni, materiali, finiture impiegate;
  • - il contenimento dell'espansione del bosco sui coltivi scarsamente manutenuti o in stato di abbandono;
  • - la conservazione di siepi, filari, lingue e macchie di vegetazione non colturale che corredano i confini dei campi e compongono la rete di infrastrutturazione morfologica ed ecologica del paesaggio agrario;
  • - la manutenzione della viabilità secondaria poderale e interpoderale e della sua vegetazione di corredo per finalità sia di tipo funzionale che paesaggistico.

16. Morfotipo del seminativo e oliveto prevalenti di collina (ambito di Albiano):
Il morfotipo corrisponde all'area intorno Albiano ed è caratterizzato dall'alternanza di oliveti e seminativi, sia semplici che punteggiati di alberi sparsi. La maglia agraria è medio-fitta e articolata, con campi di dimensione contenuta e confini tra gli appezzamenti piuttosto morbidi. Un ruolo fondamentale nella strutturazione del paesaggio è stato svolto dall'influenza del sistema mezzadrile, ancora ben leggibile nella diffusione del sistema della fattoria appoderata che comprende una pluralità di manufatti edilizi tra loro assai diversificati per gerarchia, ruolo territoriale e funzione (fornaci, case coloniche; edifici di servizio come fienili, stalle, depositi per i prodotti agricoli). Qui si trova l'antico centro della media collina di Montemurlo. La posizione baricentrica sulla strada di controcrinale che univa le aree montane di Schignano e Migliana alla Valle dell'Agna condusse alla realizzazione della Chiesa di Albiano, anche a causa della numerosa popolazione del nucleo di Ciliegiole (oggi completamente scomparso), ed alla costruzione dell'annessa scuola rurale, oltre a motivare un piccolo nucleo di servizi per l'intera area montana. L'area è tuttavia in avanzato stato di degrado, sia per l'interruzione delle viabilità preesistenti, sia per l'avvio di un processo di parcellizzazione dei terreni che sta intaccando l'assetto territoriale precedente.

Indicazioni per le azioni:

  • - preservare la leggibilità della relazione morfologica, dimensionale, percettiva e - quando possibile - funzionale tra insediamento storico e tessuto dei coltivi mediante la tutela dell'integrità morfologica degli edifici storici;
  • - evitare fenomeni di dispersione insediativa nel paesaggio agrario che compromettano la leggibilità della struttura insediativa storica e la conservazione, ove possibile, degli oliveti alternati ai seminativi in una maglia fitta o medio-fitta, posti a contorno degli insediamenti storici, in modo da definire almeno una corona o una fascia di transizione rispetto ad altre colture o alla copertura boschiva;
  • - preservare, ove possibile, i caratteri di complessità e articolazione tipici della maglia agraria d'impronta tradizionale, favorendo un'agricoltura innovativa che coniughi vitalità economica con ambiente e paesaggio, attraverso nuove riorganizzazioni del tessuto dei coltivi, il mantenimento di una trama colturale media, la conservazione degli elementi dell'infrastruttura rurale storica (con particolare riferimento alle sistemazioni idraulico-agrarie e alla viabilità poderale e interpoderale) o la realizzazione di nuovi percorsi o manufatti che preservino la continuità e l'integrità della rete;
  • - mantenimento della funzionalità e dell'efficienza del sistema di regimazione idraulico-agraria e della stabilità dei versanti, da conseguire sia mediante la conservazione e manutenzione delle opere esistenti, sia mediante la realizzazione di nuovi manufatti di pari efficienza, coerenti con il contesto paesaggistico quanto a dimensioni, materiali, finiture impiegate;
  • - tutelare le siepi, filari, lingue e macchie di vegetazione non colturale che corredano i confini dei campi e compongono la rete di infrastrutturazione morfologica ed ecologica del paesaggio agrario e prevederne se necessario l'integrazione.
  • - prevedere la manutenzione della viabilità secondaria poderale e interpoderale e della sua vegetazione di corredo per finalità sia di tipo funzionale che paesaggistico.

17. Morfotipo del seminativo, oliveto e vigneto di pianura e delle prime pendici collinari (pendici del Monteferrato):
Il morfotipo si trova in aree di pianura o sulle prime pendici collinari ed è caratterizzato dall'associazione tra oliveti, seminativi (nudi o arborati con la presenza di alberi sparsi) e vigneti. La maglia agraria è medio-ampia o ampia, con appezzamenti di dimensioni consistenti di forma regolare e geometrica. I confini tra i campi appaiono piuttosto nettamente e variamente sottolineati, a seconda dei contesti, da vegetazione di corredo la cui presenza contribuisce a definire un buon livello di infrastrutturazione ecologica assieme a fasce e macchie boscate. Le colture specializzate a oliveto e vigneto sono per lo più di impianto recente, mentre quelle di impronta tradizionale sono fortemente residuali. Il tessuto dei coltivi è connesso a piccoli nuclei edilizi di forma compatta nelle parti collinari e a insediamenti successivi e contemporanei a sviluppo per lo più lineare lungo gli assi viari nelle parti pianeggianti. A Montemurlo tale morfotipo coincide con le prime pendici collinari comprese tra l'abitato di Bagnolo di Sopra e Villa Focanti.

Indicazioni per le azioni:

  • - mantenimento o la creazione di una maglia agraria di dimensione media, idonea alle esigenze della meccanizzazione, adeguatamente strutturata dal punto di vista morfologico e percettivo e ben equipaggiata sul piano dell'infrastrutturazione ecologica, fermo restando il mantenimento e lo sviluppo di un'agricoltura innovativa che coniughi vitalità economica con ambiente e paesaggio.
  • - promuovere, ove possibile, il mantenimento della diversificazione colturale data dalla compresenza di oliveti, vigneti e colture erbacee;
  • - prevedere la conservazione e integrazione del corredo vegetale che costituisce infrastrutturazione ecologica e paesaggistica della maglia agraria;
  • - ricostituire fasce o aree di rinaturalizzazione lungo i corsi d'acqua (per es.: vegetazione riparia) con la finalità di sottolineare alcuni elementi strutturanti il paesaggio sul piano morfologico e percettivo e di aumentare il grado di connettività ecologica;
  • - per i vigneti di nuova realizzazione o reimpianti, prevedere ove possibile l'orientamento dei filari secondo giaciture che assecondano le curve di livello o minimizzano la pendenza.
  • - preservare il sistema insediativo e l'infrastruttura rurale storica in termini di integrità e continuità con particolare riguardo alla rete della viabilità poderale e interpoderale;
  • - nella progettazione di cantine e altre infrastrutture e manufatti di servizio alla produzione agricola, perseguire la migliore integrazione paesaggistica valutando la compatibilità con la morfologia dei luoghi e con gli assetti idrogeologici ed evitando soluzioni progettuali che interferiscano visivamente con gli elementi del sistema insediativo storico, anche ricorrendo, ove possibile, all'impiego di edilizia eco-compatibile o ipogea.

20. Morfotipo del mosaico colturale complesso a maglia fitta di pianura e delle prime pendici collinari (aree a ridosso del torrente Agna):
Il morfotipo è caratterizzato dall'associazione di colture legnose (prevalentemente oliveti e vigneti) ed erbacee (seminativi) in appezzamenti di piccola o media dimensione che configurano situazioni di mosaico agricolo. Conservano un'impronta tradizionale nella densità della maglia che è fitta o medio-fitta, mentre i coltivi storici possono essere stati sostituiti da colture moderne (piccoli vigneti, frutteti, colture orticole). I tessuti interessati da questo morfotipo sono tra le tipologie di paesaggio agrario che caratterizzano gli ambiti periurbani, trovandosi spesso associati a insediamenti a carattere sparso e diffuso ramificati nel territorio rurale e ad aree di frangia. Il grado di diversificazione e infrastrutturazione ecologica è generalmente elevato e dipende dalla compresenza di diverse colture agricole inframmezzate da piccole estensioni boscate, da lingue di vegetazione riparia, da siepi e filari alberati che sottolineano la maglia agraria. Corrisponde principalmente con le aree di fondovalle limitrofe al corso dell'Agna dalla località Rapaccio fino a Villa Ravallane. Oltre a queste coincide con le aree agricole maggiormente frazionate e con colture eterogenee in località Popolesco.

Indicazioni per le azioni:

  • - contrastare l'erosione dello spazio agricolo avviando politiche di pianificazione orientate al riordino degli insediamenti e delle aree di pertinenza, della viabilità e degli annessi;
  • - evitare la frammentazione delle superfici agricole a opera di infrastrutture o di altri interventi di urbanizzazione che ne possono compromettere la funzionalità e la produttività;
  • - sostenere l'agricoltura anche potenziandone la multifunzionalità nell'ottica di una riqualificazione complessiva del paesaggio periurbano e delle aree agricole intercluse;
  • - rafforzare le relazioni di scambio e di reciprocità tra ambiente urbano e rurale valorizzando l'attività agricola come esternalità positiva anche per la città e potenziando il legame tra mercato urbano e produzione agricola della cintura periurbana;
  • - la tutela del sistema insediativo e dell'infrastruttura rurale storica in termini di integrità e continuità;
  • - la tutela e la conservazione, ove possibile, della maglia agraria fitta o medio-fitta che è particolarmente idonea a forme di conduzione agricola anche di tipo hobbistico, adatte agli ambiti periurbani (orti urbani, agricoltura di prossimità ecc.);
  • - la tutela e la manutenzione delle permanenze di paesaggio agrario storico;
  • - la conservazione, ove possibile, della diversificazione colturale data dalla compresenza di colture arboree ed erbacee;
  • - la preservazione delle aree di naturalità presenti (come boschi e vegetazione riparia) e dell'equipaggiamento vegetale della maglia agraria (siepi e filari alberati) incrementandone, dove possibile, la consistenza.

22. Morfotipo dell'ortoflorovivaismo (area del vivaio posta ad ovest di Oste):
Il morfotipo descrive un paesaggio fortemente artificializzato che, pur essendo costituito da spazi aperti, ha modificato il carattere agricolo e rurale tradizionale. Si tratta, infatti delle estese aree dedicate alle colture vivaistiche che si trovano principalmente nella piana pistoiese. I vivai, sia in vasetteria che in pieno campo, occupano quasi integralmente il territorio agricolo. Sul piano percettivo questo tipo di territorio può essere assimilato a un vasto giardino del quale possono apparire gradevoli alcuni aspetti di regolarità e ricchezza vegetazionale. Dal punto di vista produttivo, l'ortoflorovivaismo rappresenta un comparto economicamente molto vitale e di elevata redditività. Tuttavia aspetti di criticità sono rappresentati dalla impermeabilizzazione di parte dei suoli, dalla mancanza di formazioni vegetali non colturali e dunque dal basso livello di infrastrutturazione ecologica, dalla semplificazione in alcuni contesti della rete scolante, dalla diffusione delle colture vivaistiche stesse che il più delle volte si spingono fino a toccare i corsi d'acqua con relativa eliminazione delle fasce di vegetazione riparia, dai rischi di inquinamento che possono derivare dall'uso dei mezzi chimici. Tale rischio è rilevante laddove vi è una forte interconnessione tra attività vivaistiche e tessuto insediativo. Coincide quindi con tutte le aree a vivaio presenti nel territorio comunale di dimensioni consistenti. Queste si localizzano presso l'Agna tra la località Popolesco e l'area industriale di Oste.

Indicazioni per le azioni:

L'indicazione principale per questo morfotipo consiste nel migliorare la qualità ambientale e paesaggistica dell'ortoflorovivaismo mediante:

  • - la tutela e conservazione degli spazi non costruiti e non impermeabilizzati agricoli e naturali per il loro valore paesaggistico e ambientale;
  • - la tutela degli elementi di valore della rete di infrastrutturazione rurale storica ancora presenti (viabilità secondaria, rete scolante storica, vegetazione di corredo) e promozione di forme di incentivo finalizzate alla ricomposizione della sua continuità;
  • - - la messa a rete degli spazi aperti e non impermeabilizzati presenti, mediante la realizzazione di fasce di vegetazione non colturale con finalità ecologiche e paesaggistiche e di percorsi di fruizione lenta (pedonali, ciclabili) che ne potenzino l'accessibilità;
  • - la realizzazione di aree o fasce di rinaturalizzazione, soprattutto nei contesti più altamente artificializzati o a corredo dei corsi d'acqua, che possono rappresentare elementi strategici per la ricostituzione della rete ecologica;
  • - la riqualificazione morfologica delle aree contigue ai vivai anche con finalità di miglioramento delle attività logistiche;
  • - il consolidamento e definizione dei margini dell'edificato soprattutto in corrispondenza delle espansioni recenti, mediante interventi che mirino alla ricomposizione morfologica dei tessuti.

Regole di utilizzazione, manutenzione e trasformazione

La struttura agroforestale del territorio montemurlese costituisce una delle componenti più significative del paesaggio rurale: è pertanto necessario gestirla garantendo la permanenza dei suoi valori patrimoniali, attraverso il sostegno alle attività agricole, che devono rimanere decisamente prevalenti nel territorio rurale, e attraverso un'attenta regolamentazione delle altre attività, presenti o compatibili, che devono presupporre o recuperare una forte integrazione con le attività agricole e, comunque, con il paesaggio rurale storicizzato.

Tra le principali azioni da svolgere a questo scopo risulta opportuno:

  • - favorire una infrastrutturazione rurale continua e articolata, costituita da vegetazione ripariale, siepi, filari alberati, ciglioni inerbiti, muri a secco, conservando gli elementi storicizzati e favorendo l'equipaggiamento vegetazionale della viabilità minore e dei corsi d'acqua;
  • - favorire la riproduzione dell'ecomosaico caratteristico del paesaggio rurale storicizzato (colture arboree, seminativi, macchie di bosco, vegetazione ripariale), sostenendo la pluralità degli ordinamenti colturalii
  • - garantire e riproporre le sistemazioni idrauliche, ove possibile nelle forme tradizionali, quali componenti fondamentali degli assetti idrogeologici finalizzati alla difesa del suolo e alla sua utilizzazione agricola;
  • - contenere la diffusione del bosco e, ove possibile, recuperare agli usi agricoli i terreni con copertura boschiva recente.

Per quanto riguarda le aree dell'ortoflorovivaismo, poste ad ovest di Oste, che individuano un paesaggio fortemente artificializzato anche se gradevole dal punto di vista estetico-percettivo per l'aspetto curato delle colture, al fine di migliorare la qualità ambientale e paesaggistica dell'area e contenere le eventuali criticità presenti, dovranno essere messe in atto le azioni elencate per il morfotipo 22.

Titolo III Ulteriori contenuti dello statuto del territorio

Capo 1 Territorio urbanizzato, centri e nuclei storici

Art.14 Perimetrazione del territorio urbanizzato

1. Il PS ai sensi di quanto disposto dall'articolo 92, comma 3, lett. b) della LR 65/2014, individua il Perimetro del territorio urbanizzato secondo quanto disposto dall'Art. 4 della medesima Legge.

2. Il territorio urbanizzato, ai sensi dell'Art. 4 della stessa LR 65/2014, è costituito dai centri e dai nuclei storici, dalle aree edificate con continuità dei lotti a destinazione residenziale, industriale e artigianale, commerciale, direzionale, di servizio,turistico-ricettiva, le attrezzature ed i servizi, i parchi urbani, gli impianti tecnologici, i lotti e gli spazi inedificati interclusi dotati di opere di urbanizzazione primaria.

3. L'individuazione del perimetro del territorio urbanizzato tiene conto delle strategie di riqualificazione e rigenerazione urbana, ivi inclusi gli obiettivi di soddisfacimento del fabbisogno di edilizia residenziale pubblica, laddove ciò contribuisca a qualificare il disegno dei margini urbani.

4. Il Perimetro del territorio urbanizzato è altresì individuato in conformazione e adeguamento al PIT/PPR tenendo conto delle specifiche "Indicazioni metodologiche per l'applicazione della carta alla perimetrazione del territorio urbanizzato alla scala comunale" di cui all'Abaco dell'invariante strutturale "Il carattere policentrico e reticolare dei sistemi insediativi urbani e infrastrutturali".

5. Il Perimetro del territorio urbanizzato trova identificazione e corrispondenza cartografica negli elaborati di Quadro Progettuale, tavv. QP03 e QP05.

6. In tale Perimetro sono incluse le aree interessate da interventi di trasformazione in corso di attuazione o previsti sulla base di piani ed altri strumenti attuativi convenzionati e tuttora in vigore. Il perimetro del territorio urbanizzato può essere meglio precisato nei successivi atti di governo del territorio, ed in primo luogo nel Piano Operativo, a seguito degli aggiornamenti cartografici conseguenti all'attuazione degli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia o quando lo scarto tra elemento fisico reale e linea di perimetro del PS è trascurabile ed attribuibile alle diverse scale di rappresentazione grafica.

7. La perimetrazione del territorio urbanizzato non determina l'identificazione di aree potenzialmente edificabili e/o trasformabili. Fermo restando quanto indicato all'articolo 25 comma 2 della LR 65/2014, il perimetro del territorio urbanizzato risulta il limite entro cui si possono eventualmente e generalmente individuare e localizzare, in sede di PO, le principali previsioni e i conseguenti interventi di nuova edificazione e/o di trasformazione urbanistica ed edilizia comportanti impegno di suolo non edificato.

8. Il Piano Operativo, al fine di garantire le necessarie dotazioni di standard urbanistici, può localizzare all'esterno del perimetro del territorio urbanizzato previsioni di spazi ed attrezzature pubblici di limitata estensione, con particolare riferimento ai parcheggi pubblici e di uso pubblico, previa verifica della necessità di convocazione della Conferenza di copianificazione di cui all'Art.25 della LR 65/2014.

Art.15 Perimetrazione de i centri e nuclei storici e dei relativi ambiti di pertinenza

1. Il Piano strutturale individua nell'ambito dello statuto del territorio, il Perimetro dei centri e dei nuclei storici, in conformità alle indicazioni della LR 65/2014 e dell'Art. 10 della disciplina del Piano del PIT/PPR e i relativi ambiti di pertinenza, al fine di:

  • - tutelare e valorizzare l'identità materiale e multifunzionale di detti insediamenti disciplinandone le trasformazioni ritenute compatibili;
  • - assicurare, anche attraverso iniziative di valorizzazione, la permanenza dei valori storico-testimoniali e dei caratteri architettonici degli insiemi territoriali definiti dalla presenza di beni ritenuti Patrimonio Territoriale.

2. La perimetrazione dei centri e nuclei storici trova identificazione e corrispondenza nella tavola QP03 Statuto del territorio. Il Territorio urbanizzato.

3. Tenendo conto della perimetrazione di cui al precedente comma, il PS identifica e definisce, nell'ambito dell'invariante strutturale "Il carattere policentrico e reticolare dei sistemi insediativi urbani e infrastrutturali", i seguenti insediamenti di impianto storico (centri e nuclei) corrispondenti a specifici Ambiti del territorio Urbanizzato delle UTOE disciplinati nella Strategia dello sviluppo sostenibile:

  • - il Nucleo storico di Fornacelle;
  • - il Nucleo storico di Borgo Pieratti;
  • - il Nucleo storico di Bagnolo;
  • - gli agglomerati di antica formazione.

nonché i seguenti ulteriori insediamenti di impianto storico (centri e nuclei) corrispondenti a specifici Ambiti del territorio rurale delle UTOE disciplinati nella Strategia dello sviluppo sostenibile:

  • - il Nucleo storico della Rocca
  • - il Nucleo storico di Bagnolo di Sopra
  • - emergenze di valore storico artistico e architettonico.

4. La individuazione dei centri e dei nuclei storici costituisce il riferimento per la individuazione dei tessuti di valore storico: i successivi atti di governo del territorio, ed in primo luogo il Piano Operativo, provvedono ad effettuare una dettagliata perimetrazione dei tessuti storici estendendola, ove necessario ad aree aventi analoghe caratteristiche ed a definire una disciplina di tutela e valorizzazione, coerente con le indicazioni dell'Art. 10 della disciplina del PIT.

5. Il Piano Operativo dettaglia, tenuto conto della differenza di scala, gli ambiti di pertinenza dei nuclei storici ricadenti nel territorio rurale - prevalentemente costituiti da aree agricole, aree e spazi aperti inedificati, altri spazi aperti e permanenze di antiche sistemazioni - al fine di valorizzare e salvaguardare l'integrità degli assetti paesaggistici e percettivi, il mantenimento e la corretta utilizzazione degli assetti e delle sistemazioni aventi valore storico-testimoniale e ambientale, nonché le relazioni (ecologiche, storico-culturali, funzionali, paesistico - percettive, fruitive, ecc.) con gli ambiti del territorio rurale.

6. Il Piano Operativo individua inoltre gli ambiti di pertinenza dei complessi storici artistici e architettonici individuati nella tavola QP03 al fine di salvaguardare l'insieme delle sistemazioni monumentali, pertinenziali e agrarie ad essi connessi; 7. Fino all'approvazione del Piano Operativo agli ambiti di pertinenza dei centri e nuclei storici collinari e dei complessi storici isolati si applicano le misure di salvaguardia indicate all'Art. 52 della presente Disciplina.

8. Per i nuclei storici presenti all'interno del territorio urbanizzato e privi di un'intorno di interesse paesaggistico ed ambientale, il Piano Strutturale non individua uno specifico ambito di pertinenza: Per detti nuclei il Piano Operativo prevede un assetto urbano coerente con le regole insediative storiche e detta specifiche disposizioni per le aree di contatto fra gli insediamenti storici e le urbanizzazioni recenti al fine di tutelare l'identità e la visibilità delle permanenze storiche.

Capo 2 Ricognizione delle prescrizioni del PIT e del PTC, disciplina paesaggistica ed ambiti di paesaggio locali, riferimenti statutari per le UTOE

Art.16 La ricognizione delle prescrizioni del PIT

1. Il Piano Strutturale, secondo le indicazioni dell'Art. 4 comma 3 della Disciplina di Piano del PIT, fa riferimento agli indirizzi per le politiche, applica le Direttive e rispetta le prescrizioni e le prescrizioni d'uso contenute nella disciplina statutaria del PIT.

2. Nel Doc.08" Relazione di Coerenza e conformità con PIT e PTC" viene dato conto della conformità del Piano strutturale ai contenuti del PIT. Di seguito si riportano le prescrizioni d'uso contenute nella disciplina statutaria del PIT per il nostro territorio.

Disciplina dei Beni Paesaggistici di cui all'allegato 8B del PIT:

  • - prescrizioni d'uso relative alle "aree tutelate per legge" ai sensi dell'Art. 134, comma 1, lett.b) e dell'Art. 142, comma 1, del Codice:
    • - i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 m dalla linea di battigia, anche con riferimento ai territori elevati sui laghi (articolo 142, comma 1, lett. b, D.Lgs. 42/2004);
    • - i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal R.D. 11 dicembre 1933, n.1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna (articolo 142, comma 1, lett. c, D.Lgs. 42/2004);
    • - i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del D.Lgs.18 maggio 2001, n. 227 (articolo 142, comma 1, lettera g, D.Lgs. 42/2004).

3. Il PS da atto che da verifica effettuata il territorio di Montemurlo non risulta gravato da usi civici.

4. I beni paesaggistici assoggettati a specifiche prescrizioni e prescrizioni d'uso sono individuati nella Tav.QVS01.

5. Il PIT non contiene, nel territorio del Comune di Montemurlo, previsioni e prescrizioni di ambiti per la localizzazione di interventi di competenza regionale ai sensi dell'Art. 88 comma 7.c della LR 65/2014.

Art.17 La ricognizione delle prescrizioni del PTC

1. Il vigente Piano di Coordinamento territoriale della Provincia di Pistoia (PTC) è stato approvato con D.C.P. n.116 del 03.12.2003 ed integralmente rinnovato con Variante generale approvata con D.C.P. n.07 del 04.02.2009.

2. Il Piano Strutturale è coerente con le disposizioni del vigente PTC conformi al PIT. In particolare sono stati assunti come riferimenti per l'elaborazione del PS i seguenti contenuti del PTC:

  • - l'inquadramento territoriale del Comune di Montemurlo seguendo territoriali del PTC con alcune correzioni dovute ad una analisi piu dettagliata delle quattro invarianti del Pit;
  • - le permanenze storiche e l'evoluzione del sistema insediativo;
  • - la tutela attiva del sistema della Natura e biodiversità
  • - le infrastrutture viarie e le strategie per la mobilità, con particolare attenzione ai tracciati ed ai progetti per la mobilità lenta;
  • - il sistema funzionale dello sviluppo relativamente alle aree produttive la qualificazione del sistema commerciale e turistico ricettivo;

3. Nel Doc. 08 "Relazione di Coerenza e conformità con PIT e PTC" viene dato conto della conformità del Piano Strutturale ai contenuti del PTC.

4. Il PTC non contiene, nel territorio del Comune di Montemurlo, previsioni e prescrizioni di ambiti per la localizzazione di interventi di competenza provinciale ai sensi dell'Art. 90 comma 7.b della LR 65/2014.

Art.18 Sistema idrografico e aree di pertinenza fluviale

1. Il PS, il PO e gli altri atti di governo del territorio individuano e disciplinano il sistema idrografico del territorio comunale sulla base delle disposizioni dell'Art. 16 della Disciplina del PIT. Nella Tavola QP01 il sistema idrografico del Comune è rappresentato distinguendo il reticolo principale, costituito dai torrenti Agna e Bagnolo, ed i corsi d'acqua minori.

2. Il PS persegue un riassetto del contesto fluviale volto a favorire forme di sviluppo sostenibile e durevole del territorio, garantendo al sistema idrografico la capacità di espletare le proprie funzioni idrauliche, ecosistemiche, ordinatrici degli assetti urbani e territoriali. Tale riassetto, perseguibile sopratutto attraverso una politica di salvaguardia e di qualificazione nel territorio rurale, richiede nel territorio urbanizzato, una gestione unitaria degli interventi di trasformazione, ancorchè circoscritti e differiti nel tempo, finalizzata a favorire il recupero delle suddette funzioni del sistema idrografico.

3. Per i suddetti fini, ferme restando le disposizioni sovraordinate, con particolare riferimento a quelle derivanti dalla pianificazione di bacino, dalle norme in materia di difesa del rischio idraulico e dalle norme di tutela dei corsi d'acqua, il PS persegue gli obiettivi indicati al comma 2 dell'Art. 16 del PIT.

4. Il Piano Operativo sulla base degli obiettivi e delle azioni sovraindicati individua, come indicato dall'Art. 16 del PIT, i contesti fluviali quali fasce di territorio che costituiscono una continuità fisica, morfologica, biologica e percettiva con il corpo idrico e vi disciplinano gli interventi ammissibili tenuto conto anche delle necessarie opere di mitigazione del rischio idraulico.

Art.19 Disciplina delle attività estrattive

1. Sul territorio comunale non sono attualmente in corso attività estrattive, e nemmeno sono previste nuove attività. Il PS, nella Tav.QP01, rappresenta le aree individuate dal PRAER come "Risorse" ai soli fini descrittivi e conoscitivi.

2. Sulla Tav.QP01 sono individuate anche le cave dismesse per le quali lo stesso PS, al precedente Art. 8 comma 4, affida al PO il compito di definire le modalità della messa in sicurezza e del recupero ambientale e funzionale.

3. Il reperimento di materiali ornamentali storici è consentito, limitatamente alle quantità risultanti da specifici progetti di recupero e di restauro di manufatti di interesse storico - testimoniale.

Art.20 Disciplina dei Beni Paesaggistici

Disciplina dei beni paesaggistici

1. Lo Statuto del Territorio del PS individua nella Tav.QVS01 i beni paesaggistici e li disciplina come indicato di seguito sulla base dei contenuti dell'elaborato 8B del PIT: "Disciplina dei beni paesaggistici ai sensi degli artt.134 e 157 del Codice ".

2. Il PS, il PO e gli altri atti di governo del territorio di competenza comunale individuano e disciplinano le aree tutelate per legge ai sensi dell'Art.142 del Codice ed in conformità alle specifiche disposizioni dell'elaborato 8B, Capo III del PIT, articolate in obiettivi da perseguire, direttive da applicare e prescrizioni da rispettare. Nel territorio del Comune di Montemurlo sono presenti le seguenti tipologie di aree:

  1. b - Fasce di rispetto per i territori contermini ai laghi
  2. c - Fasce di rispetto sui corsi d'acqua tutelati
  3. g - Territori coperti da foreste e da boschi

3. Il PS, sulla base dei criteri indicati nell'elaborato 7B del PIT, ha provveduto ad effettuare una ricognizione dei suddetti beni ed a perimetrarli conseguentemente nella Tav.QVS01. Le procedure e gli esiti della ricognizione e perimetrazione delle aree tutelate per legge sono illustrati nel Doc. 5 - "Ricognizione dei Beni Paesaggistici" del PS.

4. Per tali beni si applica la disciplina di cui all'allegato 07.1 - "Disciplina dei Beni paesaggistici" alle presenti NTA

Art.21 Ambiti di paesaggio locali

1. Ad integrazione e specificazione del PIT e del PTC, a partire dalle strutture costitutive del del patrimonio territoriale e delle invarianti strutturali, il PS articola il territorio comunale nei seguenti ambiti locali di paesaggio, individuati dalla Tavola QP03:

  • Ambiti di paesaggio della collina
    • - Ambito dei Faggi di Javello (A1)
    • - Ambito del Monteferrato (A2)
    • - Ambito della collina boscata (A3)
    • - Ambito della collina urbana (A4)
  • Ambiti di paesaggio della pianura
    • - Ambito della piana agricola (A5)
    • - Ambito dell'Agna e dell'ortoflorovivaismo (A6)
    • - Ambito del sistema insediativo (A7)

2. Descrizione degli ambiti

2.1 Ambiti di paesaggio della collina

Ambito dei Faggi di Javello (A1)

La conformazione geo morfologica dell'area è tale da escludere qualsiasi uso che non sia la coltivazione dei boschi esistenti e la fruizione a fini sociali e ricreativi, in diretta connessione con la Riserva Naturale di Cantagallo. L'area è per gran parte di proprietà pubblica: l'Amministrazione comunale possiede circa 100 ettari, che fanno parte del complesso immobiliare di "Casa cave".

Ambito del Monteferrato (A2)

Si tratta dei tre poggi di ofioliti che costituiscono una emergenza geologica ed una rarità naturale da salvaguardare. La particolare conformazione dei poggi e la messa a dimora della pineta ne fanno un fatto straordinario e rilevante per l'identità del territorio. La conservazione e la tutela del sottosistema nella sua interezza costituiscono l'obiettivo precipuo dell'azione amministrativa. Negli anni Sessanta sono state aperte tre cave di materiali lapidei, attualmente inattive.

In questo ambito si evidenziano come fattori di differenziazione della regola generale di tutela e salvaguardia degli ecosistemi del Monteferrato, la cava delle Volpaie, dove un tempo l'Amministrazione ricavò una discarica di rifiuti solidi urbani, all'attualità risanata, e il Villaggio Focanti, insediamento residenziale sorto alla fine degli anni sessanta.

All'interno dell'ambito ricade anche il nucleo di Bagnolo di Sopra, che costituisce un insieme di manufatti di alto valore per la qualità della disposizione urbanistica ed i caratteri dei singoli edifici.

Ambito della collina boscata (A3)

Si tratta della collina compresa tra quota 300 m. slm e quota 500 m. slm, caratterizzata dalla massiccia presenza dell'Alberese e dalla netta prevalenza del bosco su ogni altra formazione. Il confronto tra il catasto, le foto aeree del volo GAI e quelle più recenti mette in evidenza come quest'area sia quella che ha subito le più forti trasformazioni agrarie, passando da un territorio fortemente frazionato e coltivato secondo le classiche forme mezzadrili della montagna, con associazioni colturali assai differenziate e la presenza di pascoli ed allevamenti, all'accorpamento di aree ed impoverimento delle colture, con la sostituzione di oliveti, o pascoli, o seminativi alle precedenti coltivazioni.

Si tratta di aree non facilmente accessibili dalla piana, di difficile manutenzione con la sola attività agricola, ma di grande valore ambientale e paesaggistico.

Ambito della collina urbana (A4)

Si tratta dei rilievi pedecollinari compresi tra l'ambito della collina boscata, posto a nord, e l'ambito del Monteferrato, posto ad est.

L'area è caratterizzata dalla presenza e diffusione delle consociazioni più tipiche del paesaggio collinare toscano (vite e olivo), seminativo vitato e/o olivato) e delle sistemazioni idraulico-agrarie storiche (terrazzamenti, ciglionamenti, ecc.) nonché da una particolare concentrazione di architetture rurali di rilevante interesse.

È un'area collinare ben accessibile dagli insediamenti di Montemurlo, Mulino e Bagnolo, e svolge importanti funzioni per la qualità della vita in questi abitati, sia come riserva di aree di libera fruizione ben esposte e salubri, sia per la localizzazione di attività di rilevante interesse pubblico.

L'ambito è dominato dal colle del borgo di Rocca, di eccezionale valore storico ed ambientale, che ne occupa il centro e costituisce elemento di forte identità urbana e territoriale.

Il promontorio del colle divide le pendici collinari che digradano verso il Bagnolo dalle pendici che degradano verso l'Agna.

I versanti del Bagnolo sono caratterizzati dalla presenza della Villa del Barone, edificio di rilevante valore architettonico, mentre la collina verso l'Agna è caratterizzata da una serie di dolci e sottili promontori, ciascuno sottolineato da una strada di crinale che consente l'accesso ad una corona di case coloniche, raccordate tra loro circa a quota 170 m. slm, e da un secondo controcrinale, all'altezza di Cicignano, a quota 300 m. slm, che definisce il limite tra la zona boscata e l'area collinare coltivata ad olivi.

2.2 Ambiti di paesaggio della pianura

Ambito della piana agricola (A5)

L'ambito è caratterizzato da seminativi a maglia semplificata, che assumono grande valore per il ruolo di discontinuità morfologica, rispetto ai tessuti costruiti, e di connessione ecologica, per le potenziali funzioni di spazio pubblico e fornitura di servizi ambientali legati soprattutto all'agricoltura periurbana.

È costituito dalle aree agricole che non sono state interessate dalla espansione edilizia del decennio 1965-1975 conseguente al processo di industrializzazione del territorio; è interessato dai corsi d'acqua Funandola, Stregale e Merdancione, che presentano ancora una consistenza tale da costituire sistemi stabili in grado di rappresentare una risorsa per la salvaguardia ambientale della piana. Sono ancora riconoscibili le strutture dell'insediamento storico; in particolare,se si eccettua la nuova strada provinciale e l'insediamento del Mulino, la Valle del Bagnolo conserva quasi intatta la conformazione del territorio agricolo ottocentesco, sia verso la piana che nei primi territori della collina, consentendo così la tutela di un paesaggio ancora significativo e stabile.

Ambito dell'Agna e dell'ortoflorovivaismo (A6)

L'ambito è attraversato dal torrente Agna, che viene individuato dal PIT come "Corridoio ecologico fluviale da riqualificare"; presenta una elevata potenzialità di valore naturalistico e paesaggistico e costituisce un elemento importante della rete ecologica in grado di ospitare alti valori di biodiversità e di svolgere un importante ruolo di elemento di connessione ecologica.

Proprio questa sua caratteristica di elemento di connessione ecologica, ma anche strutturale e di valore paesaggistico, lo configura come ambito interessato da uno dei progetti strategici principali della nuova strumentazione urbanistica comunale, identificato come "Parco dell'Agna", e disciplinato nel Titolo V capo II delle presenti NTA.

L'ambito nella parte nord verso il monte, ha preminenti caratteristiche di area fluviale, sia per le sistemazioni dei luoghi che per la presenza di opifici ed antichi mulini: questa parte ha forti interrelazioni con l'ambito fluviale ed il sistema di insediamenti che ricade nel territorio del Comune di Montale.

Nella parte sud invece è caratterizzato dalla presenza di una vasta area utilizzata per attività florovivaistiche, che viene identificato dal PIT come agroecosistema intensivo. Con i lavori di realizzazione del vivaio tuttavia l'Amministrazione ha ottenuto la risistemazione dell'argine dell'Agna e la cessione delle aree di sedime.

Ambito del sistema insediativo (A7)

L'ambito che comprende il sistema insediativo, residenziale e produttivo, è stato interessato da un rapido processo di trasformazione, per la gran parte al di fuori di una pianificazione adeguata ed in assenza di una disciplina urbanistica, che ha determinato insediamenti costruiti senza un disegno urbanistico coerente, per la gran parte caratterizzati dalla specializzazione funzionale delle aree.

Per comprendere lo sviluppo del sistema insediativo di Montemurlo occorre distinguere tre fasi: una prima, fino alla metà degli anni Sessanta, nella quale si conservano gli elementi strutturali dell'insediamento agricolo, e l'abitato si sviluppa lungo la Montalese vecchia; questi tessuti residenziali consentono ancora di recuperare il rapporto tra la pianura e la collina, nell'abitato di Montemurlo, mentre a Bagnolo sono situati significativamente lungo il fiume; una seconda fase, tra la metà degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta, nella quale si registra una crescita impetuosa e prevalgono le lottizzazioni di aree mono funzionali, non raccordate tra loro, prive di servizi e che considerano il territorio agricolo una tabula rasa; e infine una terza, caratterizzata dalla presenza di strumenti urbanistici di programmazione, dall'arresto dello sviluppo edilizio industriale, dalla formazione di quartieri residenziali e dalla dotazione di zone verdi e servizi in aree limitrofe agli insediamenti già costruiti, per la mancanza di spazio al loro interno.

3. Gli ambiti di paesaggio locali, in ragione delle specificità e delle caratteristiche che li contraddistinguono, costituiscono un riferimento per la parte strategica del PS ed in particolare per l'individuazione degli ambiti territoriali rispetto ai quali, ai sensi dell'Art. 64 comma 4 della LR 65/2014, è possibile articolare l'applicazione della disciplina del territorio rurale di cui al Capo III del Titolo IV della stessa LR 65/2014.

3. A tal fine il PO e gli altri atti di governo del territorio precisano, ad una scala di maggior dettaglio, i confini degli ambiti di paesaggio locali rappresentati nella Tav.QP03 e, ove necessario, individuano al loro interno subambiti aventi specifiche ed omogenee caratteristiche, tali da richiedere una peculiare normativa sulla base della disciplina statutaria e delle scelte strategiche del PS.

4. Nell'individuazione degli ambiti e dei subambiti il PO dovrà attenersi ai seguenti indirizzi:

  • - individuare le aree ad elevato grado di naturalità,
  • - distinguere gli specifici caratteri delle aree forestali e boscate, degli elementi vegetali di pregio, delle emergenze vegetazionali,
  • - distinguere, nell'ambito della collina arborata, le aree a prevalenza di oliveto dalle aree della prevalente associazione di vigneto e oliveto,
  • - individuare i contesti fluviali di cui all'Art. 18 della presente Disciplina, avendo a riferimento indirizzi e prescrizioni del piano paesaggistico per questa tipologia d'area;
  • - individuare gli ambiti periurbani aventi le caratteristiche indicate all'Art.67 della LR 65/2014;
  • - precisare gli ambiti di pertinenza dei centri e dei nuclei storici di cui all'Art. 15 della presente Disciplina;
  • - individuare, all'interno dell'ambito del sistema insediativo, le articolazioni dei tessuti edilizi, al fine di definire la disciplina della gestione degli insediamenti esistenti e quella delle trasformazioni;
  • - individuare gli intorni pertinenziali delle emergenze insediative storiche del territorio rurale, quali chiese e complessi edilizi isolati, ville -fattorie;
  • - individuare i nuclei rurali di cui all'Art.65 della LR 65/2014;
  • - individuare aree ed insediamenti, diversi da quelli elencati in precedenza, che non ospitano funzioni agricole pur non essendo compresi nel territorio urbanizzato.

4. Il PO e gli altri atti di governo del territorio disciplinano le trasformazioni ammissibili nel territorio comunale in conformità alle disposizioni dello Statuto del Territorio e sulla base dei indirizzi indicati per ciascuna UTOE nella parte strategica del PS.

Art.22 Riferimenti statutari per l'individuazione delle UTOE e per le relative strategie

1. Costituiscono riferimento per la individuazione delle UTOE e per la definizione delle strategie i seguenti caratteri statutari del territorio comunale:

  • - la prevalenza, nei caratteri della struttura idro-geomorfologica del territorio evidenziati nella invariante I, dei due sistemi morfogenetici della Collina che individuano i territori dell'Area di salvaguardia naturale del Monteferrato, le aree di pianura e dell'alta pianura;
  • - la chiara distinzione fra i caratteri, le problematiche e le dinamiche di trasformazione degli ecosistemi del territorio collinare e quelli degli ecosistemi di pianura fortemente alterati dai processi di urbanizzazione e di trasformazione del suolo agricolo, come evidenziato nella Invariante II;
  • - la evidente tripolarità della Piana, con la presenza dei tre centri abitati distinti di Montemurlo, Bagnolo e Oste, evidenziata nella invariante III, caratterizzati da dinamiche evolutive e di trasformazione diverse;
  • - la presenza della nuova strada provinciale che si pone come una barriera fra i tre centri abitati e segna un confine di separazione tra di loro.

Capo 3 Prevenzione dei rischi geologico idraulico e sismico

Art.23 Finalità ed ambito di applicazione

1. Obiettivo fondamentale del Piano Strutturale è garantire l'integrità fisica del territorio e mitigare i rischi geologico, idraulico e sismico con particolare riguardo al rischio di alluvioni in considerazione delle specifiche caratteristiche del territorio comunale. A tal fine, attraverso gli studi elencati all'Art. 2 comma 5, definisce le dinamiche idrogeologiche in essere e le relative condizioni di equilibrio rispetto alle quali valutare gli effetti delle trasformazioni previsti.

2. Lo studio geologico di supporto al Piano Strutturale definisce, ai sensi dell'Art.104 comma 2 della LR 65/2014 e del DPGR.n.53/R/11, le caratteristiche di pericolosità del territorio di Montemurlo. In particolare definisce la pericolosità geologica, idraulica e sismica sulla base degli aggiornamenti delle cartografie geologiche del Quadro Conoscitivo del Piano Strutturale, dello studio di Microzonazione Sismica di primo livello e degli studi idrologico-idraulici di dettaglio condotti specificatamente sul reticolo idrografico principale e secondario.

2. Per la determinazione della fattibilità degli interventi ammessi dal Piano Operativo, si dovrà fare riferimento alla carta della pericolosità geologica (Tav.G5), alla carta della pericolosità idraulica (Tav.G8), alla carta della pericolosità sismica (Tav.G6), alla carta delle problematiche idrogeologiche (Tav.G7) ed alla cartografia del Piano di Gestione Rischio Alluvioni dell'Autorità di Bacino del Fiume Arno.

3. I suddetti elaborati individuano le problematiche fisiche rispetto alle quali ciascun nuovo intervento dovrà soddisfare le necessarie condizioni di stabilità e funzionalità nel tempo, senza creare condizioni di aggravio della pericolosità nelle aree limitrofe e/o sulle strutture esistenti. Il Piano Operativo definisce le condizioni di fattibilità degli interventi secondo le indicazioni contenute nei successivi articoli del presente Capo.

Art.24 Prevenzione del rischio dovuto alle problematiche geologiche

1. La Carta della pericolosità geologica (TAV.G5) individua zone omogenee del territorio all'interno delle quali si evidenziano i fattori geologici e geomorfologici, strutturali e dinamici, che si configurano come condizioni predisponenti il dissesto idrogeologico. Qualsiasi azione di trasformazione dei caratteri geomorfologici del suolo e del suo uso dovrà tenere in debita considerazione le problematiche geologiche individuate all'interno di ciascuna area secondo la seguente classificazione:

  • - Pericolosità geologica bassa (G.1): aree in cui i processi geomorfologici e le caratteristiche litologiche, giaciturali non costituiscono fattori predisponenti il verificarsi di processi morfoevolutivi;
  • - Pericolosità geologica media (G.2): aree in cui sono presenti fenomeni franosi inattivi e stabilizzati (naturalmente o artificialmente); aree con elementi geomorfologici, litologici e giaciturali dalla cui valutazione risulta una bassa propensione al dissesto; corpi detritici su versanti con pendenze inferiori al 25%;
  • - Pericolosità geologica elevata (G.3): aree in cui sono presenti fenomeni quiescenti; aree con potenziale instabilità connessa alla giacitura, all'acclività, alla litologia, alla presenza di acque superficiali e sotterranee, nonché a processi di degrado di carattere antropico; aree interessate da intensi fenomeni erosivi e da subsidenza; aree caratterizzate da terreni con scadenti caratteristiche geotecniche; corpi detritici su versanti con pendenze superiori al 25%;
  • - Pericolosità geologica molto elevata (G.4): aree in cui sono presenti fenomeni geomorfologici attivi e relative aree di influenza,aree interessate da soliflussi.

2. Il Piano Operativo dovrà definire:

  • - una classificazione di fattibilità per tutti gli interventi ammessi dal PO sulla base del rapporto tra grado di pericolosità dell'area di intervento e la vulnerabilità delle realizzazioni previste;
  • - le necessarie prescrizioni da associare ad ogni classe di fattibilità tenendo conto degli indirizzi previsti nel Regolamento 53R al punto 3.2.

3. In relazione alle possibili criticità legate al fenomeno della subsidenza, in fase di redazione del Piano Operativo dovrà essere proseguito il monitoraggio mediante i dati interferometrici forniti dagli uffici regionali; qualora venissero rilevati nuove anomalie correlabili a fenomeni di subsidenza, si procederà alla programmazione e messa a punto di idonei sistemi di rilevazione in situ. Dei risultati delle misurazioni si dovrà tener conto in fase di definizione della fattibilità delle previsione urbanistiche.

Art.25 Prevenzione del rischio dovuto alle problematiche idrauliche

1. La Carta della pericolosità idraulica (Tav.G8) individua zone omogenee del territorio soggette ad allagamenti per eventi di piena con diversi tempi di ritorno sulla base degli esiti degli studi idraulici di dettaglio specificatamente condotti per la definizione del rischio idraulico. Qualsiasi intervento ammesso dal Piano Operativo che possa prevedere un nuovo impegno di suolo e/o la significativa trasformazione dello stesso dovrà tenere in debita considerazione le problematiche idrauliche individuate all'interno di ciascuna area, secondo la seguente classificazione:

  • - Pericolosità idraulica bassa (I.1): aree collinari o montane prossime ai corsi d'acqua per le quali ricorrono le seguenti condizioni: non vi sono notizie storiche di inondazioni; sono in situazioni favorevoli di alto morfologico, di norma a quote altimetriche superiori a metri 2 rispetto al piede esterno dell'argine o al ciglio di sponda;
  • - Pericolosità idraulica media (I.2): aree interessate da allagamenti per eventi di piena con tempi di ritorno compresi fra 200 e 500 anni;
  • - Pericolosità idraulica elevata (I.3): aree interessate da allagamenti per eventi di piena con tempi di ritorno compresi tra 30 e 200 anni;
  • - Pericolosità molto elevata (classe I.4): in questa classe sono comprese le aree interessate da allagamenti, sia dalle acque di transito che di accumulo, per eventi di piena i cui tempi di ritorno sono inferiori o uguali a 30 anni.

2. Il Piano Operativo dovrà definire:

  • - una classificazione di fattibilità per tutti gli interventi ammessi dal Po sulla base del rapporto tra grado di pericolosità dell'area di intervento e la vulnerabilità delle realizzazioni previste;
  • - le necessarie prescrizioni da associare ad ogni classe di fattibilità tenendo conto degli indirizzi previsti nel regolamento 53/R al Punto 3,2 e nella disciplina del PGRA agli articoli 7 e 9;
  • - i criteri progettuali per limitare gli effetti dell'impermeabilizzazione dei suoli;
  • - i criteri applicativi per le procedure di compensazione dei maggiori volumi di acque meteoriche prodotti dalla impermeabilizzazione dei suoli e dalle trasformazioni morfologiche attuate per la messa in sicurezza delle nuove realizzazioni.

Art.27 Prevenzione del rischio idrogeologico

1. La Carta delle problematiche idrogeologiche (Tav.G7) individua differenti areali di vulnerabilità delle acque sotterranee rispetto ai quali è necessario attuare azioni di tutela e di salvaguardia rispetto alla possibilità di inquinamento.

2. Il Piano operativo dovrà prevedere specifiche normative per la salvaguardia della risorsa idrica mediante valutazione dell'impatto di attività particolarmente inquinanti.

Art.26 Prevenzione del rischio dovuto alle problematiche sismiche

1. La carta della pericolosità sismica (Tav.G6) elaborata sulla base delle carte delle MOPS derivata dallo studio di microzonazione sismica di primo livello, riporta l'articolazione delle classi di pericolosità sismica per i principali centri abitati del territorio comunale:

  • - Pericolosità sismica locale molto elevata (S.4): zone suscettibili di instabilità di versante attiva che pertanto potrebbero subire una accentuazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici;
  • - Pericolosità sismica locale elevata (S.3): zone suscettibili di instabilità di versante quiescente che pertanto potrebbero subire una riattivazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici; terreni suscettibili di liquefazione dinamica; zone di contatto tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche significativamente diverse; zone stabili suscettibili di amplificazioni locali caratterizzati da un alto contrasto di impedenza sismica atteso tra copertura e substrato rigido entro alcune decine di metri;
  • - Pericolosità sismica locale elevata (S.2): zone suscettibili di instabilità di versante inattiva e che pertanto potrebbero subire una riattivazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici; zone stabili suscettibili di amplificazioni locali (che non rientrano tra quelli previsti per la classe di pericolosità sismica S.3);
  • - Pericolosità sismica locale elevata (S.1): zone stabili caratterizzate dalla presenza di litotipi assimilabili al substrato rigido in affioramento con morfologia pianeggiante o poco inclinata e dove non si ritengono probabili fenomeni di amplificazione o instabilità indotta dalla sollecitazione sismica.

2. Il Piano Operativo dovrà definire:

  • - una classificazione di fattibilità per tutti gli interventi ammessi dal Po sulla base del rapporto tra grado di pericolosità dell'area di intervento e la vulnerabilità delle realizzazioni previste;
  • - le necessarie prescrizioni da associare ad ogni classe di fattibilità tenendo conto degli indirizzi previsti nel Regolamento 53R al punto 3.2.
Ultimo aggiornamento 25 Gennaio 2021